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— Dev'essere bellissimo — dissi.

— Infatti. Se ricordo bene, la copertina è nera, con il dorso molto sbiadito. Molti caratteri sono illeggibili e alcune illustrazioni sono state strappate, ma è un libro incredibilmente bello. Mi piacerebbe poterlo ritrovare, nonostante ormai tutti i libri per me siano inaccessibili.

«Dunque, come ho detto prima, il bambino finisce per scoprire Il libro d'oro e a quel punto sopraggiungono i bibliotecari… come vampiri, sostengono alcuni, mentre altri li vedono come i padrini fatati il giorno del battesimo. Parlano con il bambino e lo trattengono con loro. Da quel momento il fanciullo passa in biblioteca tutto il tempo che gli è possibile e ben presto i genitori non lo vedono più. Immagino che lo stesso accada tra i torturatori.

— Noi accogliamo nella corporazione i bambini che cadono nelle nostre mani — spiegai. — E sono sempre molto piccoli.

— Anche noi — mormorò il vecchio Ultan. — Perciò non abbiamo nessun diritto di condannarvi. Vai avanti a leggere, Cyby.

— Il Maestro Gurloes dell'Ordine dei Cercatori della Verità e della Penitenza saluta l'Archivista della Cittadella.

«Per volere di un tribunale abbiamo preso in custodia la persona esultante della Castellana Thecla e sempre per suo decreto dobbiamo corredare la prigionia della Castellana Thecla di quelle comodità che sono ammesse dalla ragione e dalla prudenza. Per far passare il tempo nell'attesa che arrivi il suo momento con noi, o meglio, come lei sostiene, nell'attesa che il cuore dell'Autarca, la cui generosità non conosce né mura né mari, si intenerisca nei suoi confronti, domanda che tu, in conformità con la tua carica, le conceda certi libri, vale a dire…

— Puoi tralasciare i titoli, Cyby. Quanti sono? — disse Ultan.

— Quattro, sieur.

— Allora non ci sono problemi. Continua.

— Per questo motivo, Archivista, ti saremo molto obbligati. Firmato Gurloes, Maestro dell'Onorevole Ordine comunemente detto Corporazione dei Torturatori.

— Conosci qualcuno dei titoli richiesti dal Maestro Gurloes, Cyby?

— Tre, sieur.

— Benissimo, vai a prenderli. Quale sarebbe il quarto?

— Il libro delle meraviglie di Urth e del cielo, sieur.

— Ancora meglio. Ne troverai una copia a meno di due catene da qui. Quando avrai preso tutti i volumi, puoi aspettarci alla porta dalla quale è entrato questo giovane, che temo di avere già trattenuto troppo.

Accennai a restituire il candeliere a Cyby ma lui mi indicò di tenerlo e si allontanò in una angusta corsia. Ultan si era incamminato nella direzione opposta, muovendosi con sicurezza, come se ci vedesse. — Lo ricordo bene — disse. — È rilegato in cordovano marrone, il taglio è dorato e contiene incisioni di Gwinoc colorate a mano. Si trova sul terzo ripiano da terra ed è appoggiato contro un in-folio rilegato in tela verde… mi sembra che si tratti delle Vite dei diciassette megateriani di Blaithmaic.

Più che altro per fargli capire che lo stavo seguendo (anche se sono certo che il suo udito avvertiva i miei passi), gli domandai: — Di cosa si tratta, sieur? Il libro che parla di Urth e del cielo, intendo dire.

— Oh — rispose, — non hai niente di meglio da chiedere a un bibliotecario? Noi, giovanotto, ci interessiamo dei libri, non del loro contenuto.

Colsi il suo tono divertito. — Sono convinto che tu conosca il contenuto di tutti i libri conservati qui, sieur.

— Certamente no. Ma Le meraviglie di Urth e del cielo era un classico, tre o quattrocento anni fa. Narra quasi tutte le leggende più comuni dei tempi antichi. Secondo me la più interessante è quella degli Storici; essa racconta di un'epoca in cui ogni leggenda si faceva risalire a un'età quasi dimenticata. Sono sicuro che tu noterai il paradosso. Quella leggenda esisteva, allora? Diversamente, come pervenne a esistere?

— Non parla di grandi serpenti o di donne volanti, sieur?

— Oh, certo — rispose il Maestro Ultan, chinandosi. — Ma non la leggenda degli Storici. — Con aria di trionfo afferrò un piccolo volume rilegato in pelle scrostata. — Guarda un istante, giovanotto, e dimmi se è quello giusto.

Dovetti appoggiare il candeliere sul pavimento e rannicchiarmi. Il libro era tanto vecchio, rigido e ammuffito che pareva abbandonato da almeno un secolo, ma il frontespizio confermò il trionfo del vecchio. Il sottotitolo informava: «Florilegio dei segreti universali talmente antichi che il tempo ha oscurato la loro comprensione tratti da fonti stampate.»

— Allora? — domandò il Maestro Ultan. — Avevo ragione o no?

Aprii a caso il volume e lessi: «… e con tali mezzi si poteva incidere un'illustrazione tanto abilmente che se essa fosse stata distrutta la si sarebbe potuta facilmente ricreare a partire da una qualsiasi piccola parte.»

Non so dirvi il motivo, ma quelle parole mi fecero tornare alla memoria gli eventi che avevo avuto occasione di vedere la notte nella quale mi era stato donato il crisio. — Maestro — risposi, — sei incredibile.

— No, ma sbaglio raramente.

— Ti chiedo di scusarmi se mi sono attardato un po' a leggere qualche riga del libro. Maestro, saprai certamente qualcosa dei mangiatori di cadaveri. Ho sentito dire che, cibandosi delle carni dei morti unite a un farmaco particolare, sono in grado di rivivere la vita delle loro vittime.

— Non è conveniente essere troppo informati di queste pratiche — sussurrò l'archivista. — Comunque, quando penso alla possibilità di penetrare nella mente di uno storico come Loman, o Hermas… — Quegli anni di cecità dovevano avergli fatto dimenticare quanto i nostri volti possano rivelare i sentimenti più reconditi. La luce delle candele mi mostrò il suo viso contratto in un'emozione tanto intensa che distolsi lo sguardo. Comunque, la sua voce restò calma e solenne. — Ripensando a quello che ebbi modo di leggere un tempo devo ammettere che hai ragione, anche se non mi pare che il libro che hai in mano ne parli.

— Maestro — dissi, — hai la mia parola che non ti sospetterei mai di una cosa del genere. Ma dimmi… immagina che due persone derubino insieme una tomba e che uno si prenda come bottino la mano destra e l'altro la sinistra. Quello che mangia la destra potrà rivivere solo metà della vita del morto, e il suo compagno l'altra metà? e cosa succederebbe se un terzo divorasse un piede?

— È proprio un peccato che tu sia un torturatore — commentò Ultan. — saresti stato un gran filosofo. No, per quanto so di questo spiacevole argomento, ciascuno potrà rivivere l'intera vita.

— Allora tutta la vita di un uomo sta sia nella mano destra sia nella sinistra. Anche in ogni dito?

— Ritengo che ogni partecipante debba ingoiare più di un boccone per rendere efficace il rito, ma teoricamente credo che tu abbia ragione: l'intera vita sta in ogni singolo dito.

Ci eravamo già incamminati nel ritorno. La corsia era tanto stretta che non ci permetteva di avanzare affiancati, così io lo precedevo reggendo il candelabro; un estraneo, vedendoci, avrebbe certamente pensato che io gli stessi rischiarando la strada. — Maestro — domandai ancora. — Come è possibile? Secondo il nostro ragionamento la vita dovrebbe risiedere anche nelle giunture di ogni dito e questo è sicuramente impossibile.

— Quanto è grande la vita di un uomo? — chiese Ultan.

— Non lo posso sapere; ma non è forse più grande di una giuntura?

— Tu la giudichi dall'inizio e ti aspetti molte cose da lei. Io la vedo dalla fine, e so che è stata ben poca cosa. Ritengo sia per questo motivo che quei depravati che mangiano i cadaveri ne cercano sempre di nuovi. Permettimi di farti una domanda: sai, vero, che spesso un figlio assomiglia a suo padre in maniera sorprendente?

— Sì, l'ho sentito dire, e credo che sia vero — risposi, e non potei fare a meno di pensare ai genitori che non avevo mai conosciuto.