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— Tu non sei la Castellana Thecla — dissi. — Cosa sto facendo qui con te?

La mia voce disse più di quanto volessi. La donna si voltò verso di me e la stoffa leggera del vestito le scivolò dai seni. Sul suo volto si era dipinta la paura: doveva essersi già trovata altre volte in situazioni come quella e doveva essere finita male, per lei. — Sono Thecla — disse. — Se desideri che lo sia.

Sollevai la mano e lei si affrettò ad aggiungere: — Qui ci sono delle persone che mi proteggono. Devo solo urlare. Potrai colpirmi una volta, ma non la seconda.

— No — dissi.

— Sì, ci sono. Tre uomini.

— Non c'è nessuno. Il piano è completamente deserto e freddo… ho notato il silenzio. Roche e la sua compagna sono rimasti di sotto, forse in una camera migliore dal momento che ha pagato lui. La donna che abbiamo incontrato sulla scala se ne stava andando e prima voleva parlarti. Forza. — L'afferrai per la vita e la sollevai. — Urla. Non verrà nessuno. — Lei tacque. La lasciai cadere sul letto e dopo un momento mi sedetti al suo fianco.

— Sei arrabbiato perché non sono Thecla. Ma per te lo sarei stata. Lo sarò. — Mi sfilò la giacca dalle spalle e la lasciò cadere. — Sei molto forte.

— No. — Invece ero consapevole del fatto che alcuni ragazzi che mi temevano erano già robusti.

— Fortissimo. Ma sei abbastanza forte da dominare la realtà, almeno per un poco?

— Cosa intendi dire?

— I deboli credono a quello che viene loro imposto. I forti a quello che vogliono credere e lo obbligano a diventare realtà. Cos'è l'Autarca se non un uomo che crede di esserlo e costringe anche gli altri a pensarlo?

— Tu non sei la Castellana Thecla — replicai.

— Ma non capisci? Nemmeno lei lo è. La Castellana Thecla, che certamente tu non hai mai visto… No, mi sto sbagliando. Sei stato nella Casa Assoluta?

Mi teneva la destra fra le sue piccole mani calde. Scrollai il capo.

— Talvolta i clienti affermano di esserci stati. Mi piace sempre ascoltarli.

— Ci sono stati? Davvero?

Lei alzò le spalle. — Stavo solo dicendo che la tua Castellana Thecla non è la Castellana Thecla, fa parte solo della tua mente ed è solo lei a interessarti. La vera Castellana Thecla è diversa, proprio come lo sono io. Allora, qual è la differenza tra noi?

— Non esiste, credo.

Mentre mi spogliavo aggiunsi: — Comunque, ciascuno di noi cerca di scoprire la realtà. Per quale motivo? Forse siamo attratti verso il teocentro. Lo sostengono i gerofanti e pare che sia la sola cosa vera.

Lei mi baciò le cosce, consapevole della sua vittoria. — Sei veramente pronto a scoprirlo? Dovrai essere molto fortunato, ricordatelo, altrimenti sarai consegnato ai torturatori. Non ti piacerebbe.

— No — risposi, e le presi la testa fra le mani.

X

L'ULTIMO ANNO

Penso che il Maestro Gurloes intendesse mandarmi spesso in quella casa per evitare che io mi sentissi attratto dalla Castellana Thecla, ma lasciai che Roche intascasse il denaro e non ci tornai più. La sofferenza era stata troppo gradevole, il piacere troppo doloroso: temevo che la mia mente con il tempo non sarebbe più stata la stessa.

Inoltre, prima che io e Roche uscissimo dalla casa quella sera, l'uomo dai capelli bianchi fissandomi aveva estratto dal vestito quella che a prima vista mi era parsa un'icona ma che in realtà era una boccetta dorata a forma di fallo. Mi aveva sorriso e dal momento che quel sorriso non rivelava altro che amicizia, mi ero spaventato.

Passarono alcuni giorni prima che riuscissi a separare il pensiero di Thecla da certe impressioni legate alla falsa castellana, che mi aveva iniziato agli svaghi anacreontici degli adulti. Forse aveva avuto un effetto opposto a quello desiderato dal Maestro Gurloes, non so. Penso di non essere mai stato meno incline ad amare quella donna sfortunata che non nei giorni seguenti la serata in cui l'avevo illusoriamente posseduta. Da quando iniziai a capire con sempre maggiore chiarezza che si trattava di una menzogna, mi sentii portato a mettere ordine negli eventi e mi sentii allettato, tramite lei, dal mondo dei privilegi e dall'antica conoscenza che esso rappresentava; ma allora non mi rendevo conto del ruolo giocato da quella prigioniera.

I libri che le avevo consegnato divennero la mia università e lei il mio oracolo. Non sono una persona istruita… il Maestro Palaemon mi ha insegnato solamente a leggere, scrivere e contare, a conoscere pochi fatti del mondo fisico e i concetti fondamentali del nostro mistero.

Se qualche volta uomini istruiti mi hanno ritenuto, se non un loro pari, per lo meno non indegno della loro compagnia, questo è dovuto esclusivamente a Thecla — la Thecla che ricordo, che è viva in me — e ai suoi quattro libri.

Non descriverò quello che leggevamo insieme e le considerazioni che facevamo al riguardo: se ne raccontassi anche sola una piccola parte consumerei questa breve notte. Durante tutto quell'inverno, mentre la neve imbiancava il Vecchio Cortile, salivo dalla segreta come se riemergessi dal sonno, e iniziavo a osservare le impronte che i piedi lasciavano al mio passaggio e la mia ombra sulla neve. Thecla era triste, ma riusciva ugualmente a gioire nel raccontarmi i segreti del passato, le congetture delle più alte sfere del potere, le armi e le vicende di eroi morti da millenni.

Giunse la primavera e con essa i gigli striati di porpora e bianco della necropoli. Io glieli portavo e lei sosteneva che la mia barba era spuntata come quei fiori, che avrei dovuto avere le guance più bluastre degli uomini comuni; il giorno seguente mi domandava perdono e affermava che aveva mentito. Con la bella stagione e, penso, con i miei fiori, il suo spirito si elevava. Quando guardavamo gli stemmi delle vecchie famiglie mi parlava delle sue amiche e dei loro matrimoni: una aveva barattato il suo futuro con una rocca in rovina perché l'aveva sognata; un'altra che aveva giocato con lei da bambina era diventata proprietaria di terre che si estendevano per migliaia di leghe. — E prima o poi ci sarà un nuovo Autarca e forse un'Autarchia, Severian. Le cose possono restare immutate anche a lungo, ma non per sempre.

— Io non so quasi nulla della corte, Castellana.

— Meno ne sai e più potrai vivere felice. — Tacque, mordicchiandosi con i denti bianchi il delicato labbro inferiore. — Quando stavo per nascere, mia madre si fece condurre dai servitori alla Fonte Vatica, che si dice abbia il potere di predire il futuro. La Fonte profetizzò che mi sarei seduta su un trono. Thea mi ha sempre invidiata per questo. Tuttavia l'Autarca…

— Sì?

— Farei meglio a tacere. L'Autarca non è come gli altri e qualsiasi cosa io possa dire, su tutta Urth non c'è nessuno come lui.

— Lo so.

— Allora questo ti basti. Guarda. — Mi fece vedere il libro marrone. — Qui c'è scritto: Era opinione di Thalelaeus il Grande che la democrazia, ossia il popolo, desiderasse essere governata da una forza superiore. Yrierix il Saggio, invece, riteneva che la gente comune non avrebbe mai permesso a nessuno di detenere un alto ufficio. Comunque, entrambi sono detti Perfetto Maestro.

Non capivo cosa volesse dire, perciò tacqui.

— In realtà nessuno sa che cosa farà l'Autarca. E questo è tutto. O Padre Inire. Quando entrai a corte mi venne detto in gran segreto che chi veramente decideva le sorti della Repubblica era Padre Inire. Dopo due anni, un uomo molto importante del quale non posso fare il nome mi confessò che era l'Autarca a governare, sebbene all'interno della Casa Assoluta potesse sembrare che fosse Padre Inire. E lo scorso anno una donna, e il suo giudizio mi pare il più veritiero, mi disse che non importava affatto che fosse l'uno piuttosto che l'altro a comandare nelle questioni più importanti, perché entrambi erano imperscrutabili quanto gli abissi del mare e se uno prendeva le sue decisioni quando la luna era crescente e l'altro quando soffiava il vento dall'est, nessuno avrebbe comunque colto la differenza. Mi parve un giudizio assennato, fino al momento in cui mi resi conto che stava solamente ripetendo qualcosa che le avevo detto io stessa l'anno precedente. — Thecla tacque, stendendosi sul letto con i capelli scuri sparsi sul cuscino.