— Lord Dannyn, i miei uomini hanno bisogno di coperte e di abiti.
— Allora li avranno oggi stesso. Adesso fate parte del seguito del re, quindi ricorda che tutto ciò di cui tu e i tuoi uomini potete avere bisogno rientra nel vostro mantenimento.
— Allora ti ringrazio. Il nostro signore è davvero molto generoso.
— Infatti, ed io ho più ragione di tanti altri di lodare la sua generosità. A quanti figli bastardi è mai stato dato un titolo e un incarico a corte?
Dannyn rispose con un sorriso al sussulto di Gweniver: gli piaceva affrontare subito il delicato argomento della sua nascita illegittima e sbatterlo in faccia ai nobili prima che se ne potessero servire contro di lui. Per un momento indugiò a riflettere, ricordando le parole di Amain sul rito seguito dalla ragazza, ma qualcosa parve costringerlo a parlare.
— Quel simbolo della luna che porti sulla guancia sinistra indica un voto autentico? — chiese.
— E che altro potrebbe indicare?
— Ecco, ho pensato che si potesse trattare di un espediente per poter viaggiare sicura, e in questo caso non avrei certo trovato di che biasimarti. Una donna che viaggia sola con una banda di guerra ha di certo bisogno della protezione della Dea… o almeno di indurre gli uomini che l’accompagnano a credere di averla.
— Verissimo, ma adesso la luna crescente abbraccia tutta la mia vita. Ho giurato fedeltà alla Dea e intendo restarle fedele.
La quieta freddezza della voce di lei conteneva un esplicito messaggio.
— Capisco — si affrettò a replicare Dannyn. — Lungi da me porre in discussione le visioni avute da una sacerdotessa. C’è però un’altra cosa che ti volevo chiedere: tua sorella ha già un pretendente che tu trovi adatto a lei? Se è così, posso appoggiare la sua candidatura con il re.
— Lo faresti davvero? Quello che mi offri è un favore enorme.
— Cosa? Perché dici questo?
— Oh, suvvia, mio signore, non vedi il tesoro che possiedi agli occhi di tutta la corte? Tu hai più influenza di chiunque altro presso il re, ma se non valuti abbastanza questo tuo bene esso si potrebbe trasformare in una maledizione.
Dannyn si limitò a sorridere, sconcertato dall’urgenza che avvertiva nella voce di lei: lo stupiva sempre il modo in cui le donne accentravano la loro attenzione su dettagli privi d’importanza.
— In ogni caso — proseguì Gweniver, — il pretendente che io favorisco è Lord Gwetmar del clan dell’Ontano.
— Ho combattuto al suo fianco, è un uomo valido. Parlerò di lui al re.
— Ti ringrazio.
Con un accenno di riverenza Gweniver si allontanò, lasciando Dannyn in preda ad un cupo hiraedd per quella donna che non avrebbe mai potuto avere.
Lord Dannyn mantenne la sua promessa di parlare con il re molto prima di quanto Gweniver si sarebbe aspettata; quello stesso pomeriggio il Consigliere Saddar venne nella sua stanza per riferirle importanti notizie. In segno di deferenza per la sua età avanzata, Gweniver gli offrì una sedia accanto al focolare e gli versò un piccolo bicchiere di sidro, sedendo poi di fronte a lui.
— Ringrazio Vostra Santità — esordì Saddar, con voce sottile e secca. — Volevo esprimerti di persona la mia gioia per il fatto che il clan del Lupo vivrà.
— Allora sono io a ringraziarti, buon signore.
Il vecchio sorrise e bevve un sorsetto di sidro.
— Il re in persona mi ha chiesto di venire a parlarti — proseguì, accentuando di proposito le parole «il re in persona». — Ha preso una decisione importante: Lord Gwetmar dovrà abbandonare i suoi legami con il clan dell’Ontano e sposare tua sorella.
— Splendido! — esclamò Gweniver, protendendo verso il vecchio il proprio boccale in un accenno di brindisi. — Adesso tutto quello che dobbiamo fare è tirare fuori Macla sana e salva dal tempio.
— Ah, al riguardo ho ulteriori notizie. Il re desidera che tu la vada a prendere al più presto: è sua intenzione prestare a te e a Gwetmar duecento uomini della sua guardia personale da aggiungere alle vostre rispettive bande di guerra.
— Per tutti gli inferni! Il nostro signore è davvero generoso!
— Infatti. Lord Dannyn sarà a capo di quegli uomini e vi accompagnerà.
Saddar fece una pausa, come se si aspettasse una violenta reazione, ma Gweniver si limitò a piegare il capo da un lato, fissandolo.
— Ah, bene — riprese infine il consigliere. — Se posso chiederlo, cosa ne pensa Vostra Santità di Lord Dannyn?
— I miei uomini mi hanno detto che è splendido in battaglia e questo, buon signore, è tutto ciò che m’interessa.
— Davvero?
Qualcosa nel sorriso del vecchio indusse Gweniver a ricordare lo strano avvertimento che la Dea le aveva inviato, ma ancora una volta preferì tacere.
— Ecco — aggiunse Saddar, — non spetta a me mettere in discussione il parere di chi ha pronunciato i sacri voti, ma permettimi di darti un piccolo avvertimento proveniente da una persona resa franca dalla sua lunga vita. Lord Dannyn è un uomo molto impetuoso e se fossi in te lo terrei d’occhio. — Saddar s’interruppe per finire il sidro, poi concluse: — Ah, mi rallegra il cuore vedere qui Vostra Santità. Senza dubbio la tua Dea ti ha mandata a noi come segno del suo favore nei confronti del nostro re.
— Speriamo di no, perché il suo favore è oscuro e aspro come una lama insanguinata.
Il sorriso si raggelò sulle labbra di Saddar, che si alzò subito e si affrettò a congedarsi con un cortese inchino.
Rimasta sola, Gweniver rifletté per qualche tempo sulle strane parole del consigliere, che l’avevano turbata. Avrebbe voluto rivolgersi alla Dea e chiederle consiglio, ma in verità ignorava come fare perché non si sapeva quasi nulla dei riti del Tempo Oscuro della Dea, in quanto ben poco era stato preservato. Le sacerdotesse del tempio conoscevano parecchi canti e rituali da effettuare al calare della luna, conservavano qualche frammento di sapere risalente all’Alba dei Tempi e qualche preghiera da pronunciare sul campo di battaglia, ma niente di più. Senza un tempio con uno specchio e un altare Gweniver non aveva semplicemente idea di come avvicinare la Dea; nelle sacche della sella aveva una lettera di presentazione che Ardda le aveva dato per la somma sacerdotessa del tempio di Cerrmor, ma aveva timore di presentarsi a quella dama di città collegata alla corte per parlarle del suo strano legame con la Luna nel suo Tempo Oscuro.
L’uso dello specchio, però, era di cruciale importanza. Più tardi, Gweniver scese in città, ma invece di recarsi al tempio andò al mercato e si comprò uno specchio di bronzo con la superficie argentata, abbastanza piccolo da poter essere contenuto nelle sacche della sella. Quella sera stessa, dopo cena, si rinchiuse nella sua camera con la sola luce di un’unica candela, appoggiò lo specchio contro una cassapanca e si inginocchiò davanti ad esso: argentea e distorta, la sua faccia la fissò dalla superficie dello specchio.
— Mia signora — sussurrò Gweniver. — Mia signora dell’Oscurità.
Nella mente, ricostruì la visione che aveva avuto nel tempio, una semplice immagine della memoria, ormai morta. Nel corso delle ultime settimane lei aveva meditato così tanto su quel ricordo che adesso l’immagine rimaneva immobile e nitida nella sua mente, permettendole di esaminarla da diverse angolature guardando prima la spada sull’altare, poi lo specchio o Ardda ferma vicino ad esso. Se soltanto fosse riuscita a vederla nello specchio, forse allora avrebbe preso vita, ma per quanto tentasse di costruire l’immagine su di essa, la superficie argentea rimase cocciutamente vuota. All’improvviso, Gweniver si sentì stupida: indubbiamente ciò che voleva era impossibile, ma un istinto cocciuto la spinse a cercare di costringere l’immagine della Dea a passare dai suoi occhi allo specchio lucente.