— Posso domandare cos’è successo o è un altro argomento tabù?
— Meglio che vada a preparare il pranzo — disse Deirdre in fretta.
Si alzò e se ne andò. Terry si strinse nelle spalle: il giorno prima si sarebbe inferocito, ma ormai si era rassegnato a rispettare i segreti dei suoi compagni. Inoltre ora aveva in mano abbastanza elementi per lavorare da solo.
A bordo del panfilo la vita proseguiva normale. Davis impartiva ordini in caso di necessità, ma non esisteva una vera e propria disciplina. Terry sentì uno dei giovanotti dare del tu a Deirdre; cosa piuttosto improbabile se si fosse trattato di gente di mare ingaggiata a pagamento; cosa invece abbastanza logica dal momento che i marinai dell’“Esperance” erano dei volontari. Sentì Deirdre rispondere: — Perché non glielo chiedi?
Uno dei giovani, Tony, si accostò a Terry.
— C’è stata una discussione sulla “balena” della notte scorsa — cominciò, senza preamboli.
Terry annuì. L’uso del termine “balena” tradiva il desiderio di considerare normali gli avvenimenti della notte precedente.
— A che velocità andava, secondo voi? — domandò Tony. — Le balene saltano fuori dall’acqua, l’ho visto in un documentario. Ma quella ha raggiunto un’altezza fantastica!
— Non ho calcolato la velocità — rispose Terry.
— Ma avete registrato il rumore — proseguì Tony. — Basta calcolare l’intervallo tra il momento in cui la balena è balzata fuori dall’acqua e lo schianto di quando è ricaduta.
— Sì, certo. Si può fare — rispose Terry.
— Sarebbe interessante saperlo — disse Tony, e aggiunse in fretta: — Ho letto non so dove che le balene raggiungono velocità altissime. Se riusciamo a determinare quanto è durato il balzo, potremo sapere anche la sua velocità.
Terry riflettè un istante, poi si avvicinò al registratore. Fece girare il nastro finché arrivò al punto dove il ronzìo era fortissimo, e cominciava il rumore d’acqua smossa, cioè un istante prima del balzo della cosa fotografata.
Terry guardò il cronometro quando sentì il rumore delle onde smosse, calcolò il tempo in cui il frastuono aumentava fino a diventare un rombo altissimo, un attimo prima di cessare. In quell’istante il corpo misterioso era balzato fuori dall’acqua. Vari secondi dopo si udì lo schianto della ricaduta nell’oceano.
Tony calcolò il balzo, mentre Terry si occupava del registratore. — Dovrebbe metterci lo stesso tempo a balzare in alto e a ricadere — disse Tony buttando giù delle cifre. — In caduta avrà impiegato un po’ di meno per via dell’accelerazione di gravita. Poca roba. Comunque, conoscendo il tempo impiegato nella caduta possiamo calcolare la velocità con cui viaggiava al momento del balzo. — Continuò a moltiplicare e a dividere. — Cento chilometri circa — concluse. — La balena filava a cento chilometri all’ora quando è uscita dall’acqua! Ma è impossibile! Chi può nuotare a una velocità simile?
— Non una balena — rispose Terry.
Tony esitò, aprì la bocca, la richiuse senza parlare e si allontanò.
Terry tornò al suo trasmettitore subacqueo. Il suono sott’acqua presenta certi problemi, e solo conoscendoli si possono ottenere buoni risultati. Un segnale sottomarino è percepibile a migliaia di miglia di distanza, però Terry non aveva mai sentito parlare di pesci imprigionati in una rete sonora.
Sapeva che le onde sonore possono stordirli e anche ucciderli, sapeva di pesci tramortiti dal suo-, no di una campana sottomarina, quindi non era del tutto illogico che certi rumori costituissero una barriera invalicabile per i pesci. Però continuavano ad esserci alcuni particolari, negli avvenimenti della notte prima, privi di una spiegazione razionale. Davis si avvicinò a Terry.
— Temo di aver perduto moltissimi dati informativi, per mancanza di un ricevitore subacqueo, le volte precedenti — disse. — Forse c’erano suoni diversi che noi non abbiamo potuto sentire.
— Può darsi — convenne Terry.
— Siamo come selvaggi di fronte a un fenomeno incomprensibile — riprese Davis. — E quel che abbiamo visto la notte scorsa è per noi misterioso come il tuono per un selvaggio: solo che un selvaggio l’attribuirebbe senz’altro ai demoni, o a chi sa che.
— Agli “ellos” — disse Terry.
— Sì… un selvaggio immaginerebbe forse un essere vivente dietro al fenomeno… Un selvaggio ignora le leggi naturali.
— Le leggi naturali! Conoscerne l’esistenza a volte non serve. Nel nostro caso, per esempio — commentò Terry.
— È per questo che temo di mettermi a pensare come i selvaggi. Vorrei proprio evitarlo.
— Sono d’accordo con voi. Dove vi dirigete adesso?
— A Barca: dobbiamo ritirare una draga.
— I fenomeni che vi interessano sono subacquei?
— Sì — rispose Davis. — Nell’area della Fossa di Luzon.
— Allora proverò il mio apparecchio nel porto di Barca. Mi hanno detto che lì il fondale è basso. E cercherò di non arrabbiarmi quando mi direte di non intralciare le vostre ricerche abissali.
— Grazie — disse Davis dirigendosi verso Nick che proprio in quel momento stava arrivando sul ponte con una striscia di carta in mano. Solo allora Terry si ricordò che a intervalli precisi di un’ora qualcuno scendeva sottocoperta: probabilmente il panfilo si teneva in collegamento radio con Manila. Del resto ne avevano accennato la notte prima, a proposito della posizione dell’“Esperance”.
Le ore del pomeriggio trascorsero calme. A oriente, mentre il cielo si andava colorando dei rossi del tramonto, apparve una striscia di terra punteggiata di alberi. L’“Esperance” virò di bordo e seguì la linea costiera tenendosi a qualche miglio di distanza. Scese la notte. E il panfilo proseguì la sua corsa regolare.
Dopo cena Davis rimase sottocoperta nella speranza di captare musica trasmessa da Los Angeles. Da prora, dove si erano riuniti i ragazzi, giungeva di tanto in tanto l’eco di qualche discussione.
Terry e Deirdre salirono sul ponte.
— Mio padre mi ha detto che ormai voi due v’intendete alla perfezione — disse la ragazza. — L’idea che non siate più offeso con noi gli piace molto. Dice che le vostre idee sono diverse dalle sue, ma che le conclusioni sono più o meno le stesse e che perciò devono essere giuste.
Terry fece una smorfia. — La mia conclusione è che non ho abbastanza elementi per giungere a una conclusione — rispose.
— Proprio come mio padre — ribatté Deirdre.
Rimasero seduti in silenzio. Era bello starsene sul ponte di un magnifico panfilo che filava sulle onde nere illuminate dalle stelle, ma Terry si rendeva conto di essere sempre consapevole della presenza della ragazza. Indubbiamente Deirdre gli era simpatica. Ma tante altre persone gli erano simpatiche, uomini e donne, senza che per questo lui fosse costantemente conscio della loro vicinanza fisica. Essendo una donna, e quindi più sensibile di un uomo alla particolare atmosfera che la circondava, Deirdre avvertiva la strana tensione di Terry, e il suo stato di perenne ansia e di profondo interesse per la sua persona. Il silenzio fra i due giovani si protrasse a lungo. Poi una stella cadente attraversò il cielo e scomparve.
— Sapete una cosa strana? — disse Deirdre. — Me l’ha fatta ricordare quella stella cadente. Nel Kansas è caduta una grande quantità di meteoriti, assai più che in altre parti del mondo. Ma sarebbe ridicolo pensare che volessero finire proprio nel Kansas, no?
Terry annuì senza nemmeno aver sentito bene ciò che la ragazza diceva.
— Sull’isola di Thrawn, da quando è stata installata la stazione di controllo del satellite, i radar a lungo raggio hanno individuato un enorme numero di bolidi celesti, grosse meteoriti, finite tutte nella Fossa di Luzon, in numero anche maggiore che nel Kansas o altrove. Mio padre se n’è interessato semplicemente perché si trattava di un fenomeno riguardante la Fossa che lo preoccupa tanto.