Misi da parte le elucubrazioni politiche e mi preparai ad ascoltare la proposta che stava per farmi. Di qualsiasi cosa si trattasse, doveva essere meglio di quanto mi aspettava.
«Non si faccia venire idee strane,» disse col suo famoso brontolio da basso. «Sono refrattario a qualsiasi attacco.»
Lilo si rese conto che parlava di attentati alla propria vita. Niente era più lontano dalle sue intenzioni. Era lì, dove non aveva nessun diritto di essere; le aveva appena mostrato quello che doveva essere un clone illegale; non riusciva a trovare alcun motivo per un simile comportamento se non che avesse qualcosa da offrire. E lei era molto interessata di sentire di cosa si trattasse.
«Nei nostri futuri colloqui scoprirà che sarò invariabilmente protetto.»
«Non vedo come questa informazione possa essermi utile, a meno che non abbia a che fare con lei in futuro. Come sa, attualmente il mio futuro è limitato.» Cercava di parlare con noncuranza, di impedire che la voce tradisse la sua speranza, ma era impossibile. Il peso colpevole del coltello contro la coscia e il filo di sangue sul braccio testimoniavano quale fosse la sua possibilità di contrattazione in quella conversazione.
«Sì, avrà a che fare con me in futuro. Lei,» indicò il bagno, «o quella… altra donna. Toccherà a lei scegliere.»
Poteva sentire i rumori provenienti dal bagno: l’acqua che scorreva e una voce arrabbiata che riconosceva appena come la propria. La sua gemella si stava svegliando, e quel risveglio le faceva paura.
«Fra cosa devo scegliere?»
«Innanzitutto, si deve rendere conto della sua posizione. Io…»
«So qual è la mia posizione, maledizione! Vada avanti.»
«Sia paziente. Prima voglio che sappia alcune cose.» Tacque, quindi prese un sigaro, lo spuntò e l’accese con meticolosità. Era una persona straordinariamente brutta, pensò Lilo, della bruttezza che solo una caricatura può raggiungere. Repellente come un fantasma contorto e deforme della vecchia Terra.
«Il clone è stato sviluppato illegalmente, è chiaro,» riprese Tweed. «Ma lei non può più testimoniare niente. Non avrà mai la possibilità di raccontare a nessuno quello che ha visto qui oggi, se decidesse di rifiutare la mia proposta. Da ora in poi avrà contatti solo con Vaffa e Hygeia, le due guardie che ha appena visto. Mi sono tutte e due fedeli.»
«Cos’altro può dirmi che mi interessi sapere? Non ha fatto tutto questo solo per schernirmi. Lei è un… non importa. Non mi piace molto. Non mi è mai piaciuto,»
«E lei non piace a me. Ma posso servirmi di lei. Voglio che lavori per me.»
«Bene. Quando cominciamo? Come ha osservato, è meglio fare alla svelta, perché non ho poi tanto tempo.» Ma il sarcasmo suonò falso, anche alle sue orecchie, perché le faceva male la gola mentre diceva quelle parole. Lui rise, educatamente, e lei era così ricettiva nei suoi confronti che fu sul punto di ridere. Si trattenne quando l’inizio di risata minacciò di trasformarsi in singhiozzo.
«C’è quel piccolo problema,» concesse. «Le offro la possibilità di sfuggire all’esecuzione. Le offro una controfigura.»
Guardò la porta del bagno — si sentiva un rumore di lotta — e poi di nuovo lei. Sollevò le sopracciglia.
L’acqua fredda mi aveva tolto il respiro e mi era sembrato di soffocare, ma ero un po’ meno intontita. Era la prima volta in quei pochi minuti che riuscivo a pensare coerentemente. Quello che più volevo al mondo era dormire, ma gli eventi si susseguivano troppo in fretta e, apparentemente, erano al di fuori del mio controllo.
Tweed! Ecco come si chiamava. Che ci faceva nell’altra stanza, a parlare con qualcuno che aveva il mio stesso aspetto, nella mia cella? E la vasca? Ero morta? Mi ero svegliata in un contenitore, il che doveva significare che ero morta. Ma ero stata condannata a morte; non mi sarei dovuta svegliare mai più.
Misi la faccia sotto il getto freddo. Non ti addormentare, non ti addormentare. Sta succedendo qualcosa di importante e tu ne sei esclusa. Sputai e respirai a fatica, dandomi degli schiaffi in faccia, sulle gambe e sulle spalle. Mi sembrava di capire adesso, ed era lurido, marcio; così brutto che non riuscivo a crederci. Ma dovevo farlo.
Barcollai e caddi contro la parete della doccia. La guardia donna mi prese per un braccio e mi alzò in piedi. Non riuscivo a mettere a fuoco gli occhi. Cercai di colpirla, ma era grande e attenta e il colpo non andò a segno. Poi scappai fuori urlando.
Uscì di corsa dal bagno, seguita dall’uomo e dalla donna. L’uomo la afferrò, ma era scivolosa e forte di una forza isterica. Riuscì a liberarsi, dandogli un calcio con i piedi nudi mentre lottavano avvinti per terra, per poi dirigersi carponi verso la donna seduta sulla poltrona. Gridò di nuovo.
Sbatté violentemente contro un tavolo nel tentativo di alzarsi in piedi, barcollò e rovinò davanti al divano sul quale era seduto Tweed. Il secondino la riprese e cominciò a trascinarla via, ma Tweed sollevò una mano.
«Lasciala stare,» disse. «Penso che sia la sua stanza, dopo tutto.» Guardò Lilo, che sembrava pietrificata dal fascino. Non riusciva a distogliere gli occhi dalla donna stesa per terra. «Naturalmente, a meno che lei non desideri altrimenti.»
Lilo si impose di non guardare più il clone. Aprì la bocca per parlare, ma le parole le rimasero in gola. Il clone la stava guardando di nuovo. Sulla faccia di Lilo si era dipinto un terrore mortale. Accettare l’offerta di Tweed avrebbe significato condannare a morte quella donna. Non voleva pensarci.
Ma adesso il clone stava guardando Tweed, e Lilo poteva quasi sentirne la mente al lavoro. Si afferrò al bordo del divano e si alzò in ginocchio.
«Non so di cosa steste parlando,» disse, «ma penso che dovreste dirmelo. So di non essere aggiornata; mi sono appena svegliata. È successo qualcosa, questo lo vedo. Ho ottenuto il rinvio dell’esecuzione, giusto? Lei è quella che penso di essere io, solo sei mesi dopo, giusto?»
«È giusto,» rispose Tweed con un sorriso.
Lilo si sentì percorrere da un brivido e si rese conto di aver paura del clone. Non voleva che Tweed le sorridesse. Non c’era motivo di pensare che Tweed avesse una preferenza; il clone poteva servire ai suoi scopi quanto l’originale. Non era detto che dovesse essere salvata lei, solo perché era più vecchia.
«Qualunque sia il patto,» stava dicendo il clone, «io posso andar bene quanto…»
«Accetto,» disse Lilo, più forte che poté. Tweed la guardò.
«È sicura?»
Il clone spostava stancamente gli occhi dall’uno all’altra.
«Sì.» Inghiottì con forza. «Sì. Uccida lei. Mi lasci vivere.»
Mi sentivo come se fossi improvvisamente scomparsa.
Le parole di Tweed e dell’altra donna mi passavano attraverso il corpo, mi passavano sopra la testa mentre restavo inginocchiata lì sul pavimento. Non potevo crederci. Non riuscivo a capire cosa stessero dicendo; le orecchie mi rombarono e mi sentivo di nuovo confusa. Credo di aver battuto la testa nel cadere.
Dovevo fare in modo che mi notassero. La mia vita dipendeva da quello. Mi alzai, barcollando, e rimasi in mezzo a loro che però continuarono a non notarmi. Era un incubo. Urlai, ma non servì a niente. Si erano alzati e stavano uscendo dalla stanza, mentre la custode si era messa fra me e la porta. Aveva una faccia dura.
Mi slanciai in avanti, lottai con la donna, ma lei mi tenne con forza. Se n’erano andati.