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L’idea di Terry di cercare nel punto più profondo della laguna si rivelò esatta. Nel giro di un’ora arpionò cinque pesci, cinque pesci di quelli che solitamente vivono oltre i duemila metri. Trascurati i normali abitanti delle acque basse, prese per primo un esemplare rosso scuro, colore predominante tra gli abitanti degli abissi e inesistente altrove. E quando non aveva il riferimento del colore, si accaniva sui pesci con occhi eccezionalmente piccoli, o estremamente grandi, caratteristica questa propria agli animali che vivono in acque molto profonde. Ne catturò cinque in tutto.

Doug esaminò il bottino mentre il fuoribordo tornava a riva.

— Che strani pesci — commentò lo studente. — Non mi piacerebbe trovarmeli nel piatto.

— Neanche a me — disse Terry. — Ma in un certo senso mi sono simpatici. Questi pesci e io abbiamo vissuto la stessa esperienza.

Ed era così. Non poteva essere altrimenti. Quei pesci non si sarebbero mai trovati in un ambiente così diverso dal loro se qualcosa non li avesse costretti a emigrare dalle tenebre profonde nelle quali avevano sempre vissuto. E Terry aveva il ricordo recentissimo di ciò che doveva aver spinto fin lì quelle creature degli abissi.

Portò i pesci sulla tolda dell’“Esperance” e mentre Doug riponeva i respiratori cercò in cambusa un coltello affilato. Quando tornò sul ponte lo studente guardò con disgusto il lavoro che Terry stava facendo.

— Vi piace? — domandò.

— Nemmeno per sogno, ma è una necessità — rispose Terry.

Doug se ne andò poco dopo, e lui finì il suo spiacevole lavoro.

Aveva appena smesso di lavare il ponte, che arrivò Deirdre. Quando la ragazza salì sul ponte lui era intento al registratore.

— Speravo di poter parlare a mio padre del ronzìo all’imbocco della laguna — disse la ragazza, — ma era talmente preso dalla discussione sul meteorite che non sono nemmeno riuscita ad avvicinarlo.

— Ci sono altre novità — annunciò Terry. — Mi sono immerso con un respiratore. Ero con Doug — aggiunse interrompendo la protesta di Deirdre. — Ho preso alcuni pesci che non avrebbero dovuto trovarsi lì e li ho sezionati. Hanno la vescica natatoria perforata in modo da poter sopravvivere anche in acque molto meno profonde di quelle a cui sono abituati. Ed ecco qui la cosa più importante.

Tese la mano. Sul palmo c’era un minuscolo oggetto di plastica del diametro di due centimetri e mezzo. All’interno si vedeva un complicato intrico di lamine e fili metallici. La sfera aveva l’aspetto misterioso degli apparecchi tecnicamente più complessi.

— Era applicato alla pinna di uno di quei pesci — riprese il giovane. — Ho anche scoperto a cosa serve, almeno in parte. Quando è immerso in acqua, se viene colpito da un’onda sonora emette un sibilo. Come soffiare sulle corde di un piano.

Deirdre lo guardò, sbalordita.

— Sto dicendo che questa sfera capta un suono e ne rinvia un altro — disse Terry. — Ma vorrei sapere che scopo ha di preciso! Per il resto preferisco non domandarmi chi l’ha fabbricato e perché!

— Che cosa… che cosa avete intenzione di fare, adesso? — domandò Deirdre.

— Non lo so — rispose lui. — Ho la sensazione che la cosa migliore da fare sarebbe quella di ributtare in mare questo aggeggio, ritirarsi in qualche posto tranquillo, e dimenticare tutta la faccenda. Forse se smetto di pensare al problema, questo si annulla da sé!

— Vado a cercare mio padre per metterlo al corrente — disse Deirdre.

— Ditegli che ho intenzione di provare il mio amplificatore, e che vorrei avere qualche testimonio — raccomandò Terry. — Se dobbiamo raccontare a qualcuno tutte queste pazzie sarà meglio avere delle prove ben precise. Voglio provare a radunare in un punto tutti i pesci della laguna, per vedere quanti sono gli esemplari di pesci abissali, e quanti di questi hanno addosso simili apparecchi-spia.

Deirdre si allontanò, ma fatti pochi passi si girò di scatto.

— Avete detto apparecchi-spia?

— Mi è sfuggito — brontolò Terry. — Non fateci caso, è stato così per dire.

Informate soltanto vostro padre che sono impaziente di radunare tutti i pesci e che dovrebbe venire ad aiutarmi. Deirdre lo guardò in modo strano, poi scese sul molo e si allontanò in cerca del padre.

Terry incominciò a passeggiare su e giù per la tolda dell’“Esperance”. Pochi minuti più tardi comparve Davis, con Deirdre e i quattro studenti. Ma non erano soli. Dietro di loro venivano i tecnici e gli scienziati dell’osservatorio momentaneamente non in servizio. Terry riconobbe il dottor Morton e il giovanotto che gli aveva offerto la birra.

— Mi hanno sentito parlare della storia di radunare il pesce — spiegò Deirdre, — e vogliono assistere allo spettacolo. Hanno persino dimenticato il meteorite di ieri sera per venire ad assicurarsi un posto in platea. Non avete niente in contrario?

Terry si strinse nelle spalle. Registratore ed amplificatore erano pronti. Il, nastro era quello con i suoni captati nel cerchio luminoso. Appena messo in funzione l’apparecchio, dall’amplificatore scaturì una specie di rombo assordante. Terry calò in acqua il trasmettitore che scomparve sotto la superficie.

Immediatamente i pesci della laguna parvero impazzire. L’intero specchio d’acqua ribollì di migliaia e migliaia di pesci frenetici. Terry regolò il suo strumento in modo che il raggio d’azione del suono si restringesse a poco a poco ottenendo così l’effetto di una enorme rete che viene ritirata. Pigiati entro una zona sempre più compressa i pesci continuarono a guizzare e saltare sempre più agitati mentre il resto della laguna ritornava calmo di colpo. Poi anche entro il raggio sonoro le acque si quietarono: i pesci prigionieri erano riusciti a scappare.

— Temo che non sarà molto divertente — disse Terry. — Dovrò muovere il raggio attraverso la laguna fino a costringere tutti i pesci in una zona molto ristretta. Strano, ma si sentiva a disagio mentre procedeva con il suo esperi-mento. Non riusciva a dimenticare la sensazione provocata dal suono e ne conosceva i terribili effetti.

Fece ruotare lentamente il raggio. E ancora ci furono i sobbalzi improvvisi. Il raggio tornò e l’acqua venne percorsa da un fremito rabbioso. I suoni continui costituivano una barriera impenetrabile, un muro davanti al quale tutte le creature della laguna fuggivano in preda al panico. E infine, troppo densi in troppo poco spazio, i pesci presero a balzare fuori dall’acqua.

— Un notevole passo avanti da parte dell’uomo civile — commentò il dottor Morton. — Con l’invenzione dei fucili gli uomini hanno già distrutto bufali e piccioni. Adesso voi state facendo del vostro meglio per spopolare i mari.

Terry non rispose. Dal molo e dal ponte dell’“Esperance” una ventina di persone osservavano interessate la scena mentre il registratore continuava a trasmettere il ronzìo ossessionante che dilagava nell’acqua senza che nessuno dei presenti lo potesse sentire.

I pesci adesso si erano ammassati in un’insenatura della riva, e se ne vedevano parecchi saltare nell’aria e poi ricadere addosso agli altri.

— Così dovrebbe bastare — disse Terry. Provava un certo disgusto per ciò che aveva fatto. — Non posso certo buttarli sulla riva.

Il fuoribordo si staccò dal fianco dello yacht e raggiunse la zona dove l’acqua pareva ribollire sotto l’agitarsi dei pesci. Dall’imbarcazione Terry e gli altri scrutavano attentamente le onde. Poi lo scafo tornò indietro.

— Sono laggiù, e talmente fitti che ci si potrebbe camminare sopra — esclamò Davis. — Ho visto parecchi esemplari di acque fonde. Bisognerebbe prenderli.