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— E allora? — chiese Terry.

— Proveranno a immergersi con il batiscafo solo per usare una cortesia a qualcuno che non siamo certo noi! — rispose Davis. — Si immergeranno nel punto in cui abbiamo trovato il cerchio luminoso. E, bontà loro, non fanno alcuna obiezione al nostro desiderio di calare la draga prima del loro tentativo. Anzi, li interesserà molto verificare se la draga riemergerà! Sono così fuori di me che non so cosa farei!

Riprese fiato.

— Comunque è inutile restare qui. Meglio andare a Barca a prendere la draga che ormai sarà pronta e rimorchiarla subito nella zona dove la immergeremo. — E ordinò a Nick di levare le ancore.

— Dei bolidi avete parlato? — s’informò Terry.

— Ci mancherebbe altro! Mi avrebbero preso per matto! — esplose Davis. E si allontanò, ancora furibondo.

L’“Esperance” riprese il mare puntando a nord lungo la costa. A pranzo nessuno aveva voglia di parlare. A quanto ricordava Terry quella era fa prima volta che a tavola non sorgevano discussioni complicate. Davis era sempre di umor nero.

Più tardi Terry e Deirdre scambiarono quattro chiacchiere fra loro, evitando, di tacito accordo, argomenti che avessero attinenza con il mare, anche indirettamente. Parlarono di cose banalissime, ma il giovane trovava tutto interessante quando era con la ragazza.

Dopo un po’ Deirdre tornò alle sue faccende sottocoperta e lui rimase sul ponte, a fumare. Quando scese in cabina non si era ancora levata la luna.

Alle dieci del mattino seguente entrarono nel piccolo porto di Barca. Alle dodici i marinai locali avevano già rimorchiato fino al panfilo, e fissato alla sua poppa, uno strano “coso” lungo nove o dieci metri. All’una il ponte dell’“Esperance” era ingombro di un grosso sacco di tela accuratamente ripiegato e di sei blocchi di cemento nei quali erano fissati degli anelli. All’una e mezzo Deirdre, che era scesa a terra con una delle scialuppe del panfilo, ritornò con i rifornimenti e altri acquisti. Alle due l’“Esperance” riprese il mare.

Il grosso oggetto che seguiva lo yacht, a rimorchio, aveva una specie di albero centrale in legno che finiva in un tubo di ferro e mezza dozzina di alberi minori saldati all’estremità. Su questi alberi erano fissate spesse reti da pesca, e il tutto era tenuto a posto da pesanti gomene. C’era anche un gancio per fissare i blocchi di cemento all’albero principale.

— Si apre come un ombrello — spiegò Deirdre. — Per farlo immergere bisogna attaccare i pesi all’apposito gancio. Il sacco di tela viene poi infisso nel tubo metallico. Appena lasciata libera la draga affonda come un ombrello chiuso e rovesciato, ma appena tocca il fondo i pesi agiscono sugli alberi minori e lo fanno aprire. A questo punto esplode automaticamente una carica esplosiva contenuta nel tubo. È un esplosivo speciale il quale libera un gas che fa aprire il sacco e lo gonfia. Questa specie di pallone riporta lo strumento in superficie con le stecche aperte e le reti tese. Risalendo raccoglie tutto ciò che trova sul suo percorso. Man mano che la pressione diminuisce il gas esce regolato da una speciale valvola. Questo è solo un prototipo sperimentale, ma se il nostro tentativo riesce vi si possono apportare alcune modifiche adattandolo a diversi scopi.

— Sarà come svegliare ciò in cui non crediamo — commentò Terry. — L’esplosione sveglierà tutto ciò che esiste nelle vicinanze. Altro che i colpi battuti contro lo scafo dell’“Esperance”.

Deirdre sorrise, pensosa, e non disse niente.

Il pesante rimorchio rallentava la velocità dello yacht. Solo dopo il tramonto il panfilo arrivò nel punto stabilito: il punto dove la notte precedente avevano trovato le acque rigurgitanti di pesci impazziti. E poiché occorreva una perfetta visibilità per individuare subito il sacco quando la draga sarebbe risalita, venne deciso di aspettare il mattino seguente.

Poco prima dell’alba all’orizzonte apparvero delle luci: bianca in alto, rossa e verde ai lati. Si avvicinava una grossa imbarcazione. Poco dopo l’unità virò di bordo, diminuì la velocità e fu possibile riconoscere il “Pelorus”. Il giorno spuntò in un trionfo d’oro. Il “Pelorus” scintillava al sole. Dai fianchi del grosso battello era uscita una specie di enorme pesce con appesa sotto una sfera. Il tutto fu calato lentamente in acqua e rimase a dondolarsi sulle onde.

Per parecchio tempo non accadde altro. Poi la linea di galleggiamento dell’apparecchio aumentò leggermente. Stavano riempiendo di carburante il serbatoio: benzina, più leggera dell’acqua e praticamente refrattaria alla pressione.

A bordo dell’“Esperance” avevano azionato l’argano per accostare il rimorchio e sollevarlo sul ponte. Sotto il peso della draga il panfilo si inclinò notevolmente. I quattro ragazzi controllarono le reti e si occuparono del sacco. Davis sistemò la carica esplosiva nel tubo.

Poi dal “Pelorus” venne un impaziente ululato di sirene, e Nick scese nella cabina radio. Ritornò poco dopo.

— Ci informano che saranno pronti per l’immersione fra un paio d’ore — riferì. — Siccome temono che il nostro apparecchio interferisca con il loro, ci chiedono se possiamo immergere subito la draga in modo che risalga prima della discesa del batiscafo.

— Rispondi che la manderemo giù tra cinque minuti — brontolò Davis.

L’apparecchio dell’“Esperance” aveva un aspetto goffo, ma era funzionale. Cinque minuti più tardi la cima dell’albero centrale della draga si trovava a livello della superficie. — Via! — ordinò Davis.

Doug mollò il cavo che sosteneva la draga e l’apparecchio affondò lentamente. Dal registratore sincronizzato anche sull’ascolto, venne lo sciacquio delle onde, accompagnato di tanto in tanto da qualche borbottio. Venti, trenta minuti passarono senza che accadesse niente.

Poi arrivò l’eco di uno schianto: la carica esplosiva era entrata in funzione. Il registratore fissò su un nastro il rumore basso e profondo.

Il sole salì nel cielo e il vento aumentò. Le onde si inseguivano senza posa.

Molto, molto tempo dopo, il sacco di tela gonfio di gas riaffiorò. Dal “Pelorus” venne un colpo di sirena, e Nick tornò a scendere sottocoperta. Pochi minuti, e tornò a riferire.

— Avvertono di non lasciare la draga alla deriva. Adesso fanno immergere il batiscafo senza uomini a bordo per controllare che tutto funzioni. Non vogliono altri oggetti in mare.

— Digli che si ritengano baciati in fronte e che non si preoccupino — scattò Davis. — E che anche se siamo dilettanti, le cose basta dircele una volta sola!

L’“Esperance” si accostò al sacco galleggiante. Jug si sporse fuori bordo, e lo agganciò con un arpione. L’argano lo sollevò dall’acqua. I blocchi di cemento erano scomparsi, e il contenuto delle reti non offriva un bello spettacolo: un pesce con strane appendici frangiate, un Linophrine Arborifer, specie che vive a quattromila metri di profondità, giaceva tra le maglie dilaniato dalla diversità di pressione poiché la sua vescica natatoria non era stata perforata; un Opistkoproctus Grimaldi, un Gonostoma, un Myctophum, e tante altre creature, grottesche come i loro nomi scientifici, erano nelle stesse condizioni. Tutti pesci degli abissi fatti a pezzi dalla differenza di pressione.