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— Dimentichi con chi stai parlando — proseguì Gweniver, — oppure sei cieco e impossibilitato a vedere il tatuaggio che ho sulla faccia?

Lentamente Dannyn si portò una mano alla guancia colpita per massaggiarla, ma non staccò mai lo sguardo da quello di lei. I suoi occhi erano freddi, profondi e spaventosi nella loro intensità.

— Vuole milady accettare le mie scuse? — chiese quindi, e s’inginocchiò ai suoi piedi, generando in tutta la sala un sussulto corale che somigliò al mormorio della risacca. — Mi dispiace profondamente di aver insultato Vostra Santità: invero una follia si deve essere impadronita del mio cuore. Se qualsiasi uomo oserà ancora definirti una smorfiosetta ne dovrà rispondere alla mia spada.

— Ti ringrazio, e ti perdono.

Con un accenno di sorriso Dannyn si rialzò in piedi e si pulì il volto sporco di birra sulla manica, continuando però a fissarla. Per un fugace momento, Gweniver avvertì una fitta di rimpianto per il voto di castità che aveva pronunciato perché il suo modo fluido di muoversi, il suo atteggiamento disinvolto, la sua stessa arroganza le apparivano splendidi, forti e puliti come il filo di una lama sotto il sole. Poi ricordò gli occhi scuri della Dea e il rimpianto svanì.

— Dimmi una cosa — chiese Dannyn. — Cavalchi alla testa della tua banda di guerra?

— Sì. Preferirei morire che sentir dire di me che guido i miei uomini dalle retrovie.

— Non mi aspettavo niente di meno.

Dannyn s’inchinò, poi passò in mezzo ai nobili con andatura lenta e arrogante fino a raggiungere la porta; non appena il battente si fu richiuso alle sue spalle, nella sala scoppiò un brusio di commenti.

— Per gli dèi! — esclamò Gwetmar, asciugandosi il sudore dalla fronte. — Ho davvero pensato che fosse giunta la tua ultima ora. Sei la sola persona del regno che abbia offeso Dannyn e non sia morta entro cinque minuti.

— Oh, sciocchezze — replicò Gweniver. — Indubbiamente ha abbastanza buon senso da evitare di ferire una sacerdotessa votata alla Luna.

— Hah! — sbuffò Maemyc. — Dannyn uccide prima e riflette poi.

Alcuni minuti più tardi un paggio venne ad avvertire Gweniver che il re desiderava parlare con lei in privato. Consapevole dell’enorme onore che le veniva elargito, la ragazza seguì il paggio fino al secondo piano della rocca principale, dove Glyn aveva un vasto appartamento arredato con sedie intagliate e tavoli, con le pareti decorate da arazzi e il pavimento coperto da ottimi tappeti del Bardek. Il re la attendeva in piedi accanto al camino di pallida arenaria su cui erano intagliate forme di navi e intrecci astratti, e quando Gweniver accennò ad inginocchiarsi davanti a lui le chiese di rialzarsi.

— Stavo pensando a tutti i tuoi parenti che sono morti al mio servizio — le disse. — Questa faccenda della sorte del Lupo grava pesantemente su di me. Vostra Santità desidera presentarmi una petizione perché le terre vengano da me trasmesse in eredità al ramo femminile della famiglia?

— Sì, mio signore. Ora che ho pronunciato i miei voti non mi è permesso possedere nulla tranne ciò che può entrare in un grosso sacco, ma presto mia sorella si fidanzerà con un uomo che è disposto ad addossarsi la nostra faida in nostro nome.

— Capisco. Bene, voglio essere onesto con te: può darsi che io non sia in grado di risolvere la questione delle vostre terre presto come vorrei, ma sono pronto a concedere che il nome del clan venga trasmesso ai figli di tua sorella. Quanto al Cinghiale, anche se mi piacerebbe poterlo allontanare dalle vostre terre, molto dipenderà dall’andamento dei combattimenti di quest’estate.

— Il mio signore è estremamente onorevole e generoso, e comprendo che le disgrazie del nostro clan sono soltanto una delle sue molteplici preoccupazioni.

— Sfortunatamente Vostra Santità dice il vero. Vorrei soltanto che non fosse così.

Nel lasciare la presenza del re Gweniver s’imbatté in Dannyn, che stava aprendo la più privata fra tutte le porte senza nessun annuncio o cerimonia di sorta e che le indirizzò un accenno di sorriso.

— Il mio cuore duole per la morte dei parenti di Vostra Santità — disse quindi, — e farò del mio meglio per vendicarli.

— Lord Dannyn è molto generoso ed ha i miei ringraziamenti.

Con quelle parole Gweniver si affrettò ad uscire nel corridoio, ma una volta giunta alle scale si lanciò un’occhiata alle spalle e lo vide ancora fermo a fissarla, con una mano sulla porta. Improvvisamente, fu scossa da un brivido di freddo e avvertì un senso di pericolo scorrerle lungo la schiena come una mano gelida… cosa che interpretò come un avvertimento mandatole dalla Dea.

L’indomani, Gweniver stava passeggiando con Ricyn nel cortile esterno quando vide un vecchio trasandato oltrepassare le porte tirandosi dietro due muli carichi. Anche se indossava calzoni sporchi e una camicia molto rammendata su cui spiccava lo stemma di Glyn, il vecchio era eretto sulla persona e camminava con il vigore di un giovane principe. Parecchi paggi corsero subito ad aiutarlo con i muli, e Gweniver notò la deferenza con cui lo trattavano.

— Chi è, Ricco? — chiese.

— È il vecchio Nevyn, mia signora, e quello è davvero il suo nome. Lui sostiene che suo padre lo ha ribattezzato «nessuno» in un momento d’ira. — Nel parlare, Ricyn pareva stranamente intimorito e rispettoso nei confronti del vecchio. — È un erborista: trova le erbe selvatiche e le raccoglie per i nostri medici, oltre a coltivarne altre qui nella fortezza.

I paggi stavano intanto portando via i muli, e un sottociambellano di passaggio si era fermato per inchinarsi al vecchio.

— È evidente che quel Nevyn è un utile servitore — osservò Gweniver, — ma perché la gente lo tratta come se fosse un nobile?

— Oh, ecco… — Ricyn pareva stranamente imbarazzato. — In quel vecchio c’è qualcosa che induce a rispettarlo.

— Davvero? Avanti, sputa l’osso! Mi accorgo che mi stai nascondendo qualcosa!

— Vedi, mia signora, tutti dicono che lui possiede il dweomer, e quasi ci credo io stesso.

— Oh, sciocchezze!

— Non lo sono, mia signora. Si sa che il re in persona è solito recarsi nel giardino del vecchio Nevyn per restare a parlare con lui per ore.

— E questo dovrebbe significare che lui possiede il dweomer? Senza dubbio di tanto in tanto il re ha bisogno di accantonare gli affari di stato e il vecchio lo diverte, o qualcosa del genere.

— Se lo dici tu, mia signora… — si arrese Ricyn, ma era chiaro che non credeva a ciò che stava dicendo.

In quel momento lo stesso Nevyn si avvicinò per salutare cordialmente Ricyn, che subito gli si inchinò; poi il vecchio spostò lo sguardo su Gweniver e i suoi occhi si fecero gelidi come il vento del nord e parvero trapassarle l’anima. D’un tratto, lei fu certa di conoscerlo, fu certa che in qualche strano modo stava addirittura aspettando di incontrarlo, che tutta la sua vita si era imperniata in modo da condurla fino a quel trasandato erborista. Poi la sensazione svanì e Nevyn le rivolse un gradevole sorriso.

— Buon giorno, mia signora — disse. — La tua fama si è diffusa nell’intera fortezza.

— Davvero? — replicò Gweniver, che si sentiva ancora scossa. — Suppongo che questo mi faccia piacere.

— Ecco, una guerriera votata alla Luna è una cosa alquanto rara, ma invero i tempi in cui viviamo sono abbastanza oscuri da essere degni di Colei che ha il Cuore Trafitto di Spade.

Gweniver lo fissò apertamente, stupefatta. Come faceva un uomo a conoscere quel nome segreto?

— Ora prego Vostra Santità di scusarmi — proseguì però Nevyn, con un inchino. — Devo controllare che quei paggi aprano con cura i pacchi delle erbe. Senza dubbio ci incontreremo ancora.

Quando si allontanò, Gweniver continuò a fissarlo a lungo e infine si girò verso Ricyn.