Davis annuì, con espressione strana.
— Ma adesso non ci possiamo più attaccare a questa spiegazione! — riprese il dottor Morton. — Il bolide della notte scorsa, l’esperimento di pesca fatto ieri, il cerchio di oceano luminoso, quei dannati aggeggi di plastica e i pesci abissali che vivono tranquillamente in acque basse! Per questi fatti non esistono spiegazioni ragionevoli, e non si può parlare di coincidenze!
— Temo infatti che non lo siano — ammise Davis.
— Non voglio nemmeno prendere in considerazione la spiegazione più ovvia — commentò Morton. — Eppure non si tratta più, a questo punto, di stabilire se una teoria è o non è assurda. Il problema è di stabilire se è vera.
Davis annuì, e Terry non trovò niente da obiettare. Al giorno d’oggi però si ha la tendenza a dare più importanza alla ragione che ai fatti, e Terry si sentiva riluttante ad accettare un’idea statisticamente improbabile.
— Sono in un mare di guai! — si lamentò Morton. — Ho calcolato che quel maledetto bolide avrebbe rallentato una volta entrato in orbita attorno alla Terra, e i miei calcoli si sono rivelati perfetti. Volete sapere come mi sono regolato? Ve lo dico subito! Ho calcolato di quanto avrebbe dovuto rallentare per cadere esattamente nella Fossa di Luzon. Di trenta metri al secondo. Manco a farlo apposta il bolide ha rallentato di trenta metri al secondo ed è finito nel bel mezzo della Fossa. Ora ditemi voi: come faccio a spiegare un ragionamento del genere a quei signori di Washington?
Terry sentì improvvisamente una grande simpatia per Morton. È già brutto dover discutere con se stessi su qualcosa di incredibile, ma il dottor Morton era in una situazione assai più delicata: per aver ingenuamente dichiarato i risaltati di un suo ragionamento non del tutto ortodosso, risultati rivelatisi poi giusti, doveva adesso spiegare come c’era arrivato. E non poteva farlo.
— Questa storia dovrà pur finire! — brontolò Morton, rabbioso. — Prima o poi scopriranno che non ho calcolato il punto di atterraggio in base ai dati relativi al volo, ma ho fatto esattamente l’inverso. Davis, per l’amor di Dio, fai qualcosa per salvare la mia reputazione! E voi…
— Cercherò di fare il possibile — promise Davis.
— Ho bisogno di avere le prove che i miei sospetti sono giusti o sbagliati, o correrò il rischio di rovinarmi! — esclamò Morton. — So che cos’hai in mente di fare, Davis. Ebbene, sbrigati a farlo! Qui alla stazione possiamo esserti di qualche aiuto?
Davis allargò le braccia in un gesto che rivelava quanto poco ci sperasse.
— Qualcosa potete fare — disse invece Terry. — Mandate qualcuno con una barca all’imbocco della laguna e ditegli che immerga un remo in acqua tenendo appoggiato l’orecchio all’impugnatura. Dovrebbe sentire il ronzìo, se c’è ancora. Stamattina c’era.
— Perché volete controllare? — chiese Morton, sospettoso. — Pensate che ci saranno cambiamenti?
— Può darsi — rispose Terry.
— Abbiamo catturato quasi tutti i pesci abissali della laguna, e forse facendo questo abbiamo interferito con… con la funzione di quegli aggeggi di plastica rivelando che quassù era successo qualcosa. Può darsi che si abbia una reazione. In tal caso il ronzìo dovrebbe cessare e ricominciare dopo un certo periodo. E allora, se la mia ipotesi è esatta, in laguna ricompariranno i pesci abissali.
— Temo che noi due avremo la stessa delusione! — commentò Morton. — Comunque darò disposizioni perché venga fatto questo controllo. Voi occupatevi del resto.
Il dottor Morton risalì sul ponte. Quando ci tornò anche Terry, lo scienziato si stava già allontanando lungo il molo.
Il panfilo salpò indisturbato. L’“Esperance” puntò sull’imboccatura della laguna sotto la spinta dei soli motori, poi vennero issate le vele. Appena lo scafo affrontò il mare aperto Jug si occupò di orientare il fiocco.
Il ricevitore subacqueo continuava a captare il misterioso ronzìo e a Terry venne in mente di calcolarne il punto di provenienza basandosi sull’intensità, la direzione e l’angolo di rifrazione dato dall’ostacolo della barriera corallina. A conti fatti, ammesso che fossero giusti, risultò che una linea retta, partendo dalla scogliera, avrebbe toccato il punto da cui proveniva il ronzìo a quattro o cinque miglia da lì e a una profondità di circa ottomila metri.
L’“Esperance” continuò la sua corsa, rotta sud-est, e il ronzìo a poco a poco scomparve. Terry lasciò il ricevitore in mare senza registrare, ma tenendosi sempre pronto nel caso in cui i suoni estranei avessero ripreso.
Non accadde nulla del genere. Il panfilo proseguì tranquillo sotto la spinta di tutte le sue vele in un oceano che non presentava niente di misterioso.
Poi Terry prese a chiacchierare con Deirdre, e il mondo diventò normalissimo, come se i loro discoli avessero di colpo allontanato ogni minaccia. I due giovani parlarono della loro infanzia, di ciò che avevano fatto e dei posti in cui erano stati.
Circa alle quattro del pomeriggio, dal suo posto di vedetta, e col classico tono del marinaio di professione, Nick gridò: — Qualcosa in vista!
L’intero equipaggio del panfilo corse alla murata per vedere una specie di zampillo lontanissimo. Lo yacht virò leggermente di bordo e poco dopo raggiunse un branco di balene in emersione. I grossi corpi scuri fendevano agilmente le onde, e Jug ne approfittò per sciorinare tutto quel che sapeva sui cetacei spiegando con ampiezza di particolari che dai getti d’acqua che quei mammiferi emettevano era evidente che si trattava di capodogli. Deirdre si interessò vivamente a un cucciolo che nuotava vicinissimo a un esemplare più grosso.
Proseguirono la loro corsa lasciandosi le balene alle spalle, mentre i quattro studenti si impegnavano in un’animata discussione sui mammiferi marini, sulle balene in particolare, sulla loro capacità di scendere a grandi profondità per poi risalire agevolmente a galla, e sulle loro preferenze in fatto di cibo. A quanto si diceva negli stornaci dei capodogli erano stati trovati tentacoli di polipi, di dimensioni enormi, addirittura un metro di spessore, il che implicava l’esistenza di polipi colossali. E questo provava che i cetacei erano scesi a grandissima profondità, perché solo negli abissi potevano esistere animali simili. Sulla pelle di certe balene erano anche state notate tracce di lotte, e si parlava addirittura di vere e proprie battaglie che sarebbero avvenute in superficie tra balene e polipi eccezionalmente grossi. Ma i naturalisti erano alquanto scettici in merito. A voler dar ‘credito alla storia di quelle lotte, bisognava pensare che i polipi, aggrediti sul fondo, fossero risaliti tenendosi aggrappati ai capodogli quando questi erano “riaffiorati in cerca d’aria. Comunque una cosa era certa: solo dei polipi di proporzioni gigantesche avrebbero dato battaglia ad una balena.
Terry ascoltava la discussione durante la quale ognuno espresse il proprio parere non necessariamente concorde con quello degli altri.
— Non vi metterete mai d’accordo, a meno che qualcuno di voi non si decida a munire una balena di macchina fotografica e di flash per fissare i momenti più interessanti delle sue avventure marine. Naturalmente ci vorrebbe anche un sistema per ricevere le immagini in superficie — disse. In fondo non era un’idea del tutto nuova. Valeva comunque la pena di pensarci sopra. E se qualcuno o qualcosa dal fondo dell’oceano avesse mandato qualcuno o qualcosa in superficie per…
Deirdre gli stava parlando e Terry, immerso nei suoi pensieri, si rese conto che la ragazza gli stava ripetendo qualcosa di già detto. Non l’aveva sentita, tutto preso com’era dall’idea di un apparecchio da mandare negli abissi perché trasmettesse alla base di partenza tutti i dati interessanti.
— Non mi ascoltate nemmeno! — protestò Deirdre. — Stavo parlando del batiscafo di Manila, che ormai dovrebbe essere pronto.