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— Prima di usarlo — disse a Davis, — vorrei fare un giro in mare aperto. Può darsi che più al largo si risenta il ronzìo.

— Credo di aver capito cosa vuoi fare — esclamò Deirdre prima che il padre potesse aprire bocca. — La tua intenzione è di sorvegliare una zona d’oceano mentre “qualcosa” salirà in superficie. Poi la spingerai verso l’ingresso della laguna con il tuo nuovo apparecchio, e la cosa cercherà rifugio nelle acque basse. Avete già eliminato il polipo, e…

— Esatto — disse Terry. — Ho l’impressione che si ripeterà ciò che è successo quando abbiamo catturato tutti i pesci abissali: il polipo li ha sostituiti. E noi abbiamo ucciso il polipo. Ora…

A quattro miglia dalla riva ricominciò il ronzìo. Lo yacht individuò il cerchio delle onde sonore: se qualcosa stava risalendo dal fondo, non avrebbe potuto superare la barriera di quelle onde.

— La vostra teoria trova conferma — commentò Davis. — Come ci regoliamo?

Inconsapevolmente il proprietario dell’“Esperance” aveva ceduto la direzione dell’impresa a Terry, che altrettanto inconsapevolmente l’aveva accettata.

— Torniamo all’isola — rispose il giovane. — Mi è venuta un’idea pazzesca, ma che può funzionare. Vorrei provare il nuovo proiettore in acque basse nelle quali ci si possa immergere.

L’“Esperance” virò di bordo e puntò su Thrawn. Mare e terra avevano un aspetto piacevolmente normale sotto il sole splendente. Con un cielo così azzurro pareva impossibile occuparsi di cose preoccupanti quali il fondo marino e ciò che vi stava succedendo.

Terry aspettò che il panfilo fosse vicino alla barriera corallina per provare il nuovo strumento. Se funzionava, avrebbe avuto i dati precisi sulla conformazione del fondale.

Lo speciale sonar entrò in funzione e i dati trasmessi rivelarono la scarpata della montagna sottomarina di cui Thrawn era la cima. Le onde sonore scesero lungo i fianchi del monte seguendone i pendii fino alla Fossa di Luzon e proseguirono tracciando il profilo del fondo nel punto di profondità massima. L’indice dell’apparecchio segnalava cifre impressionanti. Ottomila metri. Poi, di colpo, ne indicò quattromila e cinquecento. Là c’era un enorme ostacolo che l’apparecchio rivelava con esattezza. E ce n’erano altri. Cose enormi nuotavano, o galleggiavano nelle tenebre. Non si trattava di balene. Le balene respirano ossigeno e non possono restare immerse a lungo, immobili tra il fondo e tremila metri di profondità.

Il sonar individuò parecchie di quelle misteriose masse in diversi punti e a differenti livelli. Tutte più grosse di una grossa balena. Salivano lentamente, poi pareva che si fermassero a riposare, quindi riprendevano a emergere per fermarsi di nuovo poco dopo.

Gli uomini dell’“Esperance” si volsero a guardare Terry, pallidi e impressionati. Lui si inumidì le labbra aride e guardò Deirdre.

— Rientriamo in laguna — disse, calmo. — Se decideremo di uscire ancora Deirdre resterà a terra finché non sapremo esattamente di che cosa si tratta. Non voglio correre rischi.

Il panfilo si rimise in moto.

Ciò che si muoveva nell’oceano poteva essere qualsiasi cosa: i bolidi precipitati dallo spazio, delle creature intelligenti, altri polipi immensi come quello già ucciso, qualcuno o qualcosa che saliva in superficie per assicurarsi che gli abitanti della Terra non interferissero più con quanto succedeva nelle profondità del mare diventato dominio di creature di un altro pianeta.

9

Il sole brillava alto quando lo yacht attraccò al molo dell’isola. Davis sbarcò e si mise in contatto radio con Manila servendosi della stazione ricetrasmittente dell’osservatorio. I biologi tentavano di esaminare il polipo. “La Rubia” insisteva sempre nei suoi tentativi di pescare in quelle acque dal fondo proibitivo.

Anche Terry sbarcò, e andò a vedere da vicino la sua vittima del giorno prima. Trovò i biologi sbalorditi e interdetti davanti alla massa enorme del polipo. Decine di tonnellate di carne che avrebbe dovuto essere smantellata per arrivare all’osso interno, il quale presentava il massimo interesse per gli studiosi. Inoltre gli specialisti intendevano esaminare le branchie, la loro posizione, e il sistema nervoso dell’essere gigantesco. Ma le dimensioni della bestia presentavano un ostacolo quasi insormontabile. Il solo trasporto di quella montagna di carne costituiva un grosso problema.

Terry pensò di rivolgersi al capitano de “La Rubia”. Saavedra era sul punto di mettersi a piangere di rabbia impotente davanti al massacro delle sue reti che non riuscivano a tirar su tutto quel pesce che gli saltava sotto il naso. Se i pescatori davano una mano ai biologi per estrarre dal polipo le parti scientificamente interessanti, avrebbero poi potuto tenersi il resto della bestia, e non sarebbero forse nemmeno riusciti a caricarla tutta sul loro peschereccio. I polipi sono ricercati sul mercato, e il viaggio de “La Rubia” avrebbe avuto il suo compenso. Senza contare che il capitano Saavedra sarebbe certamente riuscito a costruire su quel mostro, raccontando in giro, qualche affascinante avventura sulla cattura dell’eccezionale polipo. E forse qualcuno gli avrebbe persino creduto vedendo coi suoi occhi la prova dell’esistenza del polipo.

Poco dopo i marinai de “La Rubia” affondavano i loro affilati coltelli nella carne del mostro, diretti dagli esperti di Manila. Seguì una accanita discussione con il cuoco dell’osservatorio che non voleva cedere il suo congelatore per ospitare il materiale biologico in attesa che l’elicottero lo trasportasse a Manila.

Verso la metà del pomeriggio, l’“Esperance” abbandonò di nuovo la laguna. Lo scandaglio-sonar riprese a esplorare il fondo rivelando che le masse scoperte in mattinata continuavano lentamente la loro ascesa. Ora si trovavano a tremila e seicento metri. Ed erano molte. Se proseguivano nel loro moto ascensionale con lo stesso ritmo sarebbero affiorate in piena notte. Il panfilo rientrò.

Alla stazione affluivano le chiamate urgenti via radio. Per lo più si trattava di richieste insistenti presso il dottor Morton per sapere finalmente in che modo fosse riuscito a fare i suoi calcoli circa la caduta del bolide. L’esattezza della previsione naturalmente non veniva affatto messa in dubbio, ma gli interessati insistevano per conoscere il modo in cui l’astronomo vi era arrivato.

Terry sorprese lo scienziato seduto con aria pensosa davanti a una tazza di caffè. Con Morton c’era Davis.

— Vorrei non aver calcolato un bel niente — mormorò Morton. — Cose simili non dovrebbero succedere! C’è già la storia del polipo che è abbastanza grave. Uno dei biologi mi ha detto che si tratta di un esemplare ancora giovane. Cosa diavolo sarebbe diventato una volta raggiunto il pieno sviluppo?

— Temo che lo sapremo non appena quelle masse affioreranno in superficie — commentò Davis.

— Quello che abbiamo eliminato non poteva vivere fuori dall’acqua — disse Terry. — Ma gli esemplari adulti potranno muoversi sulla terraferma? Darei non so cosa per saperlo.

Uno degli addetti dell’osservatorio arrivò tenendo in mano un oggetto di plastica trasparente, lungo “una cinquantina di centimetri e largo quindici. All’interno si vedeva un groviglio di fili e parti metalliche.

— Uno dei pescatori se ne stava andando con questo — disse.

— Era fissato a uno dei tentacoli del polipo. Il capitano non voleva consegnarmelo perché diceva che avendolo trovato uno dei suoi uomini era suo di diritto.

Posò l’oggetto sul tavolo. Davis, Morton e Terry lo esaminarono.

— L’essere che l’ha costruito — disse infine Davis — è arrivato dallo spazio a bordo di un bolide. È più facile credere a questa ipotesi che a quella di una civiltà abissale. Ma perché ha scelto il fondo del mare e non la terra? Da dove può essere venuto un essere simile?