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— Molto bene, Devaberiel — esordì la donna, e Jill si accorse di riuscire a comprenderla anche se si era espressa nella lingua elfica. — Ho studiato le pietre, ed ho la risposta che cerchi.

— Ti ringrazio, Valandario — rispose l’uomo, protendendosi in avanti.

In quel momento Jill si accorse che fra i due era steso un panno ricamato con simboli geometrici e che in svariati punti di quella ragnatela di triangoli e di quadrati giacevano gemme sferiche: rubini, berilli gialli, zaffiri, smeraldi e ametiste. Al centro del panno giaceva invece un semplice anello d’argento. Valandario cominciò a spostare le gemme lungo svariate linee, fino a disporne una di ciascun colore in modo da formare un pentagono intorno all’anello.

— Il Destino di tuo figlio è racchiuso da questo anello — disse, — ma io non so di quale Destino si possa trattare. So soltanto che esso si trova alquanto a nord e che aleggia nell’aria. Senza dubbio ogni cosa ci sarà rivelata a tempo debito.

— Come gli dèi desiderano. Hai i miei solenni ringraziamenti per il tuo aiuto. Farò in modo che Rhodry abbia questo anello: può darsi che decida di andare io stesso fino a Dun Gwerbyn per dare un’occhiata a questo mio figlio.

— Non sarebbe saggio dirgli la verità.

— È ovvio. Non voglio interferire con la successione politica in Eldidd, voglio soltanto vederlo. Dopo tutto, è una notevole sorpresa scoprire di avere un figlio adulto di cui si ignorava l’esistenza… anche se Lovyan non avrebbe certo potuto avvertirmi, essendo ancora sposata al suo potente condottiero.

— Comprendo il tuo punto di vista — cominciò Valandario, poi sollevò improvvisamente lo sguardo e lo fissò su Jill. — Ehi! Chi sei tu che vieni a spiarmi in spirito?

Quando tentò di rispondere, Jill scoprì di non poter parlare. Esasperata, Valandario sollevò una mano e tracciò un sigillo nell’aria, e subito Jill si ritrovò sveglia e seduta nel letto, con Rhodry che le dormiva accanto. Dal momento che la stanza era fredda, la ragazza si affrettò a sdraiarsi e a infilarsi sotto le coperte.

Era un sogno vero, pensò intanto fra sé. Oh, per la Dea della Luna, il mio uomo è per metà un elfo!

Rimase a lungo sveglia a riflettere sul sogno… era ovvio che Devaberiel avesse avuto un aspetto familiare, considerato che era il padre di Rhodry. Jill era alquanto sconvolta dal fatto che Lady Lovyan, che lei ammirava molto, avesse tradito il marito, ma del resto Devaberiel era un uomo eccezionalmente attraente… per un momento, pensò di parlare a Rhodry del sogno, ma l’avvertimento di Valandario la dissuase dal farlo. Inoltre, scoprire di non essere un vero Maelwaedd ma un bastardo avrebbe avuto soltanto l’effetto di spingere ancor più profondamente Rhodry nel suo stato di hiraedd, e già così lei era in difficoltà a tenere a freno le sue crisi di depressione.

E c’era anche quell’anello d’argento: quella era un’altra prova di ciò che Nevyn le aveva detto, e cioè che il Wyrd di Rhodry era profondo e nascosto. Alla fine, Jill decise che se mai avesse rivisto il vecchio gli avrebbe parlato di quei presagi. Quando già stava scivolando di nuovo nel sonno, si chiese se le loro strade si sarebbero incrociate ancora: sebbene il dweomer la spaventasse, voleva molto bene a Nevyn… ma il regno era vasto e chi poteva sapere in quale direzione il vecchio avrebbe indirizzato i suoi vagabondaggi?

L’indomani, Jill si rese conto appieno dell’importanza del sogno fatto mentre lei e Rhodry sedevano nella sala comune della taverna. Ancora una volta, infatti, il dweomer fece irruzione nella sua mente e s’impadronì di lei senza preavviso. Per un momento, Jill sì ritrasse in se stessa, come una lepre che si accoccolasse immobile fra i cespugli nel sentire l’abbaiare dei cani.

— C’è qualcosa che non va, amor mio? — chiese subito Rhodry.

— Nulla, nulla. Stavo soltanto… oh, stavo pensando alla guerra scatenata da Loddlaen la scorsa estate.

— Di certo è stata una cosa strana — convenne Rhodry, abbassando la voce fino a ridurla a un sussurro. — Tutto quel dannato dweomer! Prego ogni dio che il dweomer non ci tocchi mai più di nuovo!

Jill annuì esteriormente, ma dentro di sé sapeva che questo era impossibile. Nel momento stesso in cui Rhodry parlava, il piccolo gnomo grigio si manifestò sul tavolo e si sedette accanto al suo bicchiere. Durante tutta la sua vita Jill era sempre stata in grado di vedere il Popolo Fatato, e quel particolare gnomo ossuto dal naso grosso era un suo grande amico.

Oh, mio povero Rhoddo, pensò, il dweomer è tutt’intorno a te dovunque vai.

E si sentì al tempo stesso rabbiosa e spaventata, combattuta fra il desiderio che i suoi particolari talenti svanissero e il timore che essi non se ne andassero mai.

Una volta, l’estate precedente, Nevyn le aveva detto che se avesse rifiutato di usarli, con il tempo quei talenti sarebbero avvizziti e scomparsi, ma pur sperando che il vecchio avesse ragione… e di certo ne sapeva assai più di lei in materia… Jill nutriva i suoi dubbi al riguardo, soprattutto quando indugiava a riflettere su come il dweomer l’avesse sospinta nella guerra contro Loddlaen e nella vita di Rhodry. Lei era sempre stata una persona del tutto sconosciuta, la figlia bastarda di una daga d’argento, finché suo padre non aveva accettato quello che sembrava un incarico del tutto normale, e cioè di scortare una carovana di mercanti in viaggio verso il confine occidentale di Eldidd. Tuttavia, dal preciso momento in cui il mercante aveva offerto l’ingaggio a Cullyn, lei aveva saputo che sarebbe successo qualcosa d’insolito, aveva avvertito l’inesplicabile certezza che la sua vita era giunta ad un crocevia. E quanto aveva avuto ragione!

Prima la carovana aveva proseguito verso ovest fino alle terre degli Elcyion Lacar, quel popolo elfico che si supponeva esistesse soltanto nelle fiabe e nei miti, poi era tornata in Eldidd portando con sé alcuni elfi ed era finita nel bel mezzo di una guerra permeata dal dweomer.

E lei era giunta giusto in tempo per salvare la vita di Rhodry uccidendo un uomo che, così sembrava asserire il dweomer, era invincibile… secondo la profezia infatti, Lord Corbyn non sarebbe mai morto per mano di un uomo. Come tutti gli enigmi posti dal dweomer, però, anche quello aveva avuto due facce affilate, come dimostrava il fatto che il nobile era stato abbattuto dalla mano di una ragazza. Nel ripensarci, Jill ebbe l’impressione che fosse stato tutto troppo perfetto, troppo ingegnoso, quasi gli dèi modellassero il Wyrd delle persone nello stesso modo in cui gli artigiani del Bardek modellavano quelle scatole a incastro con i loro minuscoli e precisi meccanismi privi di un vero significato.

Si ricordò però poi degli elfi, che non erano uomini nel vero senso della parola, e del fatto che Rhodry era per metà un elfo. Si rese allora conto che Rhodry avrebbe potuto lui stesso abbattere il nemico, se soltanto avesse creduto di esserne in grado, e che il suo arrivo, per quanto utile, non era necessariamente stato preordinato dal dweomer più di quanto potesse esserlo una tempesta di neve in pieno inverno.

Tuttavia il dweomer l’aveva portata a lui, di questo era certa, e se non era stato per salvargli la vita, allora ci doveva essere un altro motivo ancora oscuro. Sebbene quel pensiero la facesse rabbrividire, Jill si trovò suo malgrado a chiedersi perché il dweomer dovesse spaventarla tanto, perché fosse tanto certa che seguire la via del dweomer l’avrebbe portata alla morte, e d’un tratto comprese: ciò che temeva era che un suo coinvolgimento con il dweomer potesse portare non soltanto alla sua morte ma anche a quella di Rhodry. Per quanto continuasse a ripetersi che si trattava di un’idea stupida, passò molto tempo prima che riuscisse a liberarsi di quella sensazione irrazionale.