Lo scriba del re diede lettura del decreto che trasformava Gwetmar nel capo del clan del Lupo e gli attribuiva la dote di Macla a patto che lui governasse il Lupo e votasse a quel clan tutta la sua fedeltà. Gwetmar fu il primo ad apporre il proprio sigillo sulla pergamena, poi Gweniver la firmò come suo ultimo atto in veste di capo del clan del Lupo. Dannyn appose quindi il suo sigillo e dopo di lui firmarono gli altri testimoni.
— È fatta — affermò infine Glyn. — Gwetmar del Lupo, hai il nostro permesso di accompagnare la tua sposa nelle vostre camere.
Con un susseguirsi di inchini e di riverenze la coppia appena sposata e i consiglieri lasciarono la camera, ma Glynfece cenno a Gweniver e a Nevyn di trattenersi con lui e con Dannyn; un paggio portò a tutti della birra in boccali d’argento e subito si ritirò con discrezione.
— Come Vostra Santità può vedere — disse allora Glyn, — ho mantenuto la mia promessa in merito al nome del clan del Lupo. Spero sinceramente che tuo padre e i tuoi fratelli possano sapere di questo nell’Aldilà.
— Una speranza che condivido, mio signore. Hai i miei umili ringraziamenti, e sono ammirata dalla generosità che hai dimostrato nei confronti di chi ti è tanto inferiore.
— Mi riesce difficile pensare che una sacerdotessa votata alla Dea mi sia inferiore.
— Il mio signore è estremamente devoto e la Dea lo onorerà per questo — replicò Gweniver, con un accenno di riverenza. — Pur essendo una sacerdotessa, io cavalco però ai tuoi ordini.
— O ai miei, una volta che saremo di pattuglia — intervenne Dannyn. — Confido che Vostra Santità lo ricorderà.
Tutti si girarono a guardarlo, e una fredda luce di ammonimento apparve negli occhi di Glyn: Dannyn era completamente ubriaco, con il volto arrossato e la bocca rilassata.
— In ogni cosa, io sono agli ordini della mia Dea — ribatté Gweniver, rendendo la propria voce quanto più fredda le era possibile. — Confido che Lord Dannyn ricorderà questo.
— Oh, suvvia — affermò Dannyn, bevendo un altro sorso di birra tutt’altro che necessario. — Tutto quello che voglio è servire la tua Dea tenendoti in vita. Non potrai certo recitare i riti se sarai morta, giusto? E poi, sei troppo dannatamente preziosa perché possiamo permetterci di perderti. Tutti pensano che la tua presenza qui sia un buon presagio.
Glyn accennò a intervenire, ma Nevyn lo prevenne.
— Sua signoria dice il vero — convenne il vecchio, — ma farebbe meglio a badare a come formula le frasi quando si rivolge ad una sacerdotessa.
— Ah, e a te che importa, vecchio?
— Danno! — scattò il re.
— Chiedo scusa. — Dannyn spostò su Gweniver lo sguardo degli occhi annebbiati dall’ubriachezza e aggiunse: — E chiedo scusa anche a te, signora… ma volevo soltanto avvertirti. So che immagini di essere una guerriera, ma…
— Immagino di esserlo? — esclamò Gweniver, scattando in piedi. — La Dea mi ha contrassegnata perché versassi sangue in suo nome, quindi non pensare di potermelo impedire!
— Davvero? Lo vedremo. Per favorire la causa di mio fratello sarei pronto a discutere anche con il Signore dell’Inferno, quindi se sarà necessario me la vedrò con la tua Dea!
— Dannyn, tieni a freno la lingua — intervenne ancora Nevyn. — Non sai quello che stai dicendo.
Dannyn si tinse di scarlatto per l’ira. Troppo tardi il re tentò di trattenerlo per un braccio: con un’imprecazione, Dannyn scagliò il suo boccale di birra dritto contro la testa di Nevyn. Il vecchio si limitò però a pronunciare in tono perentorio una singola parola incomprensibile e il boccale si arrestò a mezz’aria come se fosse stato afferrato da una mano invisibile, mentre la birra si riversava sul pavimento. Gweniver sentì il sangue defluirle dal volto e lasciarlo gelido come la neve invernale mentre la mano invisibile deponeva con cura il boccale sul pavimento, con il bordo verso l’alto. Dannyn dal canto suo fissò il boccale, cercò di parlare poi cominciò a tremare, quasi del tutto sobrio ora a causa dello spavento. Glyn invece scoppiò a ridere.
— Quando si sarà ripreso, buon Nevyn — affermò, — mio fratello ti porgerà le sue scuse.
— Non è necessario, mio signore, perché un uomo ubriaco non è del tutto responsabile dei propri errori. Sono io a chiederti invece scusa per il pasticcio che ho combinato sul tappeto: vedi, gli spiriti non sono capaci di pensare molto bene, quindi a questo non è neppure passato per la mente di afferrare quel dannato boccale per il verso giusto.
Spiriti? pensò Gweniver. Oh, dèi, questa stanza ne deve essere piena, se Nevyn ha il dweomer!
Per quanto si guardasse intorno con disagio, non ne vide però nessuno. Intanto Dannyn si alzò borbottando qualcosa in merito al suo intento di andare a chiamare un paggio perché asciugasse la macchia di birra, e lasciò a precipizio la stanza.
— C’è più di un modo per indurre un uomo a non dimenticare la cortesia — commentò allora il re. — Mia signora, permettimi di scusarmi.
— Tu non hai nessuna colpa, mio signore, e come ha detto Nevyn un ubriaco non è del tutto responsabile di sé.
I due si trattennero con il re ancora per qualche momento, ma l’imbarazzo causato dall’incidente li indusse ben presto a ritirarsi a loro volta. Gweniver suppose che più tardi il re avrebbe rimproverato a dovere il fratello; nel percorrere il corridoio insieme a Nevyn si chiese quindi perché un uomo dotato di simili poteri si accontentasse di detenere a corte una posizione tanto umile, ma ebbe paura di porre domande al riguardo.
— Bene, buon mago — osservò infine, — devo dedurre che presto il nostro signore sarà re di tutto Deverry, con un uomo come te ad aiutarlo.
— Non ci scommetterei sopra forti somme, se fossi in te.
Quando Gweniver smise di camminare e si girò a fissarlo, Nevyn le indirizzò uno stanco sorriso.
— Chi può sapere cosa abbiano in serbo gli dèi? — prosegui. — La Dea che tu servi ha un cuore oscuro, come tu ben sai, ed è possibile che ti abbia mandata qui a presiedere ad una sanguinosa sconfitta.
— È possibile — ammise Gweniver. Quel pensiero l’angosciava, ma era assolutamente logico. — Pregherò perché non sia così.
— Come farò anch’io. Glyn è un brav’uomo e uno splendido re, ma non mi è dato di vedere come finirà tutto questo. Mia signora, ti imploro di tenere il mio dweomer segreto al resto della corte.
— Come desideri… e del resto dubito che qualcuno mi crederebbe se lo raccontassi.
— Può darsi. — Nevyn esitò e la fissò con aria riflessiva. — Confido che Lord Dannyn provveda a trattarti con tutto il rispetto dovuto alla tua posizione.
— È meglio per lui che lo faccia. Ti garantisco che non ho nessuna intenzione di infrangere il mio voto — ribatté Gweniver, scoppiando poi a ridere di fronte all’espressione sorpresa di lui. — A volte si addice ad una sacerdotessa di essere franca — aggiunse. — Mia sorella ti può confermare che non ho mai tenuto a freno la lingua.
— Bene. Allora permetti anche a me di essere franco: mi duole il cuore a vederti andare in guerra, e pregherò la tua Dea perché ti protegga.