Sforzandomi di non far tremare la voce, domandai se l'Autarca andasse veramente a letto con quelle concubine.
Il Maestro Gurloes strabuzzò gli occhi e si grattò il mento con la sua enorme mano. — Ecco, per convenienza diciamo che possiedono le cosiddette khaibit, le donne-ombra, le ragazze d'estrazione comune che assomigliano alle castellane. Non so dove le vadano a scovare, ma a quanto pare prendono il posto delle altre. Logicamente non sono alte come loro — ridacchiò. — Ho detto che ne prendono il posto, ma ritengo che a letto l'altezza non sia un gran problema. Comunque pare che spesso le cose girino diversamente. Anziché essere le ragazze-ombra a sostituire le padrone, sono queste ultime che cercano di prenderne il posto. Ma l'Autarca attuale, le cui imprese per la bocca della nostra corporazione sono più dolci del miele, e cerca di non dimenticarlo mai… insomma lui a quanto ho capito non si unisce quasi mai a una di tali concubine.
Il sollievo mi si allargò nel cuore. — Non sapevo niente di tutto questo. È molto interessante, Maestro.
Il Maestro Gurloes chinò la testa per riconoscere che avevo ragione e intrecciò le dita sul ventre. — È possibile che un giorno sia tu alla guida della corporazione. Queste cose le dovrai sapere. Quando io avevo la tua età, o forse un po' meno, fantasticavo di provenire da una famiglia esultante. Per alcuni di noi è vero, lo sai.
Pensai, e non era la prima volta, che il Maestro Gurloes e il Maestro Palaemon dovevano conoscere la provenienza degli apprendisti e degli artigiani più giovani, perché erano stati loro ad approvare la nostra ammissione.
— Non sono in grado di dirlo con certezza. Ho il fisico da cavaliere e la mia altezza è superiore alla media nonostante la durezza della mia infanzia. Perché quarant'anni fa era molto dura, ti dico.
— Lo so, Maestro.
Sospirò, con quel suono affannoso che fanno talvolta i cuscini di pelle quando ci si siede sopra. — Ma con il passare degli anni ho capito che l'Increato, scegliendomi per fare carriera nella corporazione, agiva solo per il mio bene. Sicuramente devo aver acquisito qualche merito in una vita precedente, come spero di poter fare in questa.
Il Maestro Gurloes tacque, fissando le carte che ingombravano la sua scrivania, le istruzioni dei giuristi e i fascicoli dei clienti. Finalmente, quando stavo per domandargli se avesse altro da dirmi, riprese: — In tutti questi anni non ho mai saputo di un membro della corporazione finito ai tormenti. E ne ho visti diverse centinaia, credo.
Commentai il suo discorso rifacendomi al proverbio secondo il quale è meglio essere un rospo nascosto sotto una pietra che una farfalla schiacciata dalla pietra stessa.
— Noi della corporazione siamo qualcosa di più dei rospi, però. E comunque avrei dovuto aggiungere che mai, fino a oggi, nonostante i cinquecento esultanti o più che le nostre celle hanno ospitato, mi era capitato un membro appartenente alla cerchia ristretta delle concubine dell'Autarca.
— La Castellana Thecla era una di loro? L'hai detto poco fa, Maestro.
Lui annuì, cupo. — Non ci sarebbero problemi se dovesse andare subito al tormento, ma non è così. Forse passeranno anni, forse non accadrà mai.
— Credi che possano liberarla, Maestro?
— È una pedina nella partita tra l'Autarca e Vodalus… questo lo so. Sua sorella, la Castellana Thea, è scappata dalla Casa Assoluta per andare con lui. Almeno per qualche tempo mercanteggeranno con Thecla e, mentre lo fanno, dovremo trattarla bene. Ma non troppo.
— Capisco — dissi. Mi sentivo in imbarazzo, perché non sapevo che cosa la Castellana avesse detto a Drotte e che cosa questi avesse riferito al Maestro Gurloes.
— Lei ha domandato un vitto migliore e ho già predisposto in tal senso. Ha chiesto compagnia, e quando abbiamo obiettato che le visite non sono permesse ha insistito perché sia uno di noi a passare un po' di tempo con lei, di tanto in tanto.
Il Maestro Gurloes si interruppe per asciugarsi il volto lucido con un lembo del mantello. Io annuii: — Capisco. — Immaginavo facilmente il seguito.
— Dal momento che ti ha visto in faccia, ha chiesto te. Le ho promesso che le terrai compagnia mentre mangia. Non ho domandato il tuo consenso… non solo perché devi obbedire ai miei ordini, ma soprattutto perché so che sei fedele. Quello che ti chiedo è di non dispiacerle, senza piacerle troppo.
— Farò quello che posso. — Il tono sicuro della mia voce mi stupì.
Il Maestro Gurloes sorrise, come se si fosse finalmente rilassato. — Sei intelligente, Severian, per quanto tu sia ancora giovane. Sei mai stato con una donna?
Quando noi apprendisti parlavamo di tali argomenti, raccontavamo una gran quantità di fantasiose invenzioni, ma in quel momento non ero con i miei compagni, perciò scrollai il capo.
— Non sei mai andato dalle streghe? Meglio così. Io sono stato istruito in questo genere di commercio, ma non credo che manderei qualcun altro da loro. Tuttavia è probabile che la Castellana intenda farsi riscaldare il letto. Non lo devi fare. La sua gravidanza sarebbe un problema… potrebbe imporre un ritardo al tormento e disonorare la corporazione. Mi segui?
Annuii.
— I ragazzi della tua età sono irrequieti. Ti farò accompagnare dove questi mali vengono guariti in fretta.
— Come desideri, Maestro.
— Come? Non mi ringrazi?
— Grazie, Maestro — dissi.
Gurloes era una delle persone più complesse che avessi mai conosciuto, perché era un uomo complicato che faceva di tutto per sembrare semplice. Semplice dal suo punto di vista, che era quello di un individuo complicato. Come il cortigiano diventa brillante e regredisce, trasformandosi in una via di mezzo tra un maestro di ballo e un diplomatico magari con qualcosa del sicario, allo stesso modo il Maestro Gurloes era diventato l'uomo che un procuratore o un balivo si aspettavano di vedere quando si rivolgevano a noi, ossia esattamente quello che un torturatore non può essere. E il suo sforzo era visibile. Beveva molto e quando lo faceva soffriva di incubi, come se il vino, invece di chiudere le porte della sua mente, le spalancasse, facendolo barcollare nelle ultime ore della notte alla ricerca di un sole che avrebbe bandito i fantasmi dalla sua spaziosa cabina e gli avrebbe permesso di vestirsi e di assegnare i compiti agli artigiani. Talvolta saliva fino in cima alla torre, sopra i cannoni, e aspettava, parlando da solo e scrutando i primi raggi attraverso un vetro che si diceva fosse più duro della pietra. A parte il Maestro Palaemon, era l'unico nella nostra corporazione a non temere le energie di quel luogo e le bocche invisibili che a volte parlavano agli uomini e a volte alle bocche di altre torri e altre fortezze. Amava la musica, e quando la ascoltava batteva la mano sul bracciolo e il piede per terra; la musica che preferiva era quella dal ritmo troppo sottile per evitare una regolare cadenza. Mangiava eccessivamente e troppo di rado, leggeva a nostra insaputa e visitava tutti i clienti, incluso uno del terzo livello, per parlare di argomenti che noi, in ascolto nei corridoi, non riuscivamo a capire. I suoi occhi brillavano più di quelli di una donna. Sbagliava a pronunciare parole di uso comune quali urticare, salpinge, bordereau. Non so descrivervi che aspetto terribile avesse quando sono ritornato, poco tempo fa, alla Cittadella, che aspetto terribile abbia adesso.
VIII
IL CONVERSATORE
Il giorno seguente portai per la prima volta la cena a Thecla. Rimasi insieme a lei per un intero turno di guardia, spiato da Drotte attraverso lo spioncino della porta. Facemmo dei giochi di parole, e lei risultò indiscutibilmente più brava di me; poi parlammo delle cose che riferiscono quelli che fanno ritorno dalla morte e lei mi disse cosa aveva letto in proposito nel più piccolo dei libri che le avevo portato… non solo le opinioni riconosciute dai gerofanti, ma anche le varie teorie eccentriche ed eretiche.