— Vergil! — Edward gli strinse la mano e poi gli girò attorno, esibendo un’esagerata espressione di meraviglia. — Dico, sei proprio tu?
— È un piacere rivederti, Edward. — Gli batté una mano su una spalla con energia. Aveva perso una dozzina di chili, e ciò che restava sembrava assai ben proporzionato. Alla scuola di medicina Vergil era stato un goffo e dinoccolato ragazzone senza il minimo gusto per i vestiti, che non si pettinava mai e propinava ai compagni di camera punch che rendevano azzurre le loro urine. E non aveva mai avuto un appuntamento salvo che con Eileen Termagant, la quale condivideva alcune delle sue caratteristiche fisiche.
— Hai un aspetto fantastico — disse Edward. — Hai trascorso l’estate a Cabo San Lucas?
Si misero in fila al bancone del self-service e cominciarono a riempirre i loro vassoi. — L’abbronzatura — disse Vergil prendendo un cartone di latte al cioccolato — è frutto di tre mesi sotto una lampada solare. Dall’ultima volta che ci siamo visti mi si sono raddrizzati i denti.
Edward lo scrutò da vicino e gli sollevò un labbro con la punta di un dito. — Li avevi storti, già. Ma sono ancora decolorati.
— Sì — annuì Vergil. Si passò una mano sulle labbra e fece un sospiro. — Be’, ti spiegherò anche il resto, ma è meglio cercare un posto dove si possa parlare in privato, o senza attrarre l’attenzione di nessuno.
Edward lo precedette verso l’angolo dei fumatori, dove tre appassionati della pipa avevano fatto il vuoto intorno a sei tavoli. — Sul serio mi stupisci — disse, mentre trasferivano sul piano di fòrmica il contenuto dei vassoi. — Sei cambiato. Non ti ho mai visto così in forma.
— Sono cambiato più di quel che credi — confessò Vergil in tono cupo da film dell’orrore, inarcando un sopracciglio per incrementare l’effetto. — Come sta Gail?
— Bene. Ci siamo sposati un anno fa.
— Ehi, congratulazioni! — Vergil abbassò un attimo lo sguardo sui suoi piatti: fette di ananas, formaggio di campagna e un pezzo di torta di banana alla crema. — Non noti altro in me? — chiese, con un filo di tensione nella voce.
Edward lo osservò attentamente. — Uh!
— Guardami bene.
— Non ne sono certo. Be’, sì. Non hai gli occhiali. Lenti a contatto?
— No. Non ho più bisogno di lenti.
— E sei un figurino. Chi è che ti sceglie i vestiti? Spero che sia carina quanto ha buon gusto.
— Candice — annuì lui, col suo vecchio e familiare sogghigno autodeprecatorio. Ma negli occhi ebbe un lampo di strana malizia. — Sono stato licenziato. Quattro mesi fa. Adesso vivo sulle spese.
— È dura — disse Edward. — Ma questo è un mondo duro. Perché non me lo racconti dal principio? Avevi un lavoro. Dove?
— Ultimamente ero alla Genetron, nella Enzyme Valley.
— A nord della Torrey Pine Road?
— Proprio lì. Un posto infame. E ne sentirai parlare presto. Stanno producendo materiale a spron battuto, e invaderanno il mercato. Si sono dedicati ai MAB, con successo.
— Biochip?
Lui annuì. — Ne hanno alcuni che funzionano.
— Cosa? — Edward lo fissò stupito.
— Circuiti logici microscopici. Tu li inietti nel corpo di un malato, e loro mettono su bottega nei punti predeterminati. Il tutto con l’approvazione del Dr. Michael Bernard.
Le sopracciglia di Edward balzarono all’insù. — Gesù, Vergil! Bernard è quasi un santo, oggi. È stato sulla copertina di Mega e di Rolling Storie neanche due mesi fa. Perché mi dici tutto questo?
— Si suppone che sia ancora un segreto… il progetto, il colpo a sorpresa sul mercato e il resto. Ma io ho qualche contatto alla Genetron. Conosci Hazel Overton?
Edward scosse il capo. — Dovrei?
— Probabilmente no. Penso che detesti a morte i miei metodi. D’altra parte ha per me una specie di astioso rispetto. Due mesi fa mi ha dato un colpo di telefono e mi ha chiesto se volevo far pubblicare a mio nome un suo studio sul fattore-F nei geni dell’E. Coli. - Si guardò attorno e abbassò la voce. — Tu puoi fare quel che diavolo credi. Ma io voglio tirare lo sgambetto a quei bastardi.
Edward fischiò fra i denti. — Vuoi farmi arricchire, eh?
— Se è questo ciò che desideri. Oppure puoi starmi ad ascoltare un momento, prima di correre dal tuo agente a dirgli su quali azioni buttarsi.
— Naturalmente. Voglio saperne di più.
Vergil non aveva ancora toccato il formaggio e la torta, però aveva mangiato l’ananas e bevuto il latte al cioccolato. — Circa cinque anni fa dovetti cominciare dal niente, e senza aiuto. Col mio diploma della scuola di medicina e l’esperienza che avevo nei computer era inevitabile che puntassi sulla Enzyme Valley. Andai avanti e indietro per tutta la Torrey Pine Road coi miei scartafacci in mano, e fui assunto dalla Genetron.
— Così, semplicemente?
— No. — Vergil infilò un pezzetto di formaggio, poi depose la forchetta. — Avevo rimaneggiato un po’ i miei documenti. Diplomi, risultati di esami, questo tipo di cose. Nessuno ha mai avuto sospetti. Fin dal principio feci un buon lavoro, e sviluppai per loro strutture proteiche necessarie alle ricerche preliminari sui biochip. La Genetron ha impianti costosi, e ci veniva dato tutto il necessario. Quattro mesi più tardi avevo il mio laboratorio personale, e inoltre il permesso di condurre ricerche indipendenti. Feci subito dei passi avanti in un campo nuovo. — Mosse una mano con fare noncurante. — Poi cominciai a uscire dalle loro regole. Portavo avanti il mio lavoro normale, ma era questione di tempo… la direzione scoprì tutto e mi fece fuori. Io ho agito in modo da… salvare i miei esperimenti. Però non sono stato precisamente accorto, né prudente. Così adesso l’esperimento continua fuori dal laboratorio.
Edward aveva sempre ritenuto Vergil un ambizioso, con più che una semplice tendenza a comportamenti anormali. Durante il periodo scolastico le sue relazioni con le autorità della scuola erano state tutt’altro che lisce. Già da tempo Edward aveva concluso che per Vergil la scienza era come una donna affascinante e irraggiungibile, la quale gli aveva aperto le braccia prima che lui fosse pronto per una relazione adulta… mettendogli addosso la paura di non saper sfruttare l’occasione, di non riscuotere il premio finale, di veder fuggire il suo obiettivo. All’apparenza l’aveva però raggiunto. — Fuori dal laboratorio? Non ti seguo.
— Voglio che tu mi esamini. Una visita medica completa. Forse anche i test sul cancro. Poi ti spiegherò tutto.
— Vuoi esami per un migliaio di dollari, insomma?
— Tutto quello che puoi farmi. Ultrasuoni, NMR, PET, termografie, e ogni altra analisi.
— Non so se potrò avere accesso a queste apparecchiature, Vergil. Le attrezzature per il PET a gamma intera sono state montate qui solo da un paio di mesi. Diavolo, non puoi accontentarti di uno economico…
— Allora ultrasuoni e NMR. Non avrai bisogno d’altro.
— Io sono un ostetrico, Vergil, non uno di questi brillanti astri del laboratorio. Potrei occuparmi a fondo di te solo se tu fossi una donna.
Vergil si protese avanti e uno dei suoi gomiti fu sul punto di poggiarsi sulla fetta della torta, ma la evitò per un millimetro all’ultimo istante. Il vecchio Vergil l’avrebbe spiaccicata. — Se mi visiti con attenzione vedrai che… — Socchiuse gli occhi e scosse il capo. — Visitami. È questo che ti chiedo.
— Va bene, prenderò appuntamento per gli ultrasuoni e il NMR. Ma chi è che paga?
— Ho un conto spese medico. L’ho inserito fra i miei documenti nel computer della Genetron, prima di andarmene. Posso arrivare a mille dollari senza che nessuno sospetti o controlli. E tutto dovrà restare assolutamente confidenziale.
Edward scosse la testa. — Stai chiedendo molto, Vergil.