Quando Gweniver condusse la sua banda di guerra nel cortile lastricato, dappertutto si levarono grida gioiose.
Era il Lupo! Per tutti gli dèi, il Lupo era arrivato! Gli uomini si riversarono fuori della rocca e degli alloggiamenti per assistere all’evento e alcuni paggi che portavano la livrea rossa e argento del re si affrettarono a venire incontro ai nuovi venuti.
— Mio signore! — esplose uno di quei giovani paggi. — Avevamo sentito dire che eri stato ucciso!
— Mio fratello è stato ucciso — lo corresse Gweniver. — Va’ a riferire al re che Lady Gweniver è qui per onorare l’impegno preso da Lord Avoic.
Il paggio fissò a bocca aperta il tatuaggio sul suo volto, poi rientrò a precipizio nella rocca mentre Ricyn spingeva il cavallo accanto a quello di Gweniver e le indirizzava un sorriso.
— Hanno creduto che tu fossi uno spettro tornato dall’Aldilà, mia signora — commentò. — Devo ordinare agli uomini di smontare di sella?
— Esatto. Senti, dal momento che stai agendo da capitano ormai da giorni, è tempo che ti informi che il grado è ufficialmente tuo.
— La mia signora mi fa un onore troppo grande.
— Non è vero, e tu lo sai. Non sei mai stato umile, Ricco, quindi non fingere di esserlo ora.
Con una risata, Ricyn le indirizzò un accenno di sorriso e girò la cavalcatura per tornare dagli uomini.
Ferma accanto al suo cavallo, Gweniver indugiò invece ad osservare nervosamente il complesso della rocca mentre aspettava il ritorno del paggio. Anche se i suoi fratelli le avevano parlato dello splendore di Cerrmor, lei non vi era mai stata e si sentì intimorita dalla torre massiccia alta sette piani e congiunta ad altre tre più basse in modo da formare un grigio complesso che sembrava il pugno di un gigante mutato in pietra dal dweomer. Intorno alla rocca c’erano alloggiamenti sufficienti ad ospitare centinaia di uomini, e sul tutto sventolava la bandiera rossa e argento, che annunciava con orgoglio che il re si trovava nella rocca. Nel guardare la folla sempre più fitta che la circondava, Gweniver notò alcuni nobili che la fissavano, timorosi però di parlare prima che il re avesse espresso il suo parere, e imprecò contro il paggio per la sua lentezza; proprio in quel momento le porte rinforzate in ferro si aprirono e il re in persona sbucò nel cortile con un seguito di paggi e di consiglieri.
Glyn, Gwerbret di Cerrmor, o re di tutto Deverry, come lui preferiva essere conosciuto, era un uomo alto e massiccio di circa ventisei anni, con i capelli biondi schiariti e spalmati di calce secondo la moda regale, in modo che si allargassero all’indietro intorno al suo volto squadrato come la criniera di un leone. I suoi profondi occhi azzurri avevano un’espressione perennemente tormentata, perché Glyn prendeva sul serio le sue responsabilità nella stessa misura in cui accettava i suoi diritti, e nell’inginocchiarsi davanti a lui Gweniver avvertì un sincero reverenziale timore: per tutta la vita aveva sentito parlare di quell’uomo e adesso lui le era davanti, con le mani sui fianchi, intento a fissarla con un sorrisetto sconcertato.
— Alzati, Lady Gweniver — disse infine il re. — Forse sembrerò volgare, ma devo ammettere che non avrei mai creduto di vedere un giorno una donna portarmi degli uomini.
Gweniver accennò una riverenza come meglio poteva avendo indosso dei calzoni.
— Mio signore, il clan del Lupo non ha mai infranto la parola data in tutti questi lunghi anni di guerra.
— Ne sono più che consapevole — convenne Glyn, poi esitò e proseguì soppesando con cura le parole. — Sono stato informato che tu hai una sorella, e non dubito che più tardi, quando ti sarai riposata, vorrai parlare con me della sorte del Lupo.
Quello era il punto cruciale, e Gweniver invocò in cuor suo la Dea.
— Mio signore — rispose, — la santa Luna mi ha scelta per servirla come guerriera a lei votata. Sono venuta per implorarti di concedermi una grazia, quella di mantenere il mio posto a capo della mia banda di guerra, per cavalcare con il tuo esercito e vivere ai tuoi ordini.
— Cosa? — esplose il re, dimenticando del tutto la cortesia rituale. — Il tuo deve essere uno scherzo! Cosa può volere una donna da guerre e battaglie?
— Ciò che vuole un uomo, mio signore: onore, gloria e la possibilità di uccidere i nemici del suo re.
Glyn esitò, fissando il tatuaggio azzurro come se stesse ricordando le antiche storie relative alle donne che servivano la Dea Oscura. Infine, si rivolse alla banda di guerra.
— Ascoltatemi, uomini — disse loro. — Onorate questa dama come vostro capitano?
All’unisono, i componenti della banda risposero di sì, e dalle ultime file Dagwyn aggiunse sfacciatamente che Gweniver possedeva il dweomer.
— Considererò come un presagio il fatto che una guerriera votata alla Luna sia giunta nella mia corte — decise Glyn. — Benissimo, mia signora, ti concedo la grazia che chiedi.
Ad un cenno della maao del re, i servitori vennero avanti in sciami, come locuste. I garzoni di stalla corsero a prendersi cura dei cavalli, gli uomini della banda di guerra personale del re si affrettarono ad avvicinarsi a Ricyn per accompagnare lui e gli altri agli alloggiamenti, i consiglieri si materializzarono accanto a Gweniver con profondi inchini e due sottociambellani arrivarono in tutta fretta per scortare la ragazza nella grande sala.
Le dimensioni di quell’ambiente lasciarono Gweniver stupefatta: la grande sala era abbastanza ampia da poter ospitare cento tavoli per le bande di guerra, aveva quattro enormi camini, le pareti erano decorate da bandiere rosse e argento intervallate a splendidi arazzi e invece che da paglia il pavimento era coperto con piastrelle di ardesia colorate. Gweniver si arrestò sulla soglia a bocca aperta, da quella ragazza di campagna che era, e rimase là fino a quando il capo ciambellano, Lord Orivaen, non si affrettò a venire ad accoglierla.
— Ti saluto, mia signora — disse. — Permettimi di trovarti una sistemazione nella nostra umile rocca. Vedi, dal momento che sei al tempo stesso di nobile nascita e una sacerdotessa, onestamente non so quale rango attribuirti. Forse lo stesso di un tieryn?
— Oh, mio buon signore, andrà bene qualsiasi stanza che contenga un letto e un focolare. Ad una sacerdotessa della Luna Oscura non importa molto del rango.
Orivaen le baciò la mano con sincera gratitudine, poi l’accompagnò fino ad un piccolo appartamento in una torre laterale e incaricò alcuni paggi di portare su i suoi bagagli. Una volta che si trovò nuovamente sola, Gweniver prese a passeggiare avanti e indietro con irrequietezza, chiedendosi se il re avrebbe ritenuto che valesse la pena di conservare le terre del Lupo adesso che il clan del Cervo aveva subito simili perdite. Pochi minuti più tardi bussarono però alla porta e lei vide entrare nella stanza una possibile arma da usare nella sua lotta per la salvezza del clan, nella persona di Lord Gwetmar, un giovane dinoccolato dalla mascella pronunciata, con una massa di arruffati capelli scuri. Anche se nobile, la sua famiglia era povera quanto a terre ed era quindi considerata alquanto inferiore fra i grandi clan; i parenti di Gweniver avevano però sempre trattato il giovane come un loro pari. Appena entrato, Gwetmar afferrò entrambe le mani di Gweniver e le strinse con forza.