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A questo punto, Terry collegò il ricevitore subacqueo con il registratore, gettò l’apparecchio fuoribordo e poté fissare sul nastro le varie voci del mare: lo sciabordio delle onde contro lo scafo dell’“Esperance”, il mormorio degli spruzzi, e i mille deboli rumori indistinti prodotti da chissà cosa.

— Volete controllare il volume, per favore? — Terry indicò la quantità di volume che non doveva essere superata. Nick fece cenno di sì con la testa. Terry lo guardò e disse: — Voglio battere la pala in mare e sentire che razza di rumore ne viene fuori.

Nick esitò. Poi disse, un po’ a disagio: — Aspettate un attimo. Si avvicinò a Davis, che sonnecchiava al timone. Deirdre si unì ai due uomini partecipando alla discussione che pareva molto seria. Poi s’accostò a Terry:

— Mi dispiace dirvelo — gli spiegò, con evidente imbarazzo, — ma mio padre pensa che sarebbe meglio provare la pagaia in acque basse. È lo stesso per voi?

— No, non è lo stesso! — scattò Terry. — Non è lo stesso, poiché non mi è permesso sapere il motivo di quello che devo fare! Riunì i suoi arnesi e i pezzi non utilizzati e indicò gli apparecchi già pronti.

— Qui c’è quello che vostro padre voleva. Appena sarà collaudato vi chiederò di farmi sbarcare — disse, e scese sottocoperta, pieno di rabbia. Nessuno andò a spiegargli le ragioni di Davis, e neppure a dirgli di fare come preferiva. Si sentiva come un bambino al quale è stato proibito di giocare con i suoi coetanei, e che è stato escluso dal mondo dei suoi compagni. Era sempre più irritato. L’“Esperance” era impegnata in un’impresa importante, lui si era unito a quegli uomini per collaborare con loro, e quelli continuavano a non dirgli niente. Terry non era tipo da fare le cose alla cieca. E poi il fatto che Deirdre si trovasse a bordo e fosse al corrente del segreto mentre lui ne era escluso, costituiva per Terry un vero e proprio insulto.

Il giovane provava per Deirdre il vivo interesse che un uomo prova per una, due, o al massimo tre ragazze in vita sua. Non era ancora vero affetto, ma Terry ci teneva a far bella figura nei suoi confronti e provava un enorme interesse per tutto quello che la ragazza diceva o faceva.

Sul tavolo della cabina di poppa, c’era un libro aperto e lui gli diede un’occhiata. Infilati fra le pagine vide tre o quattro fotografie e un ritaglio di giornale. Il volume era un testo di fisica per laureati, il che significava che nel libro era ampiamente trattata anche l’elettronica.

Sempre irritato, Terry esaminò le foto. Nella prima compariva un oggetto sferico di plastica trasparente, a quanto pareva di piccole dimensioni, completato da numerosi elementi metallici chiaramente visibili attraverso l’involucro. Forse si trattava di un apparecchio elettronico, però non si vedevano allacciamenti di contatti e le parti inferiori erano assolutamente misteriose. La seconda e la terza fotografia riproducevano un altro oggetto molto simile al primo : si differenziava soltanto per alcuni piccoli particolari. La quarta era una veduta dell’oceano presa da un aereo. Si vedeva l’orizzonte in un angolo, e al centro spiccava una massa bianca irregolare. Esaminandola più attentamente si vedeva che era schiuma. Però sembrava schiuma ammucchiata artificialmente sulla superficie del mare. Se l’acqua intorno era l’oceano, e lo era, e le creste visibili erano quelle delle onde, e lo erano, il mucchio di schiuma doveva essere largo centinaia di metri e alquanto alto sulla superficie. Ma la schiuma non si ammassa in quel modo in mare aperto, soprattutto non in modo duraturo.

In margine alla foto era segnata la data di tre giorni prima, e i gradi di longitudine e di latitudine.

Terry si volse verso lo scaffale delle carte nautiche, ne prese una, controllò la posizione e la trovò indicata da un segno a matita. Era vicino all’isola Thrawn, proprio ai margini della Fossa di Luzon: quella enorme depressione sottomarina in cui potrebbe sprofondare la catena dell’Himalaia tutta intera e neanche la cima dell’Everest spunterebbe dalle acque.

Tornò al libro ed esaminò il ritaglio di giornale: un quotidiano di Manila vecchio di due anni. L’articolo ritagliato parlava, in modo piuttosto scettico, di un rapporto dell’equipaggio di un veliero che aveva fatto scalo in quel posto. Navi a vela sono rare oggi ed erano rare due anni fa. Il battello in questione riferiva di aver avvistato in mare un’altra imbarcazione dello stesso tipo, che aveva invertito la rotta per poter comunicare con loro. Il veliero rientrato a Manila sosteneva che quando l’altro legno era appena a due miglia da loro, in mare era apparsa una schiuma bianca e un getto candido era sprizzato a più di nove metri di altezza. La prua dell’altro vascello era stata avvolta dalla schiuma, e di colpo prora e alberi si erano inclinati in avanti, e l’intero battello era svanito nella spuma bianca, come inghiottito, da un baratro. Non era affondato. Era precipitato, “caduto” sott’acqua, sotto la spuma, per meglio dire, con le vele ancora spiegate. Un attimo prima filava col vento in poppa. Un istante dopo non c’era più.

L’equipaggio del veliero aveva dato la posizione approssimativa dell’avvenimento incredibile. Coincideva con le coordinate scritte sulla foto della spuma presa dall’alto. Ai margini della Fossa di Luzon.

La collera di Terry era sbollita. I motivi per essere irritato sussistevano, ma adesso lui voleva saperne di più su quell’avvenimento e sulle enigmatiche sfere di plastica. Quegli strani oggetti incomprensibili avevano certo uno scopo e Terry intendeva scoprirlo. E poi c’era quel ritaglio di giornale…

Avendo proclamato a gran voce di voler essere sbarcato appena collaudato il suo apparecchio, Terry ora si sentiva in imbarazzo. Gli seccava dover dire che aveva cambiato idea… Perciò restò sottocoperta, furibondo con se stesso. Nessuno si fece vivo. Neppure Deirdre per il pranzo. Venne il tramonto. Molto dopo Terry avvertì finalmente qualche rumore sul ponte e gli giunse il suono di una voce che sembrava stranamente lontana. L’“Esperance” mutò bruscamente rotta, e anche il ritmo del rollìo cambiò.

Terry salì sul ponte. Le ultime luci del crepuscolo erano svanite da un pezzo, ma la luna non aveva fatto ancora la sua comparsa. Qua e là il luccichio di un’ondata, una luminescenza azzurra. A volte un bagliore bluastro sott’acqua, dove guizzava qualche pesce. Ma era raro. Nonostante la scia luccicante dello yacht e le creste bianche delle onde, l’oceano sembrava più nero del solito. Dalla coffa veniva la voce di Nick, lontana e fantastica come se arrivasse dalle stelle.

— … a poppa… Due gradi… Terry vedeva l’albero maestro ondeggiare contro le stelle, e in alto, una minuscola sagoma scura: Nick. Il panfilo cominciò a rollare. Sul ponte gli uomini si muovevano svelti, allentando o stringendo le cime. Ancora la voce di Nick, dall’alto.

— Pronti! L’“Esperance” smise di rollare. Grandi spruzzi d’acqua si sollevarono lungo le fiancate del panfilo che ora filava col vento in poppa.

Per qualche minuto nessuno parlò. Tony era al timone, e Davis stava accanto a lui, vicino alla bussola. Il padre di Deirdre guardava lo strumento, poi l’orizzonte, e poi in alto dove Nick sembrava dondolare tra le stelle.

— Dri-i-izza! — gridò Nick da lassù. — E avanti così!