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— Ma qui non c’è nessuna sciabica, nessuna rete! — esclamò Davis. — Non abbiamo visto niente che li trattenesse.

— Ma abbiamo sentito — notò Deirdre. — Quel ronzìo. Forse è proprio quel ronzìo che li trattiene. Suo padre brontolò qualcosa. — Sarà… — disse. — Comunque, bisogna vederci chiaro. — E si allontanò verso poppa.

Poco dopo l’“Esperance” filò col vento favorevole e tornò nella posizione di partenza: fuori del cerchio luminoso. Terry vide le sagome nere degli uomini accanto al timone. Poi lontano all’orizzonte apparve un chiarore, stavolta in cielo… La luna si affacciò sul mare e prese a salire adagio fra le stelle.

Subito l’aspetto dell’oceano cambiò. Le onde malamente illuminate dal chiarore delle stelle non incalzavano più nel buio, e le ombre a bordo dell’“Esperance” presero forme distinte nella luce lunare.

— Una osservazione notevole, la vostra, Deirdre — disse Terry.

— Io avevo pensato alla pala, ma non ho osato parlarne perché mi sembrava una sciocchezza. Ma quando l’avete detto voi, è stato diverso.

— Ho il dono di far sembrare logiche le cose assurde — disse Deirdre. — O forse l’opposto… Ad ogni modo quel che sto per dire adesso è molto sensato: non abbiamo ancora cenato. Vado a preparare qualcosa.

— Non pretenderete che ci si metta a tavola in un momento come questo! — disse Terry.

— Tutto previsto — rispose lei. — Panini.

E scomparve sottocoperta. Terry rimase a guardare, mentre le sagome nere a poppa dello yacht cercavano di calcolare a occhio le distanze e le dimensioni della zona “pescosa”. Cosa tutt’altro che facile per via del movimento dell’“Esperance” e della scarsa luminosità.

Poco dopo, Davis si accostò al giovane.

— Milletrecento metri circa — disse a Terry, — venti più, venti meno. Non me l’aspettavo — aggiunse, aggrottando la fronte. — Ho fatto delle supposizioni sempre sperando di sbagliarmi. Ora comincio a pensare invece di aver visto giusto.

— Io non riesco ancora a fare nessuna ipotesi — rispose Terry.

— Ma ne farete! — ribatté Davis. — E come! Collegherete una cosa all’altra… Quella spuma larga mezzo miglio e alta nove metri sul mare…

— E nella quale è scomparso un veliero, come se nel mare si fosse aperto un baratro — interruppe Terry. Davis si voltò a guardarlo.

— Sul tavolo della cabina c’erano alcune fotografie e un ritaglio di giornale — spiegò Terry.

— Credo che qualcuno le abbia messe là proprio perché io le vedessi.

— Deirdre, probabilmente — disse Davis. — È decisa a trascinare anche voi in questa avventura. Ha deciso che siete un tipo intelligente… Sì, giovanotto, sommerete tra loro tutti i particolari a vostra conoscenza, compresi gli eccezionali successi de “La Rubia”, e ci lavorerete attorno. Poi…

— Alzò gli occhi. Una stella cadente solcò il cielo, si lasciò alle spalle una scia luminosa, scomparve. — Poi sarete tentato di includere anche le stelle nelle vostre ipotesi! E quando tirerete le somme vi sentirete turbato… come me. Fece una pausa.

— Avevate detto di voler essere sbarcato appena provato l’apparecchio. Spero che abbiate cambiato idea, o che la cambierete.

— Lasciamo stare il mio sbarco — disse Terry, a disagio. — Vorrei farvi invece un’altra domanda. Cosa sono le sfere riprodotte in quelle fotografie? Hanno per caso a che fare con i pesci?

— Così mi hanno riferito — disse Davis. — Sono di plastica. Una l’hanno scoperta su un pesce preso da un sergente della Marina statunitense. Altre quattro le hanno trovate fra i pesci messi sul mercato da “La Rubia”. Potrebbe anche trattarsi di uno scherzo, ma sono aggeggi un po’ troppo complicati, per questa ipotesi. Hanno cercato di aprirne uno, ma è andato in malora a causa della tremenda pressione interna. Le parti metalliche contenute nella sfera sono risultate di iridium. Le altre non sono state aperte ancora. Le stanno esaminando.

Un’ombra sbucò dal castello di prua. Nick. Si fermò. — Ho chiamato Manila chiedendo di controllare la nostra posizione — disse. — Siamo proprio nel punto dove si dirige “La Rubia” quando sfugge al controllo degli altri pescherecci. — Accennò al cerchio luminoso. — Mi pare più piccolo, ora. Davis guardò, e si irrigidì.

— Sì, pare anche a me — disse. — Controlliamo.

Si diresse a poppa. Deirdre salì con i panini e Terry la liberò del vassoio.

— Sigari, sigarette, caramelle, panini! — annunciò la ragazza, scherzando.

Davis stava di nuovo misurando l’estensione del campo luminoso e calcolando la distanza dall’“Esperance”. — Si è effettivamente ristretto — annunciò. — Adesso supera appena i mille metri.

— Oggi “La Rubia” è passata a due miglia da qui — osservò Terry. — Deve aver fatto un bottino magnifico.

Davis disse con una certa impazienza, come rivolto a se stesso: — Il cerchio è diminuito di almeno duecento metri nell’ultima mezz’ora! Questo deve pur significare qualcosa. Vorrei sapere che cosa sta per succedere…

Deirdre disse, adagio: — È come se avessero steso la rete grande… Al posto della rete c’è quel ronzìo. Cosa succede quando è ora di chiudere la rete?

Davis non rispose. Poi disse, in tono irritato: — Qui sembra che tutti siano più intelligenti di me! Tony, va’ a prendere le macchine, Nick, tu riferisci immediatamente se il cerchio luminoso continua a restringersi… Vorrei che tu non fossi qui, Deirdre!

I due giovani si affrettarono ad ubbidire. Soltanto Terry non aveva compiti speciali a bordo, se si esclude la storia del microfono e del registratore. Quindi, per far qualcosa, si chinò verso l’apparecchio e alzò il volume. Di nuovo si udirono le strane voci dei pesci sullo sfondo di quell’ossessionante ronzìo. Sentì dei tonfi e si rese conto che erano i passi dei suoi compagni che camminavano sul ponte: lo scafo trasmetteva il rumore all’acqua, e il microfono captava anche quello.

Tony salì sul ponte con una bracciata di oggetti misteriosi che male si distinguevano nel chiarore lunare. Ne posò due vicino al timone e passò gli altri ai compagni. In silenzio ne tese uno a Terry e uno a Deirdre.

— Cosa sono? — domandò Terry.

— Macchine fotografiche — spiegò Deirdre. — Montate su un calcio di fucile e munite di uno speciale flash. Si mira, si tira il grilletto, e l’obiettivo scatta contemporaneamente al lampo del flash. Con questi oggetti si può fotografare qualunque cosa di giorno e di notte.

— Ma perché… — incominciò Terry. L’arrivo di Davis lo interruppe.

— Sono preoccupato — disse Davis incerto. — Dobbiamo essere prossimi alla conclusione di un processo di cui non so nulla: né cosa sia né a cosa tenda. So soltanto che sarà la conclusione di parecchi fatti collegati assieme.

— Ho avvertito due o tre volte un nuovo tipo di suoni — disse Terry. — Come dei muggiti, ma deboli e lontanissimi, a lunghi intervalli tra l’uno e l’altro. Secondo me non provengono dalla superficie.

Davis fece un gesto indeciso, come se esitasse a parlare.

— Non è vero quello che pensi! — protestò Deirdre, prima che il padre aprisse bocca. — Non è assolutamente vero! Tutto questo riguarda solo il pesce. “La Rubia” è stata in questa zona un’infinità di volte. Noi non abbiamo messo in moto il motore, non abbiamo fatto rumori che potessero destare curiosità. Se dovesse capitare qualcosa a noi, sarebbe già capitato a “La Rubia”. È stupido allontanarsi adesso solo perché ci sono io a bordo!

Terry, tutto intento al registratore, sentì un brivido gelido per la schiena. La ragione gli diceva che era assurdo collegare i lontani muggiti che salivano dagli abissi con il frenetico agitarsi di pesci chiusi in un breve cerchio di luce, e concluderne che un mostro misterioso sarebbe arrivato per divorare le creature del mare. Niente giustificava l’idea. Era assurdo, insensato. Eppure Terry rabbrividì ancora.