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XXVIII

Lunedì 23 aprile 2001, plaza del Pan, Siviglia

Alle otto e trenta Falcón era già in attesa di fronte al laboratorio del gioielliere. Il vecchio arrivò dieci minuti dopo e l'ispettore lo seguì in una stanza tappezzata di orologi da parete; appesi a ganci in vari scaffali c'erano anche centinaia di orologi da polso, mentre sul banco di lavoro erano disposti i meccanismi interni di molti altri.

«Lei non è un orefice?» domandò Falcón.

«Lo ero», rispose il vecchio. «Mi sono ritirato, credo che l'orologiaio sia un mestiere più adatto a un uomo della mia età. Quando si ha poco tempo davanti, è bene tenerlo d'occhio. Che cosa mi ha portato?» .»

«Vorrei che identificasse il tipo di argento con cui è stato realizzato un anello», domandò l'ispettore mentre esibiva il tesserino di riconoscimento.

L'anziano orologiaio sedette al banco, prese una lente e vuotò il sacchetto di plastica su un panno di velluto. Fissò la lente nell'orbita e osservò l'anello.

«È stato allargato», dichiarò quasi immediatamente, «hanno usato un tipo d'argento differente. L'originale è di quello che noi chiamiamo titolo 925 millesimi, l'altro è molto meno puro. Lo si capisce dalla colorazione più grigia; contiene probabilmente il 20 per cento di altri metalli invece del 7,5.»

«Dove si può trovare un argento così?»

«Non è di origine europea, nessuno lo vorrebbe qui. Se mi dicesse che l'ha trovato a Siviglia o in Andalusia, suggerirei che provenga dal Marocco. Là usano leghe simili e moltissimo di quell'argento arriva qui sotto forma di gioielleria da poco prezzo. Quando ci si sfila dal dito un anello così rimane un segno verdastro sulla pelle, a causa dell'alta percentuale di lega di rame nell'argento.»

«E l'anello originale?» domandò Falcón. «Qual è la sua origine?»

«Non sarei in grado di provarlo in tribunale, perché non è marchiato, ma, a parer mio, è spagnolo, degli anni '30. A quel tempo si usava regalare alle figlie un anello d'argento quando diventavano donne, un'usanza che non è durata; oggi non se ne vedono più di questi anelli.»

Alla Jefatura Falcón cercò subito Felipe e Jorge in laboratorio, per far analizzare la piccola quantità di sostanza, avvolta in un pezzetto di carta di giornale, prelevata dall'urna che aveva trovato in casa.

Ramírez e il resto della squadra erano in attesa nel suo ufficio, dove Ramírez stava distribuendo l'elenco degli artisti scelti tra quelli della galleria di Salgado, una lista di più di quaranta nominativi divisa in tre livelli di probabilità.

«I nomi sono molti», osservò Falcón.

«Non sono soltanto quelli dei clienti di Salgado e degli artisti che erano stati respinti. Greta ha messo insieme i nominativi di tutti quelli dell'area di Siviglia che usano film, video o alta tecnologia nelle loro opere. Ne sta preparando uno anche per Madrid.»

Ramírez gli porse sei fogli che Falcón posò sulla scrivania. Vide una lettera indirizzata a lui, ma la ignorò.

«Credo che dovreste lavorare in coppia su questo elenco», annunciò. «Il ricercato potrebbe essere pericoloso e forse si aspetta una nostra visita… se è sulla lista. Stiamo cercando un individuo di sesso maschile, alto circa un metro e ottanta, di circa settanta chili e di carnagione scura. Potrebbe avere sangue straniero, forse nordafricano. Conosce il francese e potrebbe aver studiato in quel paese a un certo punto della sua vita, anche se è spagnolo e parla perfettamente castigliano. In questo momento il segno particolare per identificarlo è la traccia di un morso sull'indice della mano destra e forse ha le nocche della sinistra graffiate o escoriate.»

Falcón mostrò il sacchetto contenente l'anello.

«Questo è stato trovato nel sifone del lavello in casa di Salgado. È un anello da donna che è stato allargato per adattarsi a un dito maschile. L'argento usato per allargarlo è di bassa lega, potrebbe essere di origine nordafricana. Questo non significa che dobbiamo cercare esclusivamente maschi nordafricani; è molto probabile che sia spagnolo da qualche generazione. Tenete la mente aperta su questo. Non voglio reclami per questioni di razza. L'Inspector Ramírez suddividerà l'elenco e vi affiderà gli incarichi.»

Ramírez portò gli uomini nell'altro ufficio e Falcón aprì la lettera: un appuntamento con il dottor David Rato alla Jefatura alle nove e trenta. Richiamò Ramírez e gli domandò chi fosse.

«È lo psicologo della polizia», rispose Ramírez.

«Vuole vedermi.»

«Probabilmente è solo un colloquio di routine.»

«Non ne ho mai fatti.»

«I funzionari in situazioni di alto livello di stress spesso sono chiamati a sottoporvisi. Io ne ho fatto uno tre anni fa, in seguito a una sparatoria nella quale uccisi un sospetto.»

«Io non ho sparato a nessuno.»

Ramírez si strinse nelle spalle. Falcón gli ricordò l'incontro con il Juez Calderón a mezzogiorno. L'ispettore uscì, portandosi dietro tutta la squadra. Falcón telefonò a Lobo, il quale era fuori sede per tutto il giorno, almeno così gli riferì la segretaria. Cominciò a sudare e si premette il fazzoletto sulla fronte, come su una ferita. Ho i rubinetti che perdono, accidenti a me, pensò. Anche i palmi si inumidirono. Andò in bagno, si lavò le mani e la faccia e prese un Orfidal.

L'ufficio dello psicologo si trovava in una sezione della Jefatura poco frequentata, al piano di sopra, e godeva di una vista diversa del parcheggio. Falcón venne fatto accomodare immediatamente e trovò il dottore che gli tendeva cordialmente la mano. Lo psicologo, un tipo sulla cinquantina, indossava un completo grigio scuro con il panciotto. Sulla scrivania aveva un unico foglio di carta.

«Non credo di essere mai stato dallo psicologo della polizia», dichiarò Falcón.

«E le due volte a Barcellona?»

Falcón fu assalito dal panico, trovandosi in pieno vuoto di memoria. Due volte a Barcellona?

«Lei ha svolto indagini sull'esplosione di un'autobomba nella quale è rimasta uccisa la figlia dodicenne di un uomo politico e anche su una sparatoria nello studio di un avvocato dove morì una madre di tre figli.»

«Sì, mi scusi, certamente. Intendevo dire da quando sono a Siviglia.»

Il medico lo visitò, un esame comprensivo del controllo del peso e della pressione, poi sedette di nuovo alla scrivania.

«Perché sono qui?» domandò Falcón.

«Lei si sta occupando di un caso molto difficile, delitti particolarmente orripilanti.»

«Ho visto di peggio», mentì Falcón.

«Tutti qui alla Jefatura pensano che sia il caso peggiore che lei abbia mai visto.»

«A Siviglia. Ero a Madrid prima di venire qui.»

«È cinque chili sotto il suo peso forma.»

«Casi come questo richiedono un grande dispendio di energia nervosa.»

«Nei due casi di Barcellona lei pesava settantanove chili. Ora ne pesa settantaquattro.»

«Non mangio molto regolarmente in questo periodo.»

«Vuol dire da quando si è separato da sua moglie?»

Mentre Falcón si rendeva conto di quanti fattori dovessero essere presi in considerazione, sotto di lui si spalancò un piccolo abisso.

«Ho una governante che mi prepara i pasti. Solo che non ho trovato il tempo per consumarli, tutto qui.»

«La pressione arteriosa è leggermente alta. Alla sua età è previsto un aumento rispetto ai valori di 120/70, ma lei è a 140/85, sono valori al limite. E ha gli occhi cerchiati. Dorme bene?»

«Dormo molto bene.»

«Sta prendendo qualche farmaco?»

«No», rispose Falcón disinvolto.

«Ha notato niente di diverso nelle sue funzioni corporali? Sudore, diarrea, diminuzione dell'appetito?»