Terry rimase disteso immobile sulla cuccetta, esaminando tutti gli altri aspetti dell’avventura. L’“Esperance” si manteneva in costante contatto radio con qualcuno, e Davis si era rivolto nientemeno che a una portaerei per ottenere i pezzi elettronici che lui aveva richiesto. Forse il contatto radio era con la stessa unità americana. Poi c’era la polizia di Manila, che, a quanto pareva, era in ottimi rapporti con Davis. Infine gli uomini della stazione di controllo dei satelliti si erano preoccupati di conservargli alcuni esemplari di pesci.
Insomma, l’impresa dell’“Esperance” non era certo stata improvvisata in quattro e quattr’otto. Era chiaro che tutta quella storia durava già da qualche mese e godeva di notevoli e autorevoli appoggi. Eppure non era ancora stato scoperto niente. Terry aveva aggiunto all’attrezzatura della squadra un nuovo apparecchio, e certamente senza l’aiuto del registratore e del microfono subacqueo si sarebbero fatta un’idea molto diversa degli avvenimenti di qualche notte prima, perché tutto un aspetto del fenomeno sarebbe rimasto ignorato. Nonostante questo Terry non riusciva ancora a trovare una risposta alle sue domande. A sua consolazione c’era comunque il fatto che alcuni erano problemi di nuova impostazione.
Comunque lui aveva risolto un problema minore prima ancora che il problema stesso si ponesse.
Adesso però doveva dimostrare di aver visto giusto.
Si alzò, s’infilò il costume da bagno, un paio di pantaloni di tela, una camicia aperta, e salì sul ponte, Deirdre lo chiamò appena lo vide.
— Buongiorno, Terry — salutò. — Sono andati tutti alla stazione a discutere sul bolide di questa notte. Secondo il radar il corpo celeste è finito a parecchie miglia da qui.
— E invece dove avrebbe dovuto andare? — domandò Terry.
— Scusate la mia ignoranza, ma non me ne intendo di meteoriti. Si tufferanno per cercarla?
— Questo sarà un po’ difficile — rispose la ragazza, ridendo.
— Il bolide è finito nella Fossa di Luzon. — Fece un ampio gesto con la mano. — L’isola è ai margini della Fossa. Credo che intendano calare un batiscafo, quello della nave oceanografica di cui vi ho già parlato. Il batiscafo può scendere a enormi profondità, ma dubito che possa trovare un meteorite in pieno oceano.
— E allora, dal momento che è impossibile ritrovare il meteorite, perché stare a discutere su dove è finito? — ribatté Terry.
— Perché non è caduto dove doveva — rispose Deirdre. — Quando il radar ha localizzato il corpo celeste, alla stazione hanno subito calcolato la sua traiettoria, ma a quanto pare hanno sbagliato i calcoli. Adesso tentano di correggerli tenendo conto degli effetti del campo magnetico terrestre su un corpo metallico. Tutti quei signori stanno dandosi battaglia a colpi di equazioni. Vi piacerebbe assistere alla lotta?
— Per carità! Ne ho a sufficienza dei pesci — protestò Terry. — Credete che sia possibile procurarsi una barca?
— Non abbiamo mai trovato difficoltà — disse Deirdre. — Fate colazione, intanto. Io andrò in cerca della barca. — Scomparve sottocoperta e tornò pochi secondi più tardi. — Ho la sensazione che stia per accadere qualcosa di importante — dichiarò. — Ci vediamo fra poco. — Balzò agilmente sul molo e si diresse verso la riva. Terry scese nel saloncino e trovò la colazione pronta sul tavolo. Prima di sedersi a tavola prese un libro dalla biblioteca di bordo. Era un volume di oceanografia piuttosto consunto. Un libro evidentemente molto usato.
Cercò il capitolo che riguardava la Fossa di Luzon. L’abisso non era molto esteso in larghezza, appena quindicimila metri, ma per profondità veniva subito dopo la Fossa di Mindanao e s’inabissava fino a ottomila metri. Nel testo era citata anche l’isola di Thrawn, costituita dalla vetta di una delle più alte e scoscese montagne sottomarine. Tutt’intorno all’isola, a una distanza di qualche miglio, c’era una vera e propria trincea d’acqua che raggiungeva un massimo di ottomila e cinquecento metri di profondità.
Dal mare venne il rumore di un fuoribordo. Il rumore si avvicinò e poi tacque. Terry buttò giù alla svelta la sua tazza di caffè e arrivò sul ponte proprio mentre Deirdre assicurava la piccola imbarcazione al fianco dello yacht.
— Tassi, signore? Dove andiamo?
Terry si calò sul fuoribordo, sedette al timone, e puntò verso il largo. A bordo c’era una scatola con le esche, qualche lenza, e due fiocine. Sull’isola la pesca non era sempre un passatempo.
— Voglio arrivare all’imbocco della laguna — disse Terry. — Ho un’idea e intendo controllare se è esatta. Ieri sera ho notato qualcosa quando siamo arrivati.
— Volete mettermi al corrente?
— Preferisco di no — rispose Terry.
Deirdre si strinse nelle spalle senza prendersela per il rifiuto.
La piccola imbarcazione puntò verso il passaggio che portava in mare aperto sollevando due baffi di schiuma ai lati della prua. Alle due estremità della barriera corallina che racchiudeva la laguna, due lingue di terra segnavano l’imbocco naturale e il confine tra le acque calme e le onde dell’oceano. L’isola di Thrawn non era un atollo, ma le sue spiagge erano formate da bianchissima sabbia corallina. Le limpide acque immobili della laguna arrivavano fino alla scogliera. Dall’altra parte della scogliera picchiavano le onde dell’oceano.
Terry diresse verso il mare aperto. Adesso tra il fuoribordo e l’orizzonte c’erano solo la scogliera e l’oceano. Terry rallentò in prossimità della barriera, dove già le acque erano in tumulto. La barca prese a ballare sulle onde. — Aspettate qui — disse Terry. — Arrivo a nuoto fino al lato esterno della scogliera e poi torno.
Sfilò camicia e pantaloni e si tuffò.
Il mondo gli parve strano lì in mezzo alle onde altissime. A volte il cielo si riduceva a una stretta macchia azzurra fra le creste di due ondate alte sopra la sua testa, altre, quando veniva trasportato sul dorso di un’onda, gli pareva immenso e smisurato, più di sempre. E l’unico suono era il fragore del mare contro gli scogli vicini.
Si allontanò, nuotando. A un tratto sentì un pizzicore sulla pelle, e si fermò per rendersi ben conto della situazione. Era come una lieve scarica elettrica, ma non sgradevole. A una ventina di metri Deirdre lo osservava. Fece ancora qualche bracciata e il pizzicore aumentò.
Si tuffò. La sensazione era la medesima anche sott’acqua. Risalì e si trovò più lontano di quanto non pensasse. Allora si rese conto di aver commesso un’imprudenza. Lì c’erano delle forti correnti e lui si trovava preso in un flusso che lo allontanava a forza dall’isola. Pochi secondi dopo il lieve pizzicore divenne intollerabile. Era come nuotare in mezzo alle fiamme, e Terry non riusciva più a controllare i movimenti dei muscoli per quanto non avesse affatto gli arti contratti. Lottò, disperatamente, per sfuggire al tormento che minacciava di inghiottirlo.
Andò sotto. Ormai non riusciva più a riprendersi, non riusciva a risalire, non riusciva a sfuggire quel tormento insopportabile. Sentì un ronzìo, ma non gli diede alcun significato. Il ronzìo crebbe. Risalì a galla per pochi secondi, annaspando frenetico, poi tornò ad affondare.