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Lo aspettavano trentotto messaggi, cinque dei quali del suo immediato superiore, Jefe de Brigada de Policía Judicial, Comisario Andrés Lobo, senza dubbio sotto pressione da parte del suo capo, il Comisario Firmín León, il cui rapporto di conoscenza con Raúl Jiménez Falcón aveva desunto dalle fotografie. Andò dritto nella stanza degli interrogatori dove Ramírez, in piedi, mostrava il pugno a Lucena, come se volesse colpirlo. Chiamò l'ispettore fuori dalla stanza, gli diede istruzioni sulla strategia da seguire nell'interrogatorio della ragazza e lo pregò di far scendere Pérez. Entrò nella stanza degli interrogatori a vedere Lucena, che alzò la testa per poi riprendere subito dopo la stesura della sua deposizione.

«Quello che ha detto all'Inspector Ramírez prima, a casa sua…» cominciò: la cattiveria di quella frase lo infastidiva ancora.

«Qualsiasi studente potrebbe dirle che i docenti reagiscono molto male con i cretini.»

«Non c'era altro?»

«Sono sorpreso che le importi, Inspector Jefe.»

Gliene importava invece, e Falcón si domandò se si stesse rendendo ridicolo.

«Dubito che mia madre sia mai stata brava a letto come Consuelo, se è questo che si sta chiedendo», disse Lucena.

«Lei è un uomo complicato, signor Lucena.»

«In un mondo complicato», ribatté il giovane, agitando la penna in direzione di Falcón.

«Da quanto tempo frequenta la signora Jiménez?»

«Da un anno circa», rispose Lucena. «Quella era la prima volta che tornavo all'Edificio Presidente da quando ci siamo conosciuti… La mia solita fortuna.»

«E Marciano Ruiz?»

«È curioso come l'Inspector, vero? Io mi annoio facilmente, Don Javier. Marciano e io ci vediamo quando la mia noia diventa insopportabile.»

Entrò Pérez, informò Falcón sulla stanza in cui si trovava la prostituta e gli diede il cambio nell'interrogatorio di Lucena.

La ragazza, seduta al tavolo, fumava impilando due pacchetti di Fortunas l'uno sull'altro, a ritmo continuo come in uno strano gioco. Aveva i capelli corti, sembrava che se li fosse tagliati da sola e senza uno specchio. Fissava lo schermo spento della TV, ombretto azzurro, labbra rosse. Una parrucca bionda era appesa alla spalliera di una sedia non occupata. Indossava una minigonna scozzese, una camicetta bianca e stivali neri. Era minuta, aveva l'aria di una scolaretta, ma gli occhi scuri rivelavano tutta la depravazione che avevano visto in quella specie di prolungata assenza dai banchi di scuola.

Ramírez accese il registratore, identificò la ragazza come Eloisa Gómez e presentò se stesso e Falcón.

«Sai perché sei qui?» domandò l'ispettore capo.

«Non ancora. Hanno detto che era per qualche domanda, ma io vi conosco voialtri, ci sono già stata qui, conosco i vostri giochetti.»

«Noi siamo diversi», disse Ramírez.

«D'accordo. Siete diversi. Chi siete?»

Falcón scosse la testa in modo quasi impercettibile in direzione di Ramírez.

«Eri con un cliente la notte scorsa…» riprese.

«Sono stata con un sacco di clienti la notte scorsa. È la Semana Santa», ribatté la ragazza. «Per noi è il momento di maggior lavoro dell'anno.»

«Più ancora della Feria?» domandò Ramírez, vagamente sorpreso.

«Certamente. Specie gli ultimi giorni, quando arriva la gente da fuori.»

«Uno dei tuoi clienti si chiamava Raúl Jiménez. Sei stata da lui ieri sera nel suo appartamento all'Edificio Presidente.»

«Lo conoscevo come Rafael. Don Rafael.»

«Lo avevi incontrato altre volte?»

«È un cliente fisso.»

«A casa sua?»

«Ieri sera è stata forse la terza o la quarta volta nel suo appartamento. In genere lo facciamo in macchina.»

«E questa volta com'è andata?» domandò Ramírez.

«Mi ha chiamato sul cellulare. Il mio gruppo di ragazze ha comprato tre telefonini l'anno scorso.»

«A che ora?»

«Non ho preso io la telefonata, ero con un altro… ma dev'essere stato verso mezzanotte. La prima volta.»

«La prima volta?»

«Voleva parlare solo con me, perciò ha richiamato verso mezzanotte e un quarto. Mi ha chiesto di andare a casa sua. Io gli ho detto che stavo facendo un sacco di soldi sulla plaza e lui mi ha chiesto quanto volevo. Gli ho detto centomila.»

Ramírez scoppiò in una gran risata.

«Semana Santa davvero!» esclamò. «È un prezzo assurdo.»

Rise anche la ragazza, rilassandosi un poco.

«Non dirmi che l'ha pagato», disse Ramírez.

«Ci siamo accordati per cinquanta.»

«Joder!»

«Come sei arrivata fin là?» domandò Falcón, cercando di tornare al punto.

«In taxi», rispose lei, accendendosi una Fortuna.

«A che ora ti ha lasciato davanti all'edificio?»

«Mezzanotte e mezzo, o poco dopo.»

«Non c'era nessuno in giro?»

«Io non ho visto nessuno.»

«E nel palazzo?»

«Non ho visto nemmeno il portinaio e mi ha fatto piacere. Non c'era nessuno neanche in ascensore o sul pianerottolo e lui mi ha fatto entrare prima ancora che suonassi il campanello, come se stesse guardando dallo spioncino.»

«Non lo hai sentito girare la chiave?»

«Ha aperto e basta.»

«Ha chiuso a chiave la porta dopo averti fatto entrare?»

«Sì. Non mi è piaciuto, ma lui ha lasciato la chiave nella serratura, perciò non ho protestato.»

«Che cos'hai notato nell'appartamento?»

«Che era praticamente vuoto. Mi ha detto che stava traslocando. Gli ho chiesto dove, ma non mi ha risposto. Aveva altro per la mente.»

«Raccontaci tutto perbene.»

La ragazza sorrise divertita, scuotendo la testa, come a dire che gli uomini erano uguali in tutto il mondo.

«L'ho seguito nel corridoio fino al suo studio. C'era la TV in un angolo, davano un vecchio film. Lui ha preso una cassetta dalla scrivania e l'ha messa su, poi mi ha chiesto di indossare una gonna blu che mi arrivava al ginocchio e un maglione blu sopra la camicia. Mi ha detto di farmi i codini. Portavo una parrucca nera, lunga», spiegò. «Preferisce le brune.»

«Lo hai visto prendere una pillola?»

«No.»

«Non hai osservato niente di strano a parte la mancanza di mobili?»

«Strano come?»

«Niente che ti abbia innervosito?»

La ragazza rifletté, desiderosa di collaborare, alzò un dito e i due si sporsero in avanti.

«Non aveva le scarpe», disse, «ma non è che questo mi abbia terrorizzato.»

I due si accasciarono sulla sedia.

«Ehi! È colpa vostra! Mi fate vedere cose che non ci sono!»

«Vai avanti», disse Ramírez.

«Gli ho chiesto i soldi e lui mi ha dato un po' di biglietti da cinquemila che io ho contato, poi ha preso il telecomando e ha avviato un film porno. Si è tolto i calzoni. Voglio dire che li ha lasciati cadere a terra e li ha scavalcati. E abbiamo cominciato.»

«Che cosa mi dici delle finestre?» domandò Ramírez.

«Che cosa c'entrano le finestre?»

«Eri girata verso le finestre.»

«Come fa a saperlo?»

«Presume che tu fossi girata verso le finestre», disse Falcón.

«Le tende erano tirate», rispose la ragazza, ormai insospettita.

«E così avete fatto sesso», riprese Ramírez. «Quanto è durato?»

«Più del previsto.»

«Per questo ti giravi a guardare?» domandò Ramírez.

Gli occhi bruni si fecero duri. Quelli non erano i soliti giochetti.