Easy non fece in tempo a rispondere, perché lo stesso Aucoin fece ingresso nella stanza. Non si disturbò a salutare i presenti e andò subito al sodo, convinto che i meteorologi fossero già in grado di fornire a Easy le informazioni richieste.
— Otto virgola quattro cinque cinque gradi a sud dell’equatore e sette virgola nove due tre a est del meridiano della colonia. C’è ancora qualche chilometro di insicurezza per i nostri scienziati, o pensate vi possa andar bene?
— Ma come sono spiritosi oggi tutti quanti — borbottò McDevitt. — Grazie, penso possa andar bene. Easy, perché non scendiamo di sotto e facciamo una chiacchierata con Dondragmer?
— Va bene, ma Benj non potrebbe unirsi a noi? Vorrei fargli conoscere Dondragmer, naturalmente se qui non ha nulla da fare.
— Venire con noi e, naturalmente per caso, dare una dimostrazione delle sue capacità linguistiche. Va bene, Benj, unisciti pure a noi. Viene anche lei, Alan?
— No, ho molto da fare. In ogni caso, riferitemi qualsiasi informazione che secondo voi vale la pena di conoscere. Il blocco di Dondragmer potrebbe avere delle ripercussioni sulla pianificazione delle risorse. Sarò proprio in pianificazione, se mi cercate.
Il meteorologo annuì. Aucoin si avviò e i tre discesero la scala a pioli fino al salone delle comunicazioni. Mersereau era sparito, come aveva annunciato, ma uno degli addetti aveva cambiato posto per seguire gli schermi della Kwembly. Quando vide Easy e gli altri entrare li salutò e tornò al suo posto. Gli altri addetti alle comunicazioni prestarono loro scarsa attenzione. Si erano accorti dell’assenza di Easy e di Mersereau semplicemente perché il regolamento stabiliva che non dovessero mai rimanere meno di dieci persone nel salone delle comunicazioni. Le stazioni riceventi non venivano assegnate secondo un programma rigido: si era scoperto che in questo modo le consolle erano tutte ugualmente coperte.
I quattro canali di comunicazione stabiliti con la Kwembly terminavano ognuno su un proprio schermo, che davano su un gruppo di sei poltroncine. Gli schermi erano situati in posizione più elevata dei rispettivi altoparlanti, in modo da risultare visibili anche dalle consolle circostanti. Ogni consolle era dotata di microfono con relativo selettore, che consentiva di mettersi in contatto con una delle quattro riceventi della Kwembly, oppure con tutte le riceventi allo stesso momento.
Easy sedette comoda in una delle poltroncine centrali e posizionò l’interruttore del suo microfono in modo da contattare il ponte, su cui si trovava Dondragmer. Non vi era molto da vedere sullo schermo corrispondente, dato che l’occhio della trasmittente inquadrava la vetrata sulla parte anteriore del ponte e la nebbia era anche più fitta di come descritto dal mesclinita. Il posto del timoniere e i suoi occupanti erano parzialmente visibili in basso a sinistra sullo schermo; il resto risultava avvolto in un’ovattata atmosfera grigia, suddivisa in rettangoli dalla struttura portante della vetrata. Easy notò che le luci sul ponte erano al minimo, ma la nebbia al di là della vetrata era illuminata dalle luci esterne della Kwembly.
— Dondragmer, parla Easy. Si trova sul ponte? — disse, e posizionò l’interruttore in modo da parlare con il laboratorio. — Borndender, o chiunque mi ascolti — chiamò, sempre in stennita. — Non riusciamo a ottenere una previsione affidabile con i dati che abbiamo. Ci siamo messi in contatto con il ponte, ma saremmo felici di sentire da voi la temperatura attuale, la velocità del vento, la pressione esterna e qualsiasi elemento abbiate sulla nebbia, oltre a… — disse, esitando.
— Oltre alle stesse informazioni per le ultime ore — si intromise Benj nella stessa lingua.
— Saremo pronti per ascoltarvi non appena terminata la comunicazione con Dondragmer — concluse la donna.
— Sarebbe utile anche conoscere le vostre considerazioni su aria, nebbia e composizione della neve — aggiunse suo figlio.
— Inoltre, se avete qualche idea che pensate possa tornare utile vorremmo sentirla anche noi — riprese Easy. — Voi siete là e noi no, e dovete esservi fatta un’idea sulle condizioni atmosferiche di Dhrawn.
Il timer emise un suono simile a un tocco di campana. — Stiamo per ricevere la risposta dal ponte. Attendiamo la vostra risposta subito dopo la comunicazione con il capitano.
Le prime parole che l’altoparlante emise si sovrapposero al finale della sua frase. Il timer era programmato su un lasso di tempo pari a quello impiegato dalle onde radio per andare e tornare, e il ponte aveva risposto immediatamente.
— Qui parla Kervenser, signora Hoffman. Il capitano si trova di sotto, in biorigenerazione. Posso chiamarlo, se crede, oppure posso dirottare la comunicazione e metterla in diretto contatto con lui, ma se avete qualche consiglio da darci non mi dispiacerebbe ascoltarlo in prima persona. La visibilità è calata a zero, e non osiamo più muoverci se non in circolo. La situazione è seria. I volatori ci hanno dato un’idea dei dintorni prima che calasse la nebbia e il terreno sembrava abbastanza solido, ma non possiamo certamente correre il rischio di finire in una buca. Avanziamo mortalmente lenti, tracciando un cerchio di venticinque cavi di diametro. Tranne quando prendiamo il vento di prua o di poppa, la Kwembly sembra doversi capovolgere da un momento all’altro. La nebbia gela non appena viene a contatto delle vetrate e questo è il motivo per cui non riusciamo a vedere nulla. Le ruote sembrano pulite, immagino perché ci stiamo muovendo e il ghiaccio si rompe prima di poter far male veramente, ma mi aspetto che i perni comincino a gelare da un momento all’altro e ripulirli poi dal ghiaccio sarà un lavoraccio incredibile. Credo che sia possibile lavorare là fuori, ma debbo confessare che odio l’idea di dover uscire in queste condizioni. Ritrovarsi con la tuta spaziale coperta di ghiaccio mi sembra un’idea terrificante. Bene, ecco tutto. Avete qualche idea?
Easy aspettò pazientemente che Kervenser finisse. L’intervallo di sessantaquattro secondi con cui venivano ricevuti i messaggi sortiva un effetto comune a tutti coloro che si trovavano a comunicare spesso tra stazione spaziale e superficie del pianeta: la tendenza a comprimere al massimo i messaggi, a dire quanto più possibile in una sola volta cercando di indovinare cosa l’altra parte voleva sapere. Quando capì che Kervenser aveva terminato e stava aspettando una risposta, Easy riassunse velocemente le informazioni note agli scienziati della stazione spaziale evitando però di menzionare la simulazione effettuata ai computer che insisteva nel dichiarare che le condizioni del tempo dovevano essere limpide. I mescliniti sapevano benissimo che la scienza umana non era infallibile, e difatti molti di loro ne avevano un’opinione più distaccata e realistica della maggior parte degli umani stessi, ma era inutile fare una figuraccia se poteva essere evitato. Lei non era un meteorologo, naturalmente, ma era un essere umano e Kervenser l’avrebbe probabilmente considerata alla stessa stregua degli altri.
Il gruppo seguì quasi in silenzio la risposta del primo ufficiale. Benj tradusse a bassa voce la conversazione a McDevitt, impiegando solo qualche secondo in più del messaggio stesso. La replica di Easy si limitò a una conferma e alle scuse per non essere in grado di fornire ai mescliniti in difficoltà un aiuto più concreto. Forse si poteva fare qualcosa di più dopo aver sentito gli scienziati del laboratorio.