Era molto tardi, e lei cominciava a sbadigliare, incontrando difficoltà a concentrare lo sguardo mentre lavorava; senza preavviso, s’imbatté poi in un trucco presente nella sua mente, proprio come quando un bambino lotta per imparare a far rotolare un cerchio con un bastone e gli sembra che nonostante tutti i suoi tentativi il cerchio cada sempre di lato, finché all’improvviso il cerchio prende a rotolare senza uno sforzo cosciente da parte sua, per non cadere più. Dapprima, Gweniver vide una traccia tremolante dell’immagine sullo specchio, poi l’immagine della Dea apparve, anche se soltanto per un momento.
— Sia resa lode al nome della mia Signora!
Adesso non si sentiva più stanca. Per metà della notte rimase davanti allo specchio, con le ginocchia e la schiena intorpidite e dolenti. Finalmente la visione si mosse e gli occhi scuri come la notte la fissarono di nuovo. La Dea sorrise, benedicendo la sua sola adoratrice nell’intero regno di Deverry, e Gweniver pianse di pura gioia.
Dal momento che il piano era semplice, Dannyn era certo che avrebbe funzionato bene. Mentre lui scortava Gweniver e i suoi uomini fino al Tempio della Luna, i due fratelli di Lord Maer del Cervo avrebbero guidato una spedizione punitiva in profondità nel territorio controllato da Cantrae, cercando addirittura di colpire il dominio del Cinghiale, se appena si fosse reso possibile.
— Questo li terrà troppo impegnati per preoccuparsi delle terre del Lupo — commentò Glyn.
— Infatti, mio signore. Basterà protrarre la scorreria abbastanza a lungo da costringere il falso re a liberare la sposa di Lord Maer, e per allora noi saremo da tempo rientrati nel territorio di Cerrmor.
— Un buon piano — approvò Glyn, riflettendo per un momento. — Senza dubbio i veri combattimenti per la riconquista delle terre del Lupo non inizieranno prima di questo autunno, quando il Cinghiale avrà la possibilità di ravvivare la faida.
Dopo che il re lo ebbe congedato, Dannyn scese negli alloggi delle donne per andare a trovare suo figlio. Alcuni anni prima, Glyn gli aveva procurato una moglie appartenente ad un nobile clan che era disposto ad ignorare le origini bastarde di Dannyn in cambio del favore del re. Anche se Garena era morta in seguito alle febbri del puerperio, il bambino era nato sano; adesso Cobryn aveva quattro anni e ciangottava già di armi e di guerra. Quel pomeriggio Dannyn lo prelevò dalla nursery reale e lo portò nel cortile perché potesse vedere i cavalli: le bande di guerra stavano infatti rientrando da una giornata di esercitazioni sulle strade, e il cortile era pieno di uomini e di cavalli. Sollevato il figlio, Dannyn se lo sistemò sulle spalle come se fosse stato un sacco di grano; Cobryn, che era un bel bambino con i capelli biondi come il lino e gli occhi azzurri di suo padre, gli gettò le braccia intorno al collo e lo abbracciò.
— Ti voglio bene, Pa — disse.
Per un momento Dannyn rimase troppo sorpreso per rispondere, perché lui era cresciuto odiando suo padre.
— Davvero? — replicò infine. — Ti ringrazio.
Mentre passeggiavano insieme per il cortile e Cobryn chiacchierava facendo commenti su ogni cavallo che vedeva, Dannyn scorse Gweniver intenta a parlare con un gruppo di nobili, vicino alle porte; quando si avvicinarono Cobryn si girò nella stretta delle braccia paterne e puntò un dito verso la ragazza.
— Pa, quella è una dama!
Quando tutti scoppiarono a ridere Cobryn si fece timido e nascose la faccia contro la spalla di Dannyn.
— Che splendido bambino! — esclamò Gweniver, avvicinandosi per guardarlo meglio. — Non è tuo, vero?
— È mio figlio. Un tempo ero sposato.
— Questo mi sorprende. Pensavo che fossi quel genere di uomo che non si sposa mai.
— Hai errato nel giudicarmi, mia signora.
Di colpo Gweniver si fece guardinga come una cerva spaventata. Mentre la fissava e il momento di silenzio si protraeva fra loro, Dannyn imprecò contro se stesso per la propria cocciutaggine nel desiderare quella donna così fuori della sua portata. Finalmente il piccolo Cobryn ritrovò il coraggio e intervenne in suo soccorso.
— Sai una cosa? Il re è mio zio.
— Infatti lo è — convenne Gweniver, riportando con un certo sollievo la propria attenzione sul piccolo. — Tu lo onori?
— Sì. È splendido.
— Più splendido di quanto questo mio cucciolo possa comprendere, alla sua età — aggiunse Dannyn. — Il nostro signore ha formalmente accolto il mio ragazzo nella linea di successione subito dopo i suoi figli. Non capita spesso che il figlio di un bastardo diventi un principe.
— Per l’anima nera del Signore dell’Inferno! Ebbene, giovane Cobryn, hai proprio ragione, il re è davvero splendido!
Durante la cena, quella sera, Dannyn si trovò a fissare avidamente Gweniver, con pensieri alquanto empi. Un vecchio proverbio riassumeva efficacemente la sua situazione: un uomo innamorato di una ragazza votata alla Luna era saggio a porre molti chilometri fra se stesso e il suo sogno impossibile. I capelli biondi di lei splendevano alla luce delle candele mentre Gweniver stringeva un boccale d’argento fra dita così snelle e delicate che Dannyn trovava impossibile credere che potessero davvero brandire una spada. Stando a quanto Ricyn gli aveva detto, Gweniver aveva abbattuto le sue due vittime soltanto grazie alla fortuna, e la fortuna aveva una sua tendenza ad abbandonare i guerrieri nel folto della battaglia.
Quando ebbero finito di mangiare, Dannyn si alzò e si avvicinò al tavolo a cui Gweniver era seduta, accoccolandosi per terra davanti a lei in modo da costringerla a protendersi in avanti per parlargli in privato.
— Avevo intenzione già da un po’ di chiederti una cosa — le disse. — Possiedi una cotta di maglia?
— No, e non ne ho mai indossata una.
— Cosa? Oh, dèi, allora non hai idea di quanto sia pesante, giusto?
— Senza dubbio mi ci abituerò. La mia Dea mi proteggerà finché vorrà che io resti in vita, poi lascerà che io venga uccisa quando deciderà che il mio tempo è giunto. E quando succederà anche se avrò indosso la migliore cotta di maglia del regno questo non mi gioverà a nulla.
— Non dubito che sia verissimo, perché nessun uomo può allontanare il suo Wyrd quando esso giunge, ma una buona cotta di maglia può comunque allontanare un po’ di sfortuna.
Quando Gweniver sorrise i loro sguardi s’incontrarono e in quel momento Dannyn sentì che entrambi si comprendevano a vicenda in un modo pericolosamente profondo.
— Ma non morirai quest’estate, se potrò evitarlo — aggiunse, affrettandosi ad alzarsi. — Indubbiamente a Vostra Santità dorrà il cuore all’idea di prendere ordini da un bastardo, ma non appena saremo tornati dalla spedizione per recuperare tua sorella tu ti addestrerai con me come una recluta di tredici anni appena entrata nella banda di guerra. Dopo tutto, molti di loro vivono fino a diventare adulti, giusto? Fanno quello che dico io, e lo farai anche tu.
Gweniver accennò ad alzarsi con gli occhi infiammati dall’ira, ma Dannyn si affrettò a ritrarsi.
— Buona notte, mia signora, e possano tutti i tuoi sogni essere santi.
Con quelle parole si affrettò ad allontanarsi prima che lei potesse concretizzare la sfida che le aveva letto negli occhi.
Nevyn non avrebbe saputo dire con certezza quando il re aveva cominciato a sospettare che lui possedesse il dweomer. Allorché era venuto a Dun Cerrmor ad offrire i propri servigi, sei anni prima, aveva trattato soltanto con un sottociambellano e si era visto assegnare un alloggio in una tipica capanna per la servitù. Durante quell’anno iniziale, gli era capitato di vedere Glyn soltanto da lontano, di solito durante qualche parata cerimoniale, ma quell’anonimità gli aveva fatto piacere, perché lui era là con l’esclusivo intento di tenere d’occhio gli eventi e non per interferire nella politica… o almeno così gli era parso. Se aveva scelto la corte di Glyn era stato soltanto perché non poteva sopportare Slwmar di Cantrae, che era astuto, infido e sospettoso fino a rasentare la paranoia.