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L’“Esperance” balzò in avanti. Le onde arrivavano dal niente, lambivano i fianchi dello scafo e tornavano” a scomparire nel nulla. La sensazione di movimento era cessata e adesso il legno sembrava fermo nello stesso punto. Eppure a poppa si allungava una scia tortuosa, e a prua si levavano due baffi di spuma.

Poi sul mare apparve un vago chiarore, giù, ai limiti dell’orizzonte, sempre più intenso man mano che l’“Esperance” avanzava. Poco dopo il fenomeno fu chiaramente visibile.

Proprio di fronte alla prua del battello, il raggio del fanale rivelò d’improvviso uno spettacolo incredibile. Finora c’erano stati radi bagliori in acqua, pochi pesci che guizzavano di sotto la chiglia dello yacht. Ma ora l’intera superficie dell’oceano scintillava di migliaia e migliaia di pesci, tutti radunati in un cerchio del diametro di un miglio. L’“Esperance” si avvicinò e strinse il vento per poter meglio osservare.

Da un punto a cinquanta metri circa dall’imbarcazione, cominciava il brulicare di milioni di esseri frenetici che guizzavano stretti l’uno all’altro, fittissimi, pinna contro pinna. E non soltanto in superficie. Dal ponte dello yacht si scorgevano le sagome luminose fin nel profondo, fin dove le acque limpide permettevano di vedere. Una colonna caotica e scintillante in movimento. Un vasto cerchio di spessore indeterminato denso di pesci in agitazione. Al margine della zona luminosa le creature del mare si muovevano pazzamente, in una specie di parossismo. Delle grosse sagome luminose balzavano, fantastiche, dalle acque, più e più volte, finché ricadevano nel punto dove il bagliore era più vivo, e si perdevano nella massa. Alcuni fuggivano nelle onde nere intorno, come presi da un terrore folle. Ma erano pochissimi. I più turbinavano impazziti al centro del cerchio di luce. C’erano persino delle focene che fuggivano in preda al panico, senza nemmeno cercare di afferrare uno dei pesci guizzanti intorno a loro.

3

Terry guardava, incredulo. Qualcuno si mosse vicino a lui. Davis. Parlò con tono secco: — “La Rubia” potrebbe fare il carico completo con una sola retata, al massimo con due, direi.

Terry voltò il capo.

— Ma che cos’è? Cos’è che raduna in uno spazio così ristretto tutti questi pesci?

— La vostra è una domanda interessante — disse Davis. — Cercheremo di scoprire come avviene. E soprattutto, perché.

Si. allontanò sul ponte. Terry si avvicinò al parapetto, e pochi minuti dopo la lama luminosa di uno dei riflettori colpì l’acqua, muovendosi adagio avanti e indietro, lontano dalla scena incredibile. Dove il raggio arrivava, la superficie del mare appariva normalissima. Non un pesce. La striscia luminosa sventagliò sul mare senza rivelare niente di insolito, niente al di là del confine luminoso, dove il mare tornava a essere nero.

Accanto a Terry si levò la voce di Deirdre: — Questo proprio non ce lo aspettavamo! Vorrei prendere un campione d’acqua, mi date una mano?

Poiché la ragazza dimostrava di ignorare il suo atteggiamento del pomeriggio, lui non poteva certo mantenere un contegno freddo e ostile, soprattutto di fronte a un fenomeno del genere. Deirdre andò a prendere un secchio dal ripostiglio. Un’ondata balzò alta mentre lei cercava di riempirlo, bagnandole la mano, e la ragazza gridò. Terry la prese per le spalle e la tirò indietro. Il secchio sbatté contro la murata dell’“Esperance”, appeso alla corda fissata al parapetto.

— Che c’è?

— Pizzica! L’acqua pizzica come le ortiche. — Con un brivido, Deirdre si passò l’altra mano su quella bagnata. — Adesso è passato, ma prima, ho sentito un forte bruciore, proprio come se avessi infilato la mano in mezzo alle ortiche! O se avessi preso una scossa elettrica.

Terry tirò su il secchio e lo posò sul ponte, poi si sporse dalla murata e immerse la mano nella cresta di un’onda. Subito sentì sulla pelle la sensazione di mille punture d’ago, ma i muscoli non si contrassero come sotto una scossa elettrica. Una sensazione puramente epidermica.

Scosse il capo con impazienza, e tuffò le dita nel secchio posato sul ponte. Niente di insolito. Immerse di nuovo la mano in mare, e risentì le punture, a contatto dell’acqua. Fissò il mare luccicante di pesci frenetici, bloccati da qualcosa di misterioso in un cerchio ben definito. Il riflettore continuava a frugare le acque. L’“Esperance” si allontanava, lento, dalla zona luminosa. Terry tuffò ancora una volta la mano in mare e di nuovo provò quella sensazione di pizzicore. Attinse un altro secchio d’acqua. Ma quando vi immerse la mano non sentì niente, come la prima volta.

Il riflettore si spense di colpo, e per un attimo ancora se ne vide il riflesso rossastro. Poi fu il buio.

La voce di Davis impartiva ordini. — Un momento! — disse, brusco, Terry, e cominciò a parlare dell’acqua che pizzicava. Poi si rivolse alla ragazza: — Deirdre, spiegateglielo voi, io voglio mettere in mare un ricevitore subacqueo. Almeno registreremo su nuova scala il rumore dei pesci. Però… mi è venuta un’idea… Aspettate a dirigere verso il cerchio di luce.

Andò a prendere il ricevitore subacqueo e il registratore messo a punto nel pomeriggio. Mise in funzione il registratore poi calò il microfono fuoribordo. A tutta prima il rumore che scaturì dall’altoparlante fu fortissimo e indistinto. Terry abbassò il volume.

Ed ecco un frinire, dei brontolii, qualche fruscio. Le voci dei pesci, o almeno di certi tipi di pesce. Poi degli squittii acuti: le proteste delle focene spaventate. Ma su tutti gli altri suoni predominava un ronzio forte e monotono. Terry non aveva mai sentito niente di simile. Il suono aveva una frequenza di sessanta cicli, e volendone definire il tono lo si sarebbe detto sarcastico e rabbioso. Un suono “repellente” pensò Terry, un qualcosa di sgradevole. E di terrificante. Quel suono insinuava in chi l’ascoltava una sensazione di terrore allo stato puro.

Terry si drizzò. Davis e Deirdre erano venuti a sentire anche loro al buio, sotto le vele dell’“Esperance”.

— Ho un’idea — disse Terry adagio. — Attraversiamo il cerchio di luce: voglio registrare tutti i rumori del mare. Ho l’impressione che quel ronzìo abbia un suo significato preciso.

— Non è certamente un suono normale — commentò Davis.

Gridò un ordine. Il giovane al timone diede un giro alla ruota. Le vele si gonfiarono e l’“Esperance” cominciò ad avanzare dritta verso il cerchio scintillante, sempre più vicino ai margini della zona in agitazione.

Il registratore continuava a trasmettere le voci confuse, atterrite delle creature del mare e, come sfondo ai vari rumori, si sentiva lo sgradevole ronzìo. Come 1’ “Esperance” s’accostava al margine della zona il ronzìo andava via via aumentando di tono, sino a divenire un sibilo acutissimo.

Superato il margine, man mano che lo yacht avanzava nel cerchio luminoso, il ronzìo cominciò a diminuire. E proprio nel mezzo, nel più forte del luccichio, il ronzìo fu soverchiato dal tumulto sottomarino dei pesci. Terry toccò l’acqua con una mano. Il pizzicore era a malapena sopportabile.

Davis attinse vari secchi di acqua e in due trovò dei pesci. Adesso lo yacht, nella sua attraversata, si avvicinava al margine opposto del cerchio. Il ronzìo tornò ad aumentare di potenza fino a raggiungere l’apice.

L’“Esperance” superò il margine della zona e si ritrovò nel mare tenebroso. A poco a poco, mentre il battello si allontanava, il suono svanì…

— Ai margini il suono è più forte — commentò Terry, assorto. — Proprio come se ci fosse una barriera acustica per impedire ai pesci di scappare. Ho già visto dei pesci comportarsi in questo modo: quando viene calata in mare una sciabica.