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A poco a poco, si calmò, consapevole che cedere ad una cieca ira non le sarebbe servito a nulla.

— Devi riflettere — ingiunse a se stessa, — e pregare la Dea perché ti dia aiuto.

— Il gruppo principale se n’è andato — osservò Dagwyn, — ma hanno lasciato indietro quattro uomini.

— Bastardi! — ringhiò Ricyn. — Stanno trattando la nostra signora come se fosse un cavallo pregiato pronto per essere rubato!

Camlwn annuì con espressione cupa. Quei tre erano gli unici guerrieri ancora vivi della banda di guerra del Lupo, e da giorni si stavano accampando sulle colline boscose alle spalle del Tempio della Luna, da dove potevano vegliare sulla donna che ora consideravano il loro legittimo signore. Tutti e tre avevano servito il clan del Lupo fino dalla fanciullezza ed erano pronti a continuare a servirlo anche adesso.

— Con quanta attenzione montano la guardia? — chiese Ricyn. — Sono armati e pronti a un eventuale attacco?

— Tutt’altro — replicò Dagwyn, con un feroce sorriso. — Quando mi sono avvicinato per spiarli ho visto che erano seduti sull’erba, assolutamente tranquilli e intenti a giocare a dadi con le maniche della camicia arrotolate per il caldo.

— Davvero? Allora speriamo che gli dèi protraggano per un bel pezzo la loro partita.

Gli uomini liberi che lavoravano per il tempio erano estremamente fedeli alla somma sacerdotessa, in parte perché lei pretendeva come tasse una parte dei loro raccolti minore di quella che avrebbe esatto qualsiasi nobile signore, ma soprattutto perché ritenevano un onore poter servire la dea insieme alle loro famiglie. Di conseguenza, Ardda disse a Gweniver di essere certa che uno di loro sarebbe stato senza dubbio disposto a intraprendere il lungo viaggio fino a Dun Deverry per portare un suo messaggio.

— Questa storia deve cessare! Non posso ordinare a quegli uomini di lasciare una terra che non mi appartiene, ma che io sia dannata se intendo permettere loro di restarsene là seduti per tutta l’estate! Tu non sei una criminale venuta qui a cercare rifugio, ma sappiamo tutti che quei guerrieri ti assassinerebbero se appena potessero. Vedremo se questo re che Burcan serve saprà costringerlo a richiamare i suoi uomini.

— Pensi che il re sarà disposto a prestare orecchio alla tua petizione? — domandò Gweniver. — Sono pronta a scommettere che è ansioso di vedere le nostre terre nelle mani di uno dei suoi vassalli.

— Farà meglio ad ascoltarmi! Intendo chiedere alla somma sacerdotessa del tempio di Dun Deverry di intercedere personalmente per noi.

Gweniver trattenne le redini del palafreno di Ardda mentre la sacerdotessa montava sulla sella femminile e si assestava le lunghe gonne, poi si avviò accanto alla cavalcatura verso le porte delle mura. Dal momento che i quattro uomini lasciati di guardia dal Cinghiale non avevano mostrato nessuna intenzione di penetrare nel tempio, le porte erano aperte: ferme accanto ad esse Gweniver e Lypilla, le custodi designate per quel giorno, indugiarono a guardare Ardda che si allontanava, sedendo eretta e piena di sfida sulla sella. Quando la sacerdotessa arrivò alla strada, gli uomini del Cinghiale si affrettarono ad alzarsi in piedi per indirizzarle profondi inchini pieni di rispetto.

— Bastardi — borbottò Gweniver. — Si attengono alla legge alla lettera, ma al tempo stesso ne distorcono il significato.

— Esatto. Mi chiedo se arriverebbero addirittura ad assassinarti.

— Più probabilmente mi porterebbero da Burcan per impormi un matrimonio forzato, ma morirei prima di acconsentire!

Le due donne si scambiarono uno sguardo pieno di preoccupazione. Gweniver conosceva da sempre Lypilla, che era vicina alla quarantina e che, insieme ad Ardda, era per lei una sorta di zia o di sorella maggiore… ma nel profondo del proprio cuore dubitava di poter condividere la vita del loro ordine. Una volta sulla strada, Ardda aggirò la curva della collina e scomparve verso nord, mentre alle sue spalle gli uomini del Cinghiale tornavano a sedersi e riprendevano la partita interrotta. Guardandoli, Gweniver si sorprese a ricordare l’uomo che aveva ucciso sulla strada e a desiderare di poter infliggere a quei quattro lo stesso Wyrd.

Pur sapendo che sarebbe dovuta rientrare per rendersi utile in cucina, preferì indugiare sulle porte, conversando con Lypilla e contemplando la libertà delle colline e dei prati che le era negata. All’improvviso, udì un rumore di zoccoli al galoppo che arrivava da sud.

— Immagino che Burcan abbia mandato dei messaggeri o qualcosa del genere — commentò Lypilla.

I quattro uomini sul prato parvero pensarla come lei, perché si alzarono stiracchiandosi e si girarono verso sud. All’improvviso, da una macchia di alberi sbucarono tre guerrieri in armatura completa con la spada in pugno; nel vederli, gli uomini del Cinghiale rimasero per un momento paralizzati dallo stupore, poi estrassero a loro volta la spada con un’imprecazione quando già i cavalieri si stavano lanciando alla carica contro di loro. Gweniver sentì Lypilla urlare allorché un guerriero del Cinghiale si accasciò al suolo con la testa parzialmente staccata dalle spalle, poi un cavallo s’impennò barcollando e il movimento permise alla ragazza di vedere bene lo scudo del cavaliere.

— Lupi!

Senza riflettere, si lanciò di corsa giù per la collina con la spada in pugno mentre dietro di lei Lypilla continuava a urlare e la implorava di tornare indietro. Il secondo uomo del Cinghiale cadde in quel momento, il terzo venne assalito contemporaneamente da due cavalieri e il quarto si lanciò su per la collina, quasi il panico lo avesse indotto a cercare rifugio proprio nel tempio che lui stesso stava dissacrando con la sua presenza.

Nel vedere Gweniver che veniva dritta verso di lui, l’uomo esitò e tentò di schivare da un lato per aggirarla. Con un’ululante e spettrale risata che le scaturiva spontanea dalla gola, Gweniver gli si gettò contro e calò un fendente, raggiungendolo alla spalla destra prima che lui avesse il tempo di parare. La spada scivolò dalle dita inerti dell’uomo e Gweniver rise ancora, trapassandogli la gola: mentre il guerriero cadeva, con il sangue che gli zampillava vivido dalla ferita, la risata della ragazza divenne stridula come l’urlo di un banshee.

— Mia signora! — esclamò la voce di Ricyn, sovrastando la sua risata. — Oh, per il Signore dell’Inferno!

La risata svanì, lasciando Gweniver nauseata e gelida, con lo sguardo fisso sul cadavere ai suoi piedi. Vagamente, si rese conto che Ricyn stava smontando di sella per correre verso di lei.

— Mia signora! Lady Gweniver, mi riconosci?

— Cosa? — Gweniver sollevò lo sguardo su di lui con espressione perplessa. — È ovvio che ti riconosco, Ricco. Non ti conosco forse da quando sono nata?

— Ecco, mia signora, questo non vale neppure quanto lo stereo di un maiale quando una persona diventa berserker come tu hai appena fatto.

Gweniver ebbe l’impressione che le fosse stata appena gettata in faccia una secchiata di acqua gelida, e per un momento rimase a fissare il giovane con espressione quasi ebete mentre lui la squadrava con sconcertata preoccupazione. Ricyn, che come lei aveva diciannove anni, era un giovane biondo dal volto ampio e allegro, e secondo i suoi fratelli era uno degli uomini più affidabili dell’intera banda di guerra se non dell’intero regno… era strano sorprenderlo a fissarla come se lei fosse stata pericolosa.