— Benissimo, capitano — dichiarò in tono secco, — quel vecchio ha il dweomer, questo è certo.
All’incirca nello stesso momento il re stava incontrando i suoi consiglieri nella stretta stanza del consiglio, un ambiente spoglio che conteneva soltanto un lungo tavolo e una mappa di pergamena del territorio di Deverry appesa alla parete di pietra. A capotavola, Glyn sedeva su un seggio dall’alto schienale su cui era drappeggiato il plaid cerimoniale del sovrano, Dannyn era alla sua destra e gli altri consiglieri vestiti di scuro se ne stavano appollaiati sui loro sgabelli come altrettanti corvi intorno ad un mucchietto di grano. Quella particolare mattina il re aveva invitato anche Amain, il sommo sacerdote di Bel a Cerrmor, a presenziare alla riunione; mentre i vari consiglieri si alzavano in piedi uno alla volta per fornire solenni consigli sulle questioni di guerra, Dannyn lasciò vagare con distrazione lo sguardo fuori della finestra, ben sapendo che le decisioni effettive sarebbero state prese in seguito dal re e dai guerrieri suoi vassalli. Verso la fine della riunione, però, la discussione si spostò su un argomento che ebbe il potere di attirare la sua attenzione. Saddar, un vecchio dalle basette bianche e dal mento tremante, si alzò e s’inchinò al re.
— Ti prego umilmente di scusarmi per questa domanda, mio signore — disse, — ma mi stavo chiedendo perché tu abbia accolto Lady Gweniver nella tua banda di guerra.
— Dopo tutto quello che il suo clan ha fatto per me — replicò Glyn, — non mi sono sentito di negarle la grazia che mi aveva chiesto. Sono certo che Dannyn, qui, impedirà che possa accaderle qualcosa di male e che ben presto lei si stancherà di partecipare alla guerra.
— Ah. — Il vecchio fece una pausa e lanciò un’occhiata in direzione degli altri consiglieri come a cercarne il sostegno. — Noi pensavamo che forse le si sarebbero potuti risparmiare i rigori della guerra con un metodo più semplice, e cioè obbligandola a tornare al tempio e informando soltanto in seguito i suoi uomini della cosa.
Dannyn estrasse la sua daga adorna di gemme e la lanciò, colpendo il tavolo proprio davanti a Saddar: il consigliere si ritrasse con un sussulto mentre la lama si piantava vibrando nel legno.
— Dimmi una cosa — chiese quindi Dannyn. — Come può un vigliacco come te giudicare una guerriera come lei?
Il re scoppiò a ridere e tutti i consiglieri si sentirono costretti ad imitarlo, perfino lo stesso Saddar.
— Dannyn ha una grande opinione dello spirito guerriero di Lady Gweniver, miei buoni signori — affermò poi Glyn, — e in questioni del genere io mi fido del suo giudizio.
— Non metterei mai in dubbio il parere di Lord Dannyn in questioni di guerra, mio signore. Stavo soltanto pensando alla correttezza della cosa.
— Un pensiero che puoi ficcarti su per il posteriore — scattò Dannyn.
— Tieni a freno la lingua — intervenne il re, brusco. — Buon consigliere, ti garantisco che io rispetto la tua saggezza molto più di quanto non faccia il mio arrogante fratello, ma ho già dato alla dama in questione la mia parola d’onore. Inoltre, ho invitato Sua Santità a partecipare al consiglio proprio perché ci spiegasse meglio i termini del problema.
Tutti si girarono verso il prete, che si alzò in piedi indirizzando ai presenti un cenno del capo. Come tutti i seguaci di Bel, il sommo sacerdote aveva la testa rasata, indossava una semplice tunica fermata alla vita da una cintura di corda da cui pendeva un piccolo falcetto d’oro, e portava al collo una collana a torciglione dello stesso metallo.
— Il re desiderava conoscere la natura dell’adorazione professata da Lady Gweniver — cominciò Amain, con voce profonda e sommessa. — È un’adorazione del tutto legittima, che risale all’Alba dei Tempi quando, come registrano le cronache, le donne sono state costrette a diventare guerriere dalla crudele pressione delle circostanze. L’adorazione della Luna nel Suo Periodo Oscuro non deve in alcun modo essere confusa con i riti di Epona e di Aranrhodda… — Nel menzionare quel secondo nome il sacerdote s’interruppe e incrociò le dita nel segno protettivo contro la stregoneria, imitato da molti consiglieri. — A dire il vero sono rimasto sorpreso di scoprire che la conoscenza di quei riti guerrieri persiste ancora, ma ne ho dedotto che le sante dame dei templi abbiano mantenuto intatto il sapere connesso a queste cose.
Quando Amain si rimise a sedere i presenti si scambiarono occhiate piene di disagio.
— Come vedi, buon Saddar — commentò infine Glyn, — non posso contrastare la volontà della Dea al riguardo.
— Certamente no, mio signore, e possa la Dea perdonarmi per aver messo in dubbio la serietà d’intenti della dama.
Il consiglio si concluse con una serie di saluti e di inchini conciliatori. Glyn si affrettò a lasciare la stanza, ma Dannyn si attardò abbastanza a lungo da recuperare la daga ancora piantata nel tavolo; mentre la riponeva nel fodero, sentì su di sé lo sguardo pieno di veleno di Saddar, e subito si affrettò a seguire il re nei suoi appartamenti privati. Glyn ordinò ad un paggio di portare ad entrambi un boccale di birra, poi sedette vicino al camino; pur accettando la sedia offertagli dal fratello, dentro di sé Dannyn sarebbe stato lieto di sedere ai suoi piedi come un cane.
— Senti, Danno — affermò quindi il re, — quel mucchio di sacchi pieni di vento mi irrita quanto irrita te, ma ho bisogno della loro fedeltà, altrimenti chi governerà questa farsa di regno quando noi saremo lontani in guerra?
— Hai ragione, mio signore, e ti chiedo scusa.
Con un sospiro, Glyn prese a sorseggiare la sua birra con lo sguardo fisso sul focolare vuoto; ultimamente gli capitava spesso di scivolare in queste crisi di umore cupo, che preoccupavano moltissimo suo fratello.
— Cosa ti fa dolere il cuore, mio signore? — chiese Dannyn.
— La morte di Lord Avoic e di tutti i suoi fratelli. Ah, per gli inferni, ci sono momenti in cui penso a tutta la morte che la mia rivendicazione ha portato nel regno e mi chiedo se potrò mai essere re.
— Cosa? Soltanto un vero re avrebbe dubbi del genere. Scommetto che al Gwerbret di Cantrae non importa un accidente di chi muore al servizio della sua causa.
— Tu credi in me, vero, Danno?
— Ah, per tutti gli inferni, io morirei per te.
— Sai — affermò Glyn, sollevando lo sguardo velato da qualcosa che somigliava sospettosamente al pianto, — ci sono momenti in cui penso che senza di te impazzirei.
Dannyn rimase troppo sconvolto per riuscire a replicare, e Glyn si alzò in piedi scuotendo il capo.
— Lasciami — ordinò, secco. — Voglio restare solo.
Per quanto desiderasse restare, Dannyn si affrettò ad uscire in risposta a quell’ordine diretto, e prese a gironzolare per il cortile con il cuore pesante. La sua sola consolazione era il fatto che l’umore nero di Glyn sarebbe probabilmente svanito una volta che fossero partiti per la guerra, ma quello era un ben misero conforto perché era molto probabile che quell’estate ci fossero ben pochi combattimenti. Quasi certamente lui stesso sarebbe stato incaricato di capitanare le scorrerie mentre il re sarebbe rimasto nella sua fortezza a meditare, perché la sua persona era troppo importante per essere messa a repentaglio in un’azione di poco conto.
Alla fine, il suo passeggiare senza meta lo portò fino all’area degli alloggiamenti. Davanti alle stalle loro assegnate, gli uomini della banda di guerra del Lupo erano impegnati a strigliare i cavalli e Lady Gweniver era appollaiata sull’asta di un carro, intenta ad osservarli. Nonostante i capelli corti e gli abiti maschili, Dannyn si accorse di non poter fare a meno di pensare a lei come ad una donna: gli occhi grandi e luminosi le dominavano il volto e splendevano come fari che lo attiravano. Anche il suo modo di muoversi lo attraeva… ogni gesto era preciso e tuttavia fluido, come se lei potesse attingere da una fonte nascosta di energia. Quando si accorse di lui, Gweniver scivolò a terra e gli venne incontro.