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«Vuoi dire che non credi che i Gioviani siano come quella creatura?» domandò Cathay.

«Non ho motivo di pensarlo,» rispose Lilo. «E probabilmente Jasmine può darti molti motivi sul perché non dovremmo aspettarcelo.»

Jasmine prese un’altra pianta dal secchio e cominciò a scavare un foro. Era una donna piccola con occhi grandi e grosse mani capaci. Portava i capelli biondi in spesse trecce e aveva un collare di pelliccia, la sua sola alterazione chirurgica. All’arrivo di Lilo, erano due anni che Cathay e Jasmine dividevano una stanza e avevano tutti e due espresso il desiderio che Lilo si unisse a loro. Lilo non sapeva cosa fare. Si era trovata bene a dividere la stanza con Chea, il collaboratore più abile che avesse mai avuto. Ma quella fase del loro rapporto si era chiusa quando avevano smesso di lavorare insieme sull’organismo gioviano. Adesso Chea era impegnato in qualcosa di diverso, qualcosa che non coinvolgeva Lilo. Da allora non si erano più frequentati come le sarebbe piaciuto.

«Per ora è impossibile saperlo con certezza,» disse Jasmine, spianando la terra intorno alle radici della sua pianta. «Cioè se quello che Lilo sta scoprendo sugli organismi superiori avrà qualcosa a che fare con quelli che vivono più in profondità. Ma è improbabile.»

«Come mai?» Allorché le discussioni entravano in campi scientifici, Cathay era l’uomo della strada perpetuo. Ma non gli dava noia. Ammetteva senza esitazioni che non ne sapeva praticamente niente. Non era un insegnante di capacità o di conoscenze, ma un maestro elementare: uno che guidava i bambini nell’esplorazione di loro stessi, facendogli scoprire e sviluppare le rispettive attitudini.

«Sappiamo molte cose sulle caratteristiche dell’atmosfera gioviana,» rispose Jasmine. «È a strati. In alto idrogeno, sotto ammoniaca, idrosolfuro di ammonio, acqua e idrogeno liquido, tutti in diversi stati cristallini, o fluidi, o mescolati gli uni con gli altri. Non c’è motivo di pensare che la creatura di Lilo potrebbe sopravvivere se scendesse di poche centinaia di chilometri.»

«E molti motivi per pensare che non sopravviverebbe,» aggiunse Lilo.

«Dici che questa cosa ha una borsa piena di idrogeno,» riprese Cathay. «Come fa a sostenerla se galleggia nell’idrogeno?»

Lilo rise. «È una buona domanda. Me lo sono chiesto anch’io, e non sono ben sicura neanch’io. Penso di averla vista in uno dei primi stadi. Forse nasce in uno strato più basso, si fa riempire il pallone di idrogeno e risale verso la luce del sole. Dopo avrebbe bisogno di un nuovo metodo per restare in aria. Lì può trovare tutta l’energia di cui ha bisogno. È un luogo violento.»

«È possibile che Giove abbia diverse biosfere,» disse Jasmine. «Forse si mescolano un po’, secondo l’ipotesi di Lilo che la sua creatura sia nata a un livello inferiore e salga verso l’alto. Ma sarà difficile fare degli studi, specialmente sui livelli inferiori, dove probabilmente vivono i Gioviani.»

«Perché pensi che siano laggiù?»

«Be’, io… hai ragione. Potrebbero vivere negli strati superiori, ma è improbabile, credo, solo in base a un semplice calcolo statistico. Ci sono tanti strati che possono occupare. Le sonde che ho lanciato hanno individuato trentasette ambienti distinti, come le bucce di una cipolla. Alcuni di loro, in determinate condizioni climatiche, si mescolano, e ciò aumenta ulteriormente le possibilità. Ma è difficile immaginare qualcosa che possa vivere in tutti quanti. In fondo, poco prima che le mie sonde interrompano le loro trasmissioni, c’è un nucleo di idrogeno metallico fuso. Non so se possa viverci qualcosa, ma non scommetterei che sia impossibile vivere nello strato immediatamente superiore.»

«E in quello cosa c’è?»

«Idrogeno liquido, ma è caldo. Circa dodicimila gradi. Tre milioni di atmosfere di pressione. E non mi domandare che tipo di vita potrebbe esserci. Non sarebbe simile a niente di quello che ha studiato Lilo. Ma se gli Invasori e i Gioviani vivono in quella roba, i nostri tentativi sono inutili. Non si riuscirebbe mai a toccarli, credo.»

La conversazione stava disturbando Lilo. Il concetto di ricerca bellica le era nuovo; era qualcosa a cui non aveva mai pensato. Non è piacevole sapere che il tuo lavoro ha un solo fine: uccidere qualsiasi cosa tu riesca a scoprire.

9

Dopo aver finito di lavorare nel laboratorio ed essere stata un po’ nella fattoria, Lilo spesso andava in esplorazione con Cathay, Cass e Jasmine, o talvolta con uno solo di loro. Dopo circa un mese, però, Jasmine cominciò a perdere interesse per quei viaggi. Con i suoi centocinquant’anni era la più vecchia del gruppo. Aveva avuto il figlio più di un secolo prima, aveva scoperto che in fondo i bambini non le interessavano, e su Poseidone non ne aveva più avuti.

La situazione fra i tre era diventata imbarazzante. Lilo si era trasferita da loro e per un po’ era andato tutto bene. Ma era diventato via via più chiaro che Jasmine era più attratta da Lilo che da Cathay. A Cathay dispiaceva ed era un po’ risentito nei confronti di Lilo. Jasmine parlava di sottoporsi a un cambiamento di sesso, il che disturbava ancora di più Cathay che era un maschio convinto, senza nessun interesse per gli altri uomini. A Lilo, invece, piacevano tutti e due. Lei aveva una personalità stabilmente femminile, anche se non quanto l’aveva stabilmente maschile Cathay, ed era stata maschio solo per tre dei suoi cinquantasette anni. Jasmine apparteneva alla maggioranza senza preferenze.

Passavano i mesi. Jasmine si fece cambiare di sesso da Mari. Per un po’ sembrò che potesse funzionare con tutti e tre insieme, ma alla fine Jasmine si allontanò dalle loro vite. Lilo e Cathay andavano d’accordo, tranne che in un campo.

«Sei pazza. Di qui ce ne andremo solo quando lo vorrà Tweed.»

«Non accadrà mai.» Non voleva discutere, ma non riusciva a non sentirsi irritata per come lui accettava la prigionia. Lo guardò e vide se stessa dieci anni dopo.

«Hai ragione,» annuì lui. «Non accadrà mai. A meno che tu non creda che sia possibile trovare un modo per sconfiggere gli Invasori…»

«E non lo credo, non per…»

«… nel qual caso verremmo considerati degli eroi in tutto il sistema solare. Altrimenti uno di questi giorni finirà il denaro e si stancherà del progetto.»

«E noi saremo eliminati.»

«Esatto. Non crederai certo che questa prospettiva mi piaccia. Ma che diavolo possiamo farci?»

«Possiamo dedicare tutte le nostre energie a cercar di fare qualcosa!»

«Bene, bene. Sono d’accordo. Cos’hai in mente?»

Lilo inghiottì la rabbia e si sforzò di ragionare con calma. Si arrivava sempre a questo: fammi una proposta concreta, dimmi il tuo piano. E tutte le volte che ne suggeriva uno, ancora approssimativo e molto ipotetico, qualcuno ci trovava un milione di difetti.

«Non ho niente di preciso,» ammise, di nuovo.

«Ah. Perché non ci pensi di più?»

«Ma non troverò mai un piano se qualcuno non mi aiuta! Non capisci che arrendersi è il modo più sicuro per restare per sempre qui? So che tutti i miei piani di fuga erano cattivi. Finora! Ma mi trovo sempre davanti a questo atteggiamento fatalistico. Anche con te! Questo continua a sorprendermi.» Si fermò, calmandosi. Non aveva avuto intenzione di urlare e adesso lui sembrava offeso. Lo abbracciò. Per un po’ non rispose, ma a poco a poco si ammorbidì.

Era bello stare con Cathay. Era un amante delicato, un uomo buono. Una persona di cui poteva fidarsi.

«Alcuni si stanno dando da fare per trovare il modo di fuggire,» disse lui. «Ma l’ultima che ho sentito, è che anche loro sono arrivati a un punto morto. Forse ti piacerebbe parlargli. C’era un piano per spostare questa maledetta luna. Ma è folle.»