— È proprio questo che ti è successo, mia signora — insistette il giovane. — Per gli dèi, sentirti ridere in quel modo mi ha raggelato il sangue.
— Non quanto ha raggelato il mio. Berserker. Per la Dea, si tratta proprio di questo.
Dagwyn, un uomo bruno e snello, con un perpetuo sorriso sulle labbra, sopraggiunse guidando il cavallo per le briglie.
— È un vero peccato che abbiano lasciato qui quattro uomini, mia signora — commentò. — Se fossero stati due, avresti potuto abbatterli tu stessa senza bisogno di aiuto.
— O anche tre — convenne Ricyn. — Dov’è Cam?
— Sta dando il colpo di grazia al suo cavallo. Uno di quei furfanti era effettivamente capace di maneggiare una spada nella giusta direzione.
— Comunque adesso abbiamo i loro cavalli, ed anche tutte le loro provviste — osservò Ricyn, poi lanciò un’occhiata a Gweniver. — Eravamo lassù nei boschi, signora, in attesa di poter colpire, perché immaginavamo che il Cinghiale non sarebbe rimasto bloccato qui per tutta l’estate. Mi dispiace… la fortezza è stata rasa al suolo.
— Ne ero dannatamente sicura. Che ne è stato di Blaeddbyr?
— Il villaggio è intatto. Gli abitanti ci hanno dato del cibo — riferì Ricyn, poi distolse lo sguardo e proseguì, in tono amaro: — Il Cinghiale ha sorpreso la banda di guerra sulla strada. Era appena sorta l’alba e noi ci stavamo ancora vestendo quando quei bastardi ci sono piombati addosso dalla collina senza neppure una sfida o un suono di corno. Dal momento che erano numericamente il doppio di noi, Lord Avoic ci ha urlato di fuggire per salvarci la vita, ma non siamo riusciti a farlo abbastanza in fretta. Perdonami, mia signora: so che sarei dovuto morire accanto a lui, ma ho pensato a te… ecco, a te e alle altre donne… e così ho ritenuto che sarebbe stato meglio morire difendendovi.
— Lo stesso vale per noi — intervenne Dagwyn. — Però siamo arrivati troppo tardi. Abbiamo dovuto stare dannatamente attenti, con le strade che pullulavano di quei dannati uomini del Cinghiale, e quando finalmente abbiamo raggiunto la fortezza stava già bruciando. Per un momento ci siamo quasi sentiti impazzire, pensando che foste state uccise, ma poi Ricco ha detto che potevate essere riuscite a raggiungere il tempio.
— Quindi ci siamo diretti qui — riprese Ricyn, — e quando abbiamo trovato quei dannati del Cinghiale accampati davanti alle porte del tempio abbiamo capito che dovevate essere al suo interno.
— E infatti era così — confermò Gweniver. — Benissimo, adesso voi ragazzi prendete i cavalli e il carro con le provviste e portateli quassù. Sul retro ci sono alcune capanne riservate ai mariti delle donne che vengono in visita soltanto per un paio di giorni e potrete sistemarvi lì fino a quando non avremo deciso sul da farsi.
Dagwyn si affrettò ad allontanarsi per obbedire agli ordini ma Ricyn indugiò, massaggiandosi il volto sporco con il dorso di una mano ancora più sporca.
— Sarà meglio seppellire quegli uomini, mia signora. Non possiamo lasciare questo compito alle sante donne del tempio.
— Hai ragione. Uh… mi chiedo cosa avrà da dire la somma sacerdotessa in merito a tutto questo, ma del resto è una preoccupazione che riguarda soltanto me. Vi ringrazio per avermi salvata.
Ricyn rispose con un accenno di sorriso che gli increspò appena le labbra, poi si affrettò a seguire gli altri.
Pur non essendo soddisfatta che quattro uomini fossero stati uccisi davanti alle porte del suo tempio, Ardda si mostrò rassegnata e giunse perfino a commentare che forse la Dea aveva inteso punire l’atteggiamento irreligioso avuto dai Cinghiale in quella circostanza.
— Non ne dubito — convenne Gweniver, — perché è stata lei ad uccidere quell’uomo davanti alle porte. Io sono stata soltanto una spada in sua mano.
Ardda le lanciò uno sguardo penetrante. Le due donne erano sedute nel suo studio, una nuda stanza di pietra con uno scaffale contenente i sei libri sacri inchiodato ad una parete e un tavolo cosparso della contabilità del tempio addossato a quella opposta. Anche adesso che la decisione cominciava a prendere forma con chiarezza nella sua mente, Gweniver continuò a nutrire qualche dubbio, ricordando come un tempo la sua massima ambizione fosse stata quella di diventare lei stessa somma sacerdotessa e di avere quello studio per sé.
— Ho pregato la Dea per tutto il pomeriggio — proseguì. — Sto per lasciarti, mia signora: è mia intenzione votarmi alla Luna e cedere a Macla il comando del clan. Fatto questo prenderò i miei uomini e mi recherò a Cerrmor per presentare al re la petizione del Lupo. Una volta che avrò il tatuaggio il Cinghiale non avrà più motivo di farmi del male.
— Senza dubbio, ma è comunque pericoloso. Detesto pensarti in viaggio con appena tre cavalieri di scorta… chi può sapere cosa gli uomini siano capaci di fare di questi tempi, perfino ad una sacerdotessa?
— Non saranno soltanto tre, mia signora. Io sarò il quarto.
Quando cominciò a capire cosa Gweniver avesse inteso dire, Ardda s’immobilizzò sulla sedia, leggermente incurvata in avanti.
— Non ricordi di avermi parlato del quarto volto della Dea? — prosegui Gweniver. — Il lato oscuro, quando la luna è cupa e tinta di sangue, la madre che divora i suoi figli.
— Gwen. Non questo.
— Questo. — Scuotendo il capo, Gweniver si alzò in piedi e prese a passeggiare per la stanza. — Intendo prendere i miei uomini e partecipare alla guerra. È trascorso troppo tempo dall’ultima volta che una guerriera votata alla Luna ha combattuto in Deverry.
— Sarai uccisa — protestò Ardda, alzandosi a sua volta. — Non lo permetterò.
— Spetta forse a te o a me dare o negare permessi quando è la Dea a chiamarmi? Oggi ho sentito le sue mani su di me.
I loro sguardi s’incontrarono e si confrontarono in uno scontro di volontà, e Gweniver si rese conto di essere una donna e non più una bambina quando Ardda fu la prima a distogliere il suo.
— Ci sono dei modi per mettere alla prova simili ispirazioni — affermò infine la sacerdotessa. — Stanotte vieni al tempio. Se la Dea ti concederà una visione non sarò io ad oppormi, ma se non dovesse farlo…
— Mi lascerò guidare al riguardo dalla tua saggezza.
— Molto bene. Ma se la Dea ti dovesse inviare una visione diversa da quella che tu pensi di volere?
— Allora mi voterò comunque a lei, perché il mio momento è giunto, mia signora. Voglio conoscere il nome segreto della Dea e pronunciare i miei voti.
Quella sera Gweniver digiunò per prepararsi alla cerimonia. Mentre la gente del tempio era a cena, andò al pozzo a prendere dell’acqua e la riscaldò nel focolare della cucina per prepararsi un bagno. Quando infine cominciò a rivestirsi, indugiò ad osservare la camicia di suo fratello, che lei stessa aveva ricamato appena l’anno precedente. Su ciascuno sprone spiccava in rosso il ricamo del lupo in caccia che simboleggiava il clan, circondato da una fascia di ricamo intrecciato realizzato con tanta abilità da dare l’impressione di una catena di nodi realizzata con molti fili, mentre in effetti si trattava di un filo unico e ciascun nodo succedeva inevitabilmente al precedente.
Il mio Wyrd, si disse, è proprio un groviglio del genere.
Quel pensiero fu accompagnato da un senso di gelo, come se quelle parole fossero state più vere di quanto lei immaginasse, e terminò di vestirsi con un senso di paura, anche se a spaventarla non era l’eventualità di poter morire in battaglia. Sapeva bene infatti che un giorno sarebbe stata uccisa, forse presto o forse fra molti anni, perché era tipico della Dea Oscura richiedere alle sue sacerdotesse di fare l’estremo sacrificio soltanto quando lei decideva che il loro momento era venuto. Nel raccogliere la cintura con la spada, Gweniver fu tentata di gettarla al suolo, ma poi finì per affibbiarsela alla vita con una scrollata di spalle.