— Il mio signore non è stupido, è l’uomo più sano di mente che io abbia incontrato… e per evitare che tu possa pensare che ti voglia adulare, permettimi di aggiungere che la sanità mentale è una maledizione in questi tempi di follia.
— Lo è davvero? — Per un momento il re distolse lo sguardo con espressione meditabonda. — Immagino di sì. Bene, ti ringrazio per il consiglio, mio buon signore. Se le cose lo permetteranno, uno di questi giorni intendo venire nel tuo giardino per vedere come si sta sviluppando.
Dopo aver lasciato il re, Nevyn si ritirò nella sua camera invece di tornare ad estirpare erbacce. Si sentiva infatti il cuore turbato e si stava chiedendo se Glyn fosse destinato a governare come unico re di Deverry: sperava che questo fosse il suo Wyrd, e tuttavia sapeva che gli era impossibile conoscere il futuro. Dopo aver sbarrato la porta per avere la certezza di non essere disturbato, si portò nel centro della sua piccola camera e immaginò di tenere nella mano destra una spada di fuoco azzurro. Lentamente, applicò la propria volontà all’immagine fino a permetterle di vivere una vita propria, indipendentemente da dove lui avesse rivolto la propria attenzione. Soltanto allora si servì della spada per tracciare intorno a sé un cerchio di fuoco azzurro, immaginando le fiamme fino a quando anch’esse riuscirono a vivere senza il sostegno della sua volontà.
Accantonata la spada, si sedette quindi al centro del cerchio luminoso e creò davanti a sé l’immagine mentale di una stella a sei punte pervasa anch’essa di fuoco azzurro… il simbolo del centro e dell’equilibrio di tutte le cose, e la fonte della vera sovranità. Invocando i Sovrani dell’Elemento dell’Aethyr, fissò quindi l’esagono al centro dell’intreccio di triangoli e se ne servì per evocare una visione, nel modo in cui i meno esperti uomini del dweomer usavano una pietra o uno specchio.
Le visioni giunsero nebbiose, formandosi appena prima di dissolversi, unendosi e separandosi come nuvole sospinte da un forte vento, e in esse lui non riuscì a scorgere nulla del Wyrd di Glyn. Perfino nelle Terre Interiori le correnti erano agitate, le forze erano prive di equilibrio, la luce era oscurata. Ad ogni regno e popolo corrispondeva infatti una parte delle Terre Interiori… di solito si pensava ad essa come ad un luogo, ottenendo così un’adeguata immagine… che costituiva la vera fonte degli eventi che si verificavano nel regno posto sul piano esterno, proprio come ogni persona possedeva un’anima segreta e immortale che determinava quella che la persona in questione definiva la propria volontà o fortuna.
La gente di Deverry vedeva infuriare una guerra fra uomini ambiziosi, quegli uomini si vedevano come gli autori della loro fortuna, ma Nevyn vedeva invece la verità: le meschine liti di quegli aspiranti sovrani erano soltanto i sintomi di una crisi così come la febbre era soltanto il sintomo di una malattia, dolorosa ma di per sé incapace di uccidere. Nelle Terre Interiori le forze oscure della Morte Non Bilanciata erano sfuggite al controllo e stavano precipitando tutto nel caos, arginate soltanto da una manciata di guerrieri che servivano la Luce. Anche se era soltanto un umile servitore di quei Grandi, Nevyn aveva a sua volta dei combattimenti da affrontare nel regno… dopo tutto anche la febbre poteva uccidere il paziente, se le si permetteva di infuriare liberamente.
Le forze della Morte Non Bilanciata non erano qualcosa a cui si potesse pensare come ad una persona, una sorta di esercito malvagio guidato da esseri dotati di un’anima riconoscibile. Al contrario, esse erano forze a loro modo naturali quanto il cadere della pioggia che erano però sfuggite al controllo come un fiume in piena che si fosse riversato oltre gli argini e stesse travolgendo sul suo cammino fattorie e villaggi. Ogni persona e ogni regno aveva in sé una venatura di caos… debolezze, avidità, piccoli orgogli e arroganze che potevano essere negati o alimentati. Se alimentati, essi liberavano energia… per usare una metafora… che fluiva nel corrispondente luogo oscuro delle Terre Interiori. Questo era ciò che stava succedendo a Deverry in quell’epoca tormentata: le forze oscure erano rigonfie e travolgenti, proprio come la piena di un fiume.
Nevyn era semplicemente incerto sulla misura in cui poteva intervenire sul piano fisico, perché operare il dweomer era un’arte sottile, fatta di influenze, di immagini e di lente manipolazioni ulteriori, mentre un’azione diretta sul mondo esterno era di solito così estranea a qualsiasi maestro del dweomer che Nevyn aveva timore di intervenire fino a quando non fosse arrivato il momento giusto. Una mossa sbagliata, per quanto bene intenzionata, avrebbe infatti costituito soltanto un’altra vittoria per il Caos e per l’Oscurità, ma Nevyn si sentiva dolere il cuore ad aspettare, vedendo la morte, le malattie, le sofferenze e la povertà che stavano dilagando nel regno. La cosa peggiore era sapere che qua e là c’erano malvagi maestri del dweomer oscuro che gongolavano di quelle sofferenze e assorbivano il potere liberato dalla marea del Caos, usandolo per i loro cupi fini.
Verrà anche il loro momento, ricordò a se stesso, perché ciò che li aspetta è l’oscurità alla fine del mondo, la maledizione alla fine di tutte le ere.
Come servitore, lui non poteva però mandare quei maestri oscuri incontro all’oscurità prima del tempo, non più di quanto potesse vedere se Glyn avrebbe un giorno regnato in Dun Deverry su un regno ormai pacifico. Con un sospiro interruppe l’inutile meditazione e fece svanire la stella e il cerchio. Avvicinatosi alla finestra, si affacciò per osservare i guerrieri che si affrettavano ad attraversare il cortile sottostante per andare a cenare nella grande sala, e vederli ridere e scherzare fra loro generò una fitta di colpevolezza nel suo cuore… gli sembrava infatti che fosse stata la sua antica colpa a portare a quella guerra. Molto tempo prima, quando era principe del regno, gli era stato chiesto di scegliere fra lo sposare Brangwen del clan del Falco, facendo così progressi più lenti nell’apprendimento del dweomer (perché avrebbe avuto una moglie e dei figli di cui occuparsi), oppure rinunciare a lei e dedicarsi interamente al dweomer. Nel suo goffo tentativo di ottenere il meglio delle due alternative, lui aveva provocato la morte di tre persone: la stessa Brangwen, suo fratello Gerraent, che aveva provato per lei un amore empio e incestuoso, e Lord Blaen del Cinghiale, un rispettabile pretendente che aveva avuto la sfortuna di trovarsi alle prese con la follia di Gerraent.
Se soltanto avessi sposato Brangwen, si rimproverò ancora una volta, avremmo avuto degli eredi, che avrebbero avuto a loro volta degli eredi e avrebbero ereditato il trono in maniera pulita, senza scatenare questa guerra civile. Forse.
Un momento più tardi si costrinse però a ricordare che nessun uomo poteva conoscere la verità al riguardo; d’altro canto, però, quella faccenda del clan del Cinghiale era più strettamente connessa al suo antico errore, perché da quando aveva ricevuto le terre del Falco come compensazione per la morte di Blaen, il clan del Cinghiale si era inorgoglito a dismisura al punto di incitare il Gwerbret di Cantrae ad avanzare pretese su un trono che non era mai stato destinato ad avere.
E adesso tutti gli attori di quell’antica tragedia erano raccolti lì in Cerrmor. Quella sera a cena, Nevyn lasciò vagare lo sguardo per la sala, individuandoli tutti e tre: Blaen, che mangiava insieme al resto della banda di guerra del Lupo nei panni del suo capitano Ricyn; Gerraent, seduto alla sinistra di Glyn nelle vesti di suo fratello Dannyn; Brangwen, con il tatuaggio azzurro di una guerriera votata alla Luna che le spiccava su una guancia. I loro Wyrd erano ancora tutti intrecciati, ma ciò che più faceva dolere il cuore di Nevyn era la sorte toccata a Gweniver in questa vita.