La donna stava lavorando nuovamente sulla manopola di selezione, con l’attenzione rivolta a uno schermo più piccolo sopra i quattro schermi della Kwembly. Inizialmente una spia accanto allo schermo splendeva di un rosso intenso; poi, mentre Easy lavorava sui comandi la spia divenne verde e sullo schermo comparve l’immagine di una stanza arredata a ufficio con una dozzina di mescliniti che si aggiravano qua e là. Subito Easy iniziò a parlare.
Il rapporto fu breve. Tutto quello che poteva fare era ripetere le poche parole di Dondragmer. Terminò molto prima che lo schermo mostrasse le conseguenze di quanto aveva riferito.
Quando la risposta arrivò, comunque, si sentì soddisfatta. Tutti gli esseri a forma di bruco in vista si affrettarono verso la trasmittente. Anche se Easy non aveva mai imparato a leggere le espressioni sul volto dei mescliniti, non vi erano difficoltà nell’interpretare le zampe che si agitavano e le pinze che sbattevano. Una delle creature si precipitò verso una porta semicircolare sull’altro lato della stanza e scomparve dalla vista. Nonostante il colore rosso e nero dei mescliniti, Easy non poteva fare a meno di associarli alla vista di sua figlia che, qualche anno prima, portava alla bocca una forchettata di spaghetti. Un mesclinita che correva in un campo di quaranta gravità sembrava filiforme e senza zampe all’occhio umano.
Il suono non era ancora arrivato, ma nel salone il mormorio cresceva d’intensità. Non era certo anormale che i ricognitori di terra incontrassero delle difficoltà. In genere però i mescliniti affrontavano i problemi con spirito molto più tranquillo degli umani, che invece stavolta si limitavano a guardare immobili. Nonostante l’impossibilità di usare il sistema di comunicazione interno per motivi estranei al servizio, la gente cominciò a fare ingresso nella stanza e a sedere sulle poltroncine rimaste libere. Gli schermi vennero attivati e sintonizzati sul quartier generale mesclinita. Allo stesso momento, Easy e Mersereau dividevano l’attenzione tra i quattro schermi di comunicazione con la Kwembly, lanciando solo un’occhiata di quando in quando al piccolo schermo soprastante.
Dalle immagini non si sarebbe detto che la Kwembly stava galleggiando perché i movimenti venivano ripartiti tra le trasmittenti e non vi erano oggetti in vista che rotolassero o si muovessero in modo da dare l’impressione di navigare. La maggior parte dell’equipaggio era praticamente cresciuta sul mare e l’abitudine di una vita faceva sì che nulla venisse lasciato malfermo. Easy mantenne lo sguardo sul ponte sperando di vedere qualcosa all’esterno in grado di rivelarle le condizioni atmosferiche, ma nulla di riconoscibile comparve attraverso le vetrate.
Improvvisamente queste vennero nascoste dal corpo di Dondragmer che si avvicinava alla telecamera per trasmettere il suo rapporto.
— Si direbbe che non corriamo pericoli immediati. Il vento ci sta spingendo in avanti abbastanza rapidamente, a giudicare dalla scia che ci lasciamo dietro. La nostra rotta magnetica è sessantasei. Siamo immersi fino alla linea di galleggiamento, cioè fino al ponte numero due. I nostri scienziati stanno cercando di calcolare la densità di questo liquido, ma nessuno finora si era preso la briga di realizzare delle tabelle di dislocamento per questo scafo. Se voi umani avete questa informazione, la mia gente sarà felice di averla. Comunque, finché non andiamo a cozzare contro qualcosa di solido, eventualità che ritengo improbabile, non vedo cosa possa succedere. Tutti i macchinari stanno funzionando a dovere e l’unico inconveniente è che le ruote non hanno nulla su cui far presa. Se diamo potenza però funzionano. Per ora questo è tutto. Se i vostri satelliti riescono a monitorizzare la nostra posizione saremmo felici di sapere a che velocità procediamo. Riferite tutto a Barlennan e ditegli che per adesso va meglio del previsto.
Easy si sintonizzò con la base mesclinita e iniziò a ripetere il rapporto di Dondragmer. Si rese conto, dopo un po’, che tutto veniva trascritto su carta da un zelante graduato. Dentro di sé si augurò che avesse qualcosa da domandarle: non avrebbe potuto rispondere a molte domande, ma stava cominciando a provare nuovamente quella sensazione di inutilità e precarietà che l’angosciava tante volte. Il mesclinita, invece, si limitò ad annunciare che la trasmissione era stata ricevuta alla perfezione e si avviò verso la porta con le sue note. Easy fu lasciata sola a chiedersi quanto lontano doveva andare per portare gli appunti a Barlennan. Nessun umano aveva un’idea precisa della configurazione della base mesclinita.
In effetti però il tragitto fu breve. La maggior parte del viaggio sembrò svolgersi all’esterno per via del timore dei coloni per qualsiasi tipo di copertura, un timore difficile da dimenticare persino su un pianeta dove la gravità equivaleva a una frazione del valore normale su Mesklin. La copertura della base era eseguita interamente in materiale trasparente portato appositamente dal loro pianeta natale. La sola differenza nei confronti di una comune sezione di città a più livelli consisteva nel fatto che tutti gli edifici erano a un singolo piano. Infatti, il pensiero di una struttura a più piani non era mai passato per la mente dei mescliniti: la struttura multi-piano della Kwembly e degli altri ricognitori si doveva principalmente alla progettazione umana e paneshk.
Il mesclinita avanzò zigzagando lungo un corridoio, da cui si dipartivano altri corridoi, per non più di centocinquanta metri prima di raggiungere l’ufficio del comandante. L’ufficio si trovava sul lato settentrionale dell’insieme di strutture alte un metro che formavano il corpo centrale della colonia. Il terreno circostante era ondulato e la base mesclinita si trovava a ridosso di una balza alta forse un paio di metri che si estendeva per un chilometro e mezzo da est a ovest, interrotta qua e là da una dozzina di rampe artificiali. Subito dietro la base, con il ponte che pareva torreggiare sulla colonia, si trovavano due dei giganteschi ricognitori. Anche la parete dell’ufficio di Barlennan era trasparente e dava direttamente sul più vicino dei due veicoli. L’altro era parcheggiato a due-trecento metri verso est. Dall’ufficio erano visibili anche degli operai in tuta spaziale, decisamente minuscoli paragonati all’enorme mezzo di trasporto che stavano revisionando.
Barlennan stava seguendo con aria critica il lavoro degli operai quando il messaggero bussò ed entrò. Il marinaio non pronunciò alcun saluto formale ed entrò subito nei dettagli del rapporto giunto dalla stazione spaziale umana non appena il comandante gli fece cenno di parlare. Quando Barlennan si girò per prendere il rapporto scritto, l’altro lo aveva già illustrato oralmente.
Naturalmente quanto sentì non suonò per nulla soddisfacente. Aveva pensato a una serie di domande, e il rapporto appena inviato da Easy non rispondeva a nessuna di esse. Il comandante decise di controllare la sua impazienza.
— Immagino quindi che i meteorologi umani non siano stati di nessun aiuto — disse.
— No signore, almeno per noi. Ma forse hanno parlato direttamente con la Kwembly senza consultarci.
— Già, è possibile. I nostri meteorologi sono stati messi al corrente?
— Che io sappia no, signore. Non avevamo nulla di utile da riferire, ma Guzmeen ha forse inviato un messaggio anche a loro.