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Lilo la pensava in modo completamente diverso, e con lei Niobe, Vejay e Cass.

«Sai cosa credo?» esclamò Lilo. «Credo che non si sia mai presentata un’occasione migliore per cercare di impadronirsi di Poseidone.»

Aspettò che la reazione a queste parole si placasse. Respirava con forza, e intendeva far valere le proprie ragioni. Se fosse riuscita a convincerli, forse avrebbe convinto anche se stessa. Non voleva morire, e la sua proposta sembrava pericolosa, anche a lei.

«Voglio dire questo: qual è il momento migliore per rischiare se non quando l’alternativa è altrettanto brutta? Io sono disposta a farlo. Voi?»

La discussione si protrasse inutilmente nel cuore della notte. Il massimo che Lilo riuscì a ottenere fu il consenso a parlarne ancora e l’impegno dell’appoggio se fosse riuscita a elaborare un piano.

Uno l’aveva, ma appena abbozzato. Dipendeva da come si sarebbero evolute le circostanze, ma ogni piano presupponeva di essere a bordo della nave che avrebbe fatto cadere il buco su Giove. Se le fosse riuscito, avrebbe potuto pensare a come impadronirsi della nave e tornare a prendere gli altri.

Così avvicinò una Vaffa per accennare alla possibilità di servirsi della nave per lanciare un’altra sonda biologica. Osservò che sarebbe stato ragionevole unire le due missioni. Il rimorchiatore elettromagnetico avrebbe potuto lasciar cadere il buco in modo che passasse attraverso il centro di Giove, poi effettuare una leggera deviazione nella traiettoria per lanciare una sonda carica di strumenti, mandandola a sfiorare l’atmosfera.

Dopo essersi consultata con i suoi cloni e aver esaminato le direttive di Tweed, Vaffa approvò il progetto. Lilo disse che avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la aiutasse e propose Vejay. Vaffa lo escluse immediatamente, poiché non aveva una buona reputazione. Lilo si affrettò a fare il nome di Cathay come alternativa. Non voleva che la Vaffa pensasse che c’era un progetto di fuga.

Contava sul fatto che, sebbene Tweed potesse sapere cosa avrebbe fatto in fase di progettazione e di preparazione, non poteva predire come avrebbe reagito di fronte a un’occasione imprevista. La sua intenzione era di porsi in una situazione in cui si potesse presentare un’opportunità del genere.

Disse a Vejay di trovare un sistema che permettesse a Cathay di uccidere o neutralizzare il pilota del rimorchiatore e, con un po’ di fortuna, assumere il controllo dell’astronave. Di proposito, non fece nessun piano per liberarsi dei Vaffa. Non solo le sembrava impossibile, ma era convinta che eventuali piani l’avrebbero danneggiata anziché aiutarla. Tutto andava fatto a braccio. Sarebbe salita sulla nave e sarebbe stata attenta a cogliere qualsiasi possibilità.

Fece del suo meglio per non pensarci. Infatti le sembrava un progetto folle. Tweed li sorprese e per poco non rovinò tutto. I cospiratori si riunirono in fretta appena Lilo venne a sapere cosa sarebbe effettivamente successo.

«Ecco cosa capita a fidarsi delle voci,» commentò Niobe.

«Avremmo dovuto pensarci,» osservò Vejay. «Se avesse usato il nostro buco nero ci saremmo trovati in difficoltà. Il generatore a fusione di emergenza avrebbe soddisfatto le nostre necessità, ma saremmo stati ai limiti.»

«È solo che non pensavo che gli interessassimo fino a questo punto,» disse Niobe.

Ciò che Tweed aveva fatto era stato comprare un secondo buco nero sul mercato libero di Plutone. Era in viaggio verso la Luna per diventare la nona stazione energetica orbitante, ma quello che nessuna autorità sapeva era che Tweed intendeva farlo prima passare attraverso Giove.

Era semplice, era economico. Tipico di Tweed. Appena era possibile, con ogni singola mossa sviluppava più di un progetto. Il buco, in orbita intorno alla Luna, gli avrebbe permesso di riscuotere profitti enormi, cosicché le spese per la realizzazione del piano sarebbero state giustificate e assorbite. Il grande rimorchiatore elettromagnetico che aveva accelerato il buco di Plutone l’avrebbe lasciato andare da una parte di Giove, avrebbe atteso che gli passasse attraverso e l’avrebbe recuperato dall’altra parte.

Lilo fece presente a Vaffa che sarebbe stato sempre possibile usare il piccolo razzo di Poseidone per andare incontro alla nave più grande. Vaffa ci pensò su e alla fine approvò l’idea. Le Vaffa potevano anche sospettare l’esistenza di un piano, ma si sentivano sufficientemente sicure per quanto riguardava il piccolo razzo. Aveva la strana caratteristica di esplodere se superava una certa distanza dal campo gravitazionale di Giove: un’altra delle innumerevoli precauzioni contro le fughe.

Il piccolo razzo era di un modello standard, poco più di un motore e di un telaio pieno di sedili. Tre dei quattro sedili erano occupati da corpi argentei mentre un Vaffa rallentava fino a scendere alla velocità dell’enorme rimorchiatore.

Lo aveva avvicinato dal davanti, su un fianco. Nessuno di loro voleva portarsi all’estremità posteriore dell’astronave. Là, da qualche parte, sostenuto da linee invisibili di forza magnetica, c’era un buco nero più piccolo di una capocchia di spillo, ma con una massa grande come quella di un asteroide medio. Non conveniva avvicinarvisi troppo.

Lilo cercava di destreggiarsi con tutti i fattori che aveva in mente, aspettando l’occasione che, se si fosse presentata, sarebbe potuta durare solo una frazione di secondo. Il rimorchiatore aveva un equipaggio di un’unità. Solo Vaffa era in comunicazione con lui. La capsula di gas artigianale nascosta nella sonda fissata all’esterno del razzo. Vaffa con la propria arma al fianco. Tempi e traiettorie: venti minuti allo sgancio, a quando il rimorchiatore avrebbe lasciato andare il buco nero e si sarebbe allontanato; trenta minuti al cambiamento di direzione che avrebbe immesso la sonda nella traiettoria giusta per sfiorare l’atmosfera gioviana.

Cathay doveva cercare di entrare nel rimorchiatore per primo (alla camera stagna poteva accedere solo una persona alla volta). Dopo dipendeva da lui. Se avesse narcotizzato l’uomo all’interno, erano costretti a cercare di sopraffare Vaffa. Avrebbero potuto farcela, con l’aiuto della sorpresa.

A dieci metri di distanza Vaffa lanciò una linea magnetica al rimorchiatore e lasciò che li trainasse. I tre si alzarono dai sedili e cominciarono a ormeggiare il piccolo razzo. Lilo vide Cathay avvicinarsi al portello dov’era nascosta la bomba a gas e cercò di frapporsi fra lui e Vaffa.

«So cosa tenti di fare,» disse Vaffa con calma.

«Un’ispezione,» disse Lilo, disperata. «Dobbiamo…»

«Fatemi vedere.» Stava mettendo mano al laser.

Lilo puntò un piede sul razzo e gli si lanciò contro. Lo colpì con una testata allo stomaco, facendolo piegare in due. Vide il laser passarle davanti alla faccia, mentre lui allentava per un attimo la presa. Gli colpì il polso con il taglio della mano e l’arma si allontanò da loro roteando.

«La camera stagna!» gridò. «Entra nella camera stagna! Presto!»

Non riusciva a vedere se Cathay si stesse muovendo. Vaffa le sferrò un pugno al mento, ma la forza del colpo gli fece girare il corpo abbastanza da schivare. Era stato un riflesso istintivo, ma eira un comportamento sbagliato in assenza di peso. Si rese conto del proprio errore e stava per cambiare tattica, allorché si accorse che era uscito dalla portata della nave e del razzo. Afferrò il piede di Lilo quando gli passò accanto, proprio mentre lei cercava di aggrapparsi a una sporgenza del razzo. Vaffa tirò, Lilo gli dette un calcio, mollando però la presa. I due cominciarono ad allontanarsi dal razzo, non velocemente, ma senza che avessero modo di tornare indietro con i loro mezzi. A meno che…

Lilo gli diede altri calci, colpendolo alla mascella. Vaffa la strinse con la forza della disperazione, finché Lilo dovette fermarsi perché non era più rivolta verso la nave, La sua idea era stata quella di spingerlo lontano da sé e di tornare indietro così. Ma l’aveva capito anche Vaffa, e non appena Lilo smise di tirare calci, cominciò ad arrampicarglisi su per la gamba. Fra un secondo sarebbe stato lui ad allontanare Lilo dalla nave.