«Ero molto piccolo, non ho nessun ricordo della città», disse Falcón.
«Negli anni '60 ha fondato una compagnia di trasporti qui a Siviglia e credo che per un certo tempo abbia avuto anche una fabbrica siderurgica. Poi si è dedicato alle proprietà immobiliari ed è diventato socio di un'impresa edile, la Hermanos Lorenzo, che ha lasciato nel 1992.»
«Sono rimasti in buoni rapporti?»
«I Lorenzo sono clienti abituali dei nostri ristoranti. Noi abbiamo portato i bambini nella loro casa di Marbella ogni estate fino a quando Raúl non si è stancato.»
«E così, a parte la morte della moglie e la pazzia della figlia, lei non crede che vi siano stati altri problemi importanti nella vita di Raúl?»
La signora Jiménez rimase per un po' in silenzio, guardando fuori dalla finestra, dondolando un piede, la scarpa quasi sfilata.
«Sto cominciando a pensare che Raúl fosse la quintessenza dello spagnolo, forse anche del sivigliano. La vita è una fiesta!» osservò, tendendo le mani in direzione dell'area della Feria. «Era come lo vede in quelle fotografie. Sorridente. Allegro. Affascinante. Ma è una maschera, Inspector Jefe. Una maschera che nasconde un'assoluta infelicità.»
«Forse anche un modo per tenere a bada la malinconia, un antidoto», ribatté Falcón, non trovandosi d'accordo con lei, pensando che anche lui era spagnolo e che non si considerava infelice.
«No, un antidoto no, perché la sua alegría non aveva nessun effetto contrastante. Non era in nessun modo un rimedio contro la sua condizione essenziale che, mi creda, era di infelicità abietta.»
«E lei non ne ha mai scoperto la ragione profonda?»
«Non voleva che la scoprissi e non lo desideravo nemmeno io. Aveva capito molto presto che, se visivamente io ero la sostituta di sua moglie, non ero, tuttavia, il suo clone. Dopo avermi corteggiato in modo folle, non è assolutamente riuscito ad amarmi. Credo, in realtà, di averlo reso ancora più infelice, ricordandogli continuamente la donna che aveva perso. Però ha tenuto fede ai patti, lo dico a suo credito.»
«Quali patti?»
«Era deciso a non volere altri figli, mentre io li desideravo molto. Gli avevo detto che non lo avrei sposato, se non mi avesse voluto dare dei bambini. Così… ci siamo accoppiati, credo che sia la parola giusta, nelle tre occasioni necessarie. Per il più piccolo ce l'ha fatta a stento. Il Viagra non era ancora stato scoperto.»
«E così lei si è trovata Basilio Lucena.»
«Non ho ancora finito di parlare dei miei figli», ribatté seccamente la donna. «Dopo aver detto di non volerli, è letteralmente impazzito per loro, era protettivo in modo incredibile, ossessivo. Era fissato con la sicurezza. Qualcuno doveva sempre andarli a prendere a scuola, non uscivano mai da soli, non potevano nemmeno giocare senza essere sorvegliati. E ha visto la porta d'ingresso dell'appartamento? È stata blindata dopo la nascita del nostro ultimo figlio. Sei sbarre d'acciaio sono incorporate nella struttura e con cinque giri di chiave vengono inserite nel muro. Neppure in ufficio abbiamo una porta così, sebbene là ci sia una cassaforte.»
«Di regola chi chiudeva a chiave la porta, la sera?»
«Lui. A meno che fosse lontano e in quel caso mi chiamava all'una o alle due di notte per assicurarsi che lo avessi fatto.»
«La chiudeva anche quando era solo in casa?»
«Sono sicura di sì. Ripeteva di continuo che doveva diventare un'abitudine, solo così non ce ne saremmo dimenticati.»
«Non gli ha mai chiesto la ragione di tale comportamento un po' strano, ossessivo?»
«Mi commuoveva pensare che tenesse tanto ai nostri figli.»
Ramírez chiamò sul cellulare. Aveva finito con gli addetti ai traslochi: non era stato facile farli parlare, ma alla fine avevano ammesso di essersi allontanati durante l'intervallo di mezzogiorno, lasciando sul posto l'autoscala, perché bisognava portare giù un altro cassettone. L'autoscala non funzionava se il motore non era acceso, ma la piattaforma saliva su binari che di per sé erano praticamente una scala. Nessuno era tornato nell'appartamento dopo che il cassettone era stato calato. Falcón gli ordinò di controllare le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso insieme a Fernández e al portiere, e riattaccò.
«Vorrei parlare di Basilio Lucena», disse.
«Non c'è niente di cui parlare.»
«Avevate qualche progetto?»
«Progetto?»
«Suo marito era vecchio. Non le è mai venuto in mente…?»
«No… mai. Basilio e io stiamo bene insieme, andiamo anche a letto, naturalmente, ma non è una grande passione. Non siamo innamorati.»
«Stavo ripensando a quel figlio del duca di cui mi ha parlato.»
«Era una cosa diversa», affermò lei. «Non ho nessuna intenzione di approfondire la relazione con Basilio. In effetti credo che potrei anche mettere fine in questo istante alla mia storia con lui.»
«Davvero?»
«Sarò al centro dell'attenzione generale. Credevo, dato che ha un padre famoso, che lei avrebbe capito. Ci saranno chiacchiere e voci maligne, non dissimili dai sospetti che lei è pagato dallo stato per nutrire. Pettegolezzi, certo… ma cattivi, e io voglio proteggere i miei figli.»
«Era lei o suo marito ad avere nemici?»
«La gente mi giudica come una donna non all'altezza del suo sposo, dipendente da lui, una che, nella vita, sarebbe stata un fallimento, se non avesse incontrato Raúl Jiménez. Ma se ne accorgeranno», soggiunse, contraendo i muscoli del viso, «se ne accorgeranno.»
«Conosce i termini del testamento di suo marito?»
«Non l'ho mai visto firmare un testamento, ma sapevo quali fossero le sue intenzioni. Avrebbe lasciato tutto a me e ai nostri figli, con qualche lascito alla figlia, alla sua hermandad e alla sua istituzione benefica preferita.»
«Qual è?»
«Nuevo Futuro: in particolare gli interessavano i niños de la calle.»
«Ragazzi abbandonati, di strada?»
«Perché no?»
«In genere si aiutano le opere di carità per un motivo. Una moglie muore di cancro e il marito dona del denaro per la ricerca sui tumori.»
«Diceva di aver cominciato a dare il suo contributo dopo un viaggio in America centrale. Era stato molto colpito dalla piaga dei bambini rimasti orfani a causa delle guerre civili in quei paesi.»
«Forse era lui stesso un orfano della Guerra civile.»
Consuelo Jiménez si strinse nelle spalle. La penna di Falcón si spostò sul taccuino fino alla parola putas, sottolineata.
«E le prostitute?» domandò, scaraventando la parola nella stanza. «Lei non ha visto la parte della cassetta che riguarda suo marito sull'Alameda. Avrebbe potuto permettersi di meglio in ambienti meno pericolosi. Perché pensa che…?»
«Non chieda a me perché gli uomini vadano con le prostitute», rispose la donna; poi, quasi in un ripensamento: «La sua infelicità, forse».
«Sulla quale lei non sa gettare alcuna luce.»
«Si parla di certe cose solo se si vuole o se se ne è capaci. Una sofferenza tale da rendere mio marito così infelice con ogni probabilità era sepolta tanto profondamente che nemmeno lui sapeva più che cosa fosse. Era il suo stato normale. Come si comincia a parlare di una cosa del genere?»
Le parole di Consuelo Jiménez produssero un momentaneo stato di assenza in Falcón. La sua mente balzò indietro alle prime ore dell'indagine e di nuovo si scontrò con la paura, con quel panico incombente. Camminava nel corridoio, così come aveva fatto anche l'assassino, lo stesso percorso verso la parete nuda con il gancio illuminato dalla luce proveniente dalla stanza degli orrori. E poi la faccia e gli occhi di quell'uomo e la terrificante implacabilità di ciò che essi avevano visto.