In che modo, durante il loro primo incontro, Consuelo Jiménez aveva definito lui e Inés? Aveva detto che la loro era stata un'unione tra cercatori della verità. La ragione unica per cui si era imbarcato in quel viaggio terribile era stata la smania irresistibile di scoprire la verità. E, arrivato fin lì, si sarebbe forse ritirato, per finire nel solo luogo in cui portava la calle Negación? E quand'anche fosse stato così? Avrebbe continuato a vivere come se niente di tutto ciò fosse mai avvenuto e Javier Falcón sarebbe affondato senza lasciare traccia.
Portò il rotolo di tele nello studio e le dispose ognuna accanto alla stampa corrispondente, ma non riuscì a trovare nessun ordine di numerazione; sul retro delle tele non era stato scritto nulla se non le lettere I e D. All'improvviso si sentì stanco e provò un desiderio terribile di stendersi sul letto. Poi, sul margine di una stampa, vide alcuni segni d'inchiostro e si rese conto che suo padre aveva numerato i dipinti sulla parte frontale, oltre il punto in cui la tela si tendeva sul telaio. Riuscì a ricostruire i numeri e a metterli nell'ordine giusto, procedendo per eliminazione. Poi comprese che la I e la D stavano per izquierda e derecha, sinistra e destra. Segnò le stampe di conseguenza e regolò i bordi dei fogli A3, che girò e unì insieme secondo il modello del diagramma. Portò l'unico grande foglio così ottenuto alla parete di lavoro del padre e ve lo fissò con il nastro adesivo. Si girò, si diresse alla libreria sulla parete opposta e stava per voltarsi quando avvertì quella sudorazione improvvisa, il familiare rivolo sulla faccia.
Era l'ultima occasione che aveva per abbandonare tutto e andarsene.
Si girò, le palpebre serrate.
Poi aprì gli occhi e vide ciò che aveva fatto suo padre.
XXXI
Domenica 29 aprile 2001, laboratorio di El Zurdo,
calle Parras, Siviglia
Falcón attaccò alla parete i fogli stampati mentre El Zurdo era occupato ad arrotolarsi e accendersi uno spinello. Proprio mentre aspirava il primo tiro, Javier gli batté una mano sulla spalla. El Zurdo si girò.
«Joder!» esclamò. «Chi è quella?»
«Quella?» sibilò Falcón. «Quella è mia madre.»
«Joder», ripeté El Zurdo, avvicinandosi affascinato. «È davvero un lavoro notevole.»
«Non è un lavoro notevole», disse Falcón, «è un lavoro schifoso.»
«Ehi! Io non sono coinvolto come te», ribatté El Zurdo, «io lo guardo…»
«Come un'opera d'arte?» domandò Javier incredulo.
«Tecnicamente. Voglio dire, è straordinario creare cinque pezzi a incastro, privi di significato e apparentemente senza un collegamento… non avevo nemmeno notato le linee di giuntura del puzzle, eppure, una volta messi insieme i pezzi…»
«Diventano l'espressione più abietta dell'odio di un uomo verso la moglie e la madre dei suoi figli, quale solo la mente di un mostro potrebbe produrre», affermò Javier.
I due uomini rimasero in silenzio mentre l'orrore di quell'opera riempiva la stanza. L'immagine ricostruita aveva rivelato una donna avvinghiata a due satiri che la stavano devastando, l'uno assalendola da dietro e l'altro riempiendole la bocca. Ma non era uno stupro. Nell'unico occhio visibile della donna si leggeva la partecipazione compiaciuta. Era nauseante. Javier passò davanti a El Zurdo, strappò i fogli dalla parete, li appallottolò e li scaraventò in un angolo vuoto del laboratorio.
«Che cosa mai può averlo indotto a creare una…?»
«Fatti un tiro di questo», suggerì El Zurdo.
«Non lo voglio.»
«Ti calmerà.»
«Non voglio calmarmi.»
«Senti… forse aveva scoperto che lei aveva una relazione con un altro.»
«Oh», esclamò Javier, «mentre lui era assolutamente innocente, vero? Lui non se ne andava in giro a sodomizzare ragazzini ogni volta che poteva…»
«Per le donne era diverso, a quei tempi», disse El Zurdo.
«E invece lui non era andato a uomini durante la notte di nozze, e prima che sua moglie morisse non aveva iniziato una relazione con la donna che poi avrebbe sposato.»
«Odiava le donne», affermò El Zurdo con aria sicura.
«Come? Non ho capito… che cosa?»
«Ho detto che odiava le donne.»
«Ma di che sta parlando, El Zurdo?»
«Di quello che ho detto… e non intendo quei genere di misoginia allora assolutamente normale, era un sentimento che si spingeva ben al di là di tutto ciò.»
«Si è sposato due volte, ha dipinto quattro nudi femminili tra i più sublimi che si siano mai visti e lei crede che odiasse le donne?» domandò Javier.
«Io non credo nulla», protestò El Zurdo. «Me lo ha detto lui.»
«Glielo ha detto lui? E da quando esisteva tra voi un'intimità tale da indurre mio padre a parlarle di una cosa del genere?»
«Da quando eravamo diventati amanti.»
Si creò un lungo silenzio durante il quale Javier si lasciò cadere su una poltrona malandata, accasciato, consapevole di essere lì a bocca aperta, le guance afflosciate, le braccia assolutamente prive di forza.
«Quando?» domandò alla fine a voce bassa.
«Dal 1972 per undici o dodici anni, finché non cominciò ad avere paura dell'AIDS.»
«Allora… quella volta che venni qui con lui…?»
El Zurdo annuì. Trascorsero altri minuti penosi.
«E non trova che non esista ironia più grande?» domandò Javier.
«Perché ha dipinto quei nudi? Quello era solo il suo lavoro… non voleva dire che fosse anche la sua vita.»
«Da dove scaturiva… quell'odio?» domandò Javier. «Non riesco a capire cosa abbia potuto generarlo.»
«Da sua madre.»
Il cervello di Javier cominciò a scandire il tempo come un metronomo che contasse i secondi che mancavano alla follia.
«Nei suoi diari accenna a un 'incidente'», disse. «Una cosa accaduta quand'era ragazzo e che lo aveva indotto ad andarsene di casa e a entrare nella Legione. Credo che possa averne parlato con qualcuno, con mia madre, per esempio, ma non l'ha mai scritto. A lei lo ha detto?»
«Sì, me lo ha rivelato», rispose El Zurdo. «Te ne parlerò, se vuoi. Voglio dire… certe cose, più si allontanano nel tempo, meno sembrano importanti. Solo che decidono quale direzione prenderà la nostra vita in quel momento.»
«Me lo dica.»
«Che cosa sai dei genitori di Francisco?»
«Praticamente nulla.»
«Be', avevano un albergo a Tetuán negli anni '20 e '30. Erano molto conservatori, sua madre era cattolica praticante e suo padre beveva. Quando succedeva diventava cattivo e si sfogava sui figli e sugli impiegati. Non ti serve altro per capire che cosa sia successo.
«Una mattina suo padre scoprì Francisco a letto con uno dei ragazzi della casa e perse completamente la testa. Mentre Francisco si rannicchiava in un angolo della stanza, suo padre ammazzò il ragazzo a randellate sotto i suoi occhi. Soltanto quando quella furia tremenda si fu placata l'uomo si rese conto del suo gesto. In qualche modo si liberarono del cadavere e Francisco dovette rimanere nella stanza finché non ebbe lavato ogni goccia di sangue e imbiancato le pareti.»