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— Vorrei farvi qualche domanda, Deirdre — disse Terry, quasi senza rendersene conto. — Domande personali. Qual è il vostro piatto preferito? Quale genere di musica amate? Dove vi piacerebbe vivere? Quando…

Deirdre lo guardò sorridendo.

— Mi sono chiesta qualche volta se mi consideravate soltanto come qualcuno alla ricerca di qualcosa o se vi eravate accorto che sono anche una donna. Be’, a Manila c’è un ristorante dove sono abilissimi a preparare proprio il genere di bistecche che mi piace. E…

— La prossima volta che saremo a Manila, ci andremo — disse Terry. — Io conosco un posticino…

L’“Esperance” proseguiva lungo la sua rotta. Sorse la luna e la sua luce illuminò le onde sotto lo sguardo freddo delle stelle che sembravano fissare il piccolo panfilo in corsa sull’oceano. E due persone, un uomo e una donna, stavano intenti a parlare di cose che non avrebbero mai creduto tanto interessanti.

Quando finalmente andò a dormire, Terry si sentiva molto soddisfatto con se stesso per essersi lasciato convincere ad unirsi alla spedizione dell’“Esperance”.

Spuntò l’alba. Terry era già sul ponte quando il panfilo entrò nel piccolo porto: palmizi e tipiche costruzioni delle Filippine. Al centro sorgevano grandi case in mattoni e intonaco. La periferia era un agglomerato caotico di povere capanne cadenti. Alcune barche da pesca scendevano in mare con due soli uomini a bordo. Da qualche punto veniva lo scoppiettio di una vecchia automobile che tentava di affrontare un nuovo giorno di lavoro. Forse era il traballante autobus per Manila. Ma ormai Terry non aveva più intenzione di servirsene.

Il panfilo buttò le ancore e si dondolò, pigro, agli ormeggi, mentre gli uomini facevano colazione e sul ponte si svolgevano le solite faccende del mattino. Poi comparve Deirdre in un abito estremamente femminile. Anche Davis si era vestito in modo diverso dal solito.

— Noi andiamo all’arsenale — disse Davis a Terry. — Se volete venire anche voi…

— Ho da fare a bordo — rispose Terry.

Due dei quattro studenti calarono in mare la scialuppa, e la compagnia puntò verso terra. Terry prese il registratore, il microfono subacqueo e l’amplificatore, e sistemò il tutto per una prova. Tony salì sul ponte e si mise a guardare. Poi si accostò.

— Se posso essere utile… — disse, in tono speranzoso.

— Perché no! — rispose Terry. — Ma sentiamo prima che cosa stanno combinando i pesci.

Calò in mare il microfono, e azionò l’apparecchiatura in modo che trasmettesse i suoni captati in acqua senza registrarli. Udirono lo sciabordio lieve delle onde del porto, il battere dei remi di una barca che si affrettava dietro le altre imbarcazioni già al largo, e dei borbottii. Questi erano i pesci. Terry ascoltava con espressione attenta, e Tony con vivo interesse. Poi Terry mise mano alla pala da richiamo. E stavolta mise in funzione il registratore per poter poi risentire con calma i suoni provocati dal battere della pagaia.

— Battetela sull’acqua — disse a Tony, — e sentiamo un po’ che effetto fa.

Tony scese qualche gradino della scaletta, e batté sulla superficie del mare qualche colpo. Nell’acqua si allargarono rapidi cerchi e a una decina di metri dallo scafo presero a turbinare alcuni mulinelli. Tre o quattro pesci si affacciarono in superficie.

— Niente male! — esclamò Tony. — Devo continuare?

Terry fece scorrere all’indietro i pochi metri di nastro inciso, e riascoltò attentamente la registrazione dei battiti. Tony risalì sul ponte. I colpi di pagaia non producevano solo un rumore sordo di urti come si sentiva a orecchio. In realtà l’effetto predominante era una specie di ronzìo. Terry, soddisfatto, sostituì il nastro con la registrazione della notte precedente, e azionò l’apparecchio fino a ritrovare il punto esatto relativo alla ricaduta in mare dell’oggetto misterioso. Ritirò a bordo il microfono e vi applicò l’amplificatore. Quindi tornò a calare tutto in mare, e azionò il registratore. Il nastro cominciò a scorrere trasmettendo i suoni direttamente nel microfono che li riprodusse sott’acqua rimandandoli al ricevitore rimasto sul panfilo. I suoni ne sgorgarono molto più forti di come erano stati ricevuti la notte prima dal microfono dell’“Esperance”. Rimbalzando tra la superficie e il fondo, nelle acque del porto, risuonavano come colpi battuti con violenza in una stanza chiusa.

Nel porto di Barca i pesci impazzirono. La superficie del mare cominciò a ribollire di creature di tutte le dimensioni. Alcuni piccoli pesci volanti balzarono dal mare con furia.

Terry staccò il registratore. Immediatamente tornò la calma. Dalla riva dove alcuni bambini guazzavano in pochi centimetri d’acqua vennero delle grida acute, e i ragazzini scapparono via strillando: si erano sentiti pungere sulle gambe da milioni di aghi.

Qualcosa cadde pesantemente sul ponte dell’“Esperance”. Tony corse a vedere. Un grosso pesce balzato fuori dall’acqua era ricaduto al di qua del parapetto del panfilo.

Tony lo ributtò in mare.

— Mi pare che non ci siano dubbi — disse a disagio.

— A che proposito? — domandò Terry.

— Be’… avevo fatto delle ipotesi.

— E quali sarebbero? Tony esitò.

— Forse sarà meglio non parlarne — rispose, a disagio. Lo studente non disse altro, e rimase a guardare, con espressione infelice, Terry che ritirava a bordo le sue apparecchiature.

Il tempo passava. Davis e Deirdre erano a terra ormai da un’ora. Infine Terry vide la piccola barca allontanarsi dalla riva e puntare sul panfilo. Poco dopo padre e figlia risalivano a bordo mentre i due giovani marinai si incaricavano di recuperare la scialuppa.

— La draga non è ancora pronta — disse Davis. — Il lavoro è ben fatto, ma ci vorranno ancora un paio di giorni perché sia finito. Deirdre, che aveva osservato attentamente Terry, domandò: — È successo qualcosa, vero?

Terry le disse dell’esperimento. Davis ascoltò con attenzione. Anche Tony volle parlare, e aggiunse il particolare del pesce caduto sul ponte del battello.

— Dopo aver assistito allo spettacolo dell’altra notte, immagino benissimo la scena — disse Davis. — Ma… — esitò a lungo, prima di aggiungere: — Questo è un altro caso sul quale ho costruito parecchie ipotesi sempre nella speranza di sbagliarmi. E come per il resto scopro adesso che le mie prime deduzioni erano sbagliate, ma che le nuove mi piacciono ancora meno. Comunque sono contento che abbiate fatto la vostra prova qui nel porto, e una sola volta. Adesso dirigeremo sull’isola di Thrawn. Là potrete riprovare in laguna, dopo aver fatto un esperimento con la draga. I nostri tentativi potrebbero essere un colpo violento per quel qualcosa in cui non crediamo completamente. Quindi preferisco che il primo colpo non sia molto grave.

Davis si allontanò. Nick scese sottocoperta a occuparsi delle macchine, mentre altri due marinai levavano l’ancora e il quarto si metteva al timone. Veloce, l’“Esperance” si diresse verso il mare aperto.

Pranzarono mentre il panfilo puntava a nord. Più tardi nel pomeriggio, Deirdre trovò modo di parlare ancora a Terry dell’isola di Thrawn.

— È la stazione di controllo dei satelliti nel Mar della Cina — gli spiegò. — Mio padre ha degli amici tra il personale tecnico. L’isola si trova proprio ai margini della Fossa di Luzon, e non è altro che la vetta di una montagna sottomarina. Ci sono colline, all’interno, una barriera corallina, e una laguna. La costa è molto scoscesa e frastagliata. Potrete provare il vostro apparecchio finché vorrete, senza allarmare i pescatori locali.