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«Non lo sapevo.»

«E non soltanto la gente di qui. Arrivavano in forze anche da Madrid. Si era capito che a Siviglia prevaleva un certo comportamento, una certa negligenza, una mancanza di attenzione ai particolari che poteva essere sfruttata economicamente.»

«Che importanza può avere dopo dieci anni?»

«Ricorda quante persone sono state incriminate per questo?»

«Non ricordo, Comisario.»

«Nessuna!» sbottò Lobo, battendo sulla scrivania le mani intrecciate. «Nessuna.»

«Hermanos Lorenzo», disse Falcón. «Settore edile.»

«E allora?»

«Raúl Jiménez era in rapporti di affari con loro, rapporti finiti nel 1992.»

«Vedo che comincia a capire. Raúl Jiménez faceva parte della commissione dell'Expo de Sevilla, era tra i responsabili dello sviluppo edilizio dell'area. Hermanos Lorenzo non era la sola impresa edile con cui Jiménez fosse in contatto.»

«Non sono ancora sicuro di aver capito che cosa abbia a che vedere tutto questo con un omicidio avvenuto dieci anni dopo.»

«Forse nulla. Dubito anzi che esista qualche rapporto tra le due cose, ma se lei rimesterà nella merda, Inspector Jefe, verranno a galla cose sgradevoli.»

«E il Comisario León?»

«Non vuole brutte sorprese. Lei deve informare me su ogni punto 'delicato' e… nessuna fuga di notizie, Inspector Jefe, o ci faranno a pezzi.»

Lobo piaceva ai suoi uomini anche per l'eccezionale bravura nel far loro capire la gravità di una situazione. Falcón si alzò e si diresse alla porta, sapendo però che non era finita lì, perché Lobo amava dare una pacca finale ai suoi quando stavano per andarsene. Lasciava loro un'impressione più duratura.

«Probabilmente avrà pensato, con tutta la sua esperienza a Barcellona, Saragozza e Madrid, che il suo trasferimento in una città come Siviglia, una città di secondo piano in quanto a omicidi, sarebbe stato ben accolto.»

«Io non do niente per scontato, Comisario. La politica entra in tutte le nomine.»

«Ho dovuto battermi duramente per lei.»

«Perché lo ha fatto?» domandò Falcón, che non conosceva Lobo prima di arrivare a Siviglia.

«Per la ragione molto fuori moda che lei era il migliore per quel posto.»

«Allora la ringrazio.»

«Il Comisario León ammirava molto il talento e la tenacia dell'Inspector Ramírez.»

«Anch'io, Comisario.»

«Sono in contatto tra loro, Inspector Jefe… informalmente.»

«Capisco.»

«Molto bene», disse Lobo, di colpo allegro. «Ci contavo.»

VII

Giovedì 12 aprile 2001, Edificio de los Juzgados, Siviglia

«Sono convinto che sia stata Eloisa Gómez a lasciarlo entrare», annunciò Ramírez mentre attraversavano il fiume.

«Baena e Serrano non hanno trovato nessun testimone all'esterno dell'Edificio Presidente», disse Falcón. «E io trovo più convincente quest'ipotesi di quella dell'assassino che si arrampica sull'autoscala e resta nascosto nell'appartamento per mezza giornata, anche se era un appartamento vuoto, a parte la breve comparsa della signora Jiménez. La ragazza era spaventata?»

«Non ha più aperto bocca da quando abbiamo finito di interrogarla.»

«Ci ha creduto?»

«Chi lo sa?»

L'Edificio de los Juzgados era accanto al Palacio de Justicia, esattamente di fronte ai jardines de Murillo. Erano le cinque passate quando Falcón e Ramírez parcheggiarono nel cortile posteriore del palazzo. Falcón, che detestava arrivare in ritardo, avrebbe voluto fare a pezzettini il pettine che Ramírez si stava passando tra i capelli neri e lustri di brillantina, ma il suo sguardo omicida non ebbe nessun effetto sull'Inspector, il quale riteneva che fossero in anticipo e considerava prioritaria la condizione della sua capigliatura: avrebbero anche potuto incontrare qualche segretaria.

I due uomini, vestiti di scuro, camicia bianca e occhiali da sole, entrarono dall'ingresso principale dello squallido palazzo grigio, il monocromatico ritratto della giustizia nella città-giardino. Fecero passare le cartelle nella macchina a raggi X e mostrarono il tesserino di riconoscimento. Il luogo era tranquillo; tutto il movimento aveva luogo la mattina. Salirono al piano superiore dove si trovava l'ufficio del Juez Calderón. L'edificio era buio, perfino lugubre all'interno; non c'era mai niente di gradevole nella giustizia, nemmeno quando era vera e autentica.

Ramírez chiese di Lobo e Falcón gli disse che il Comisario León si era già fatto sentire: accennò anche alla questione della corruzione, ma l'altro parve annoiato.

Calderón non era nel suo ufficio. Ramírez si lasciò cadere su una sedia e giocherellò con l'anello d'oro che portava al dito medio, un anello con tre brillanti che aveva sempre irritato Falcón, il quale lo giudicava troppo effeminato per Ramírez, individuo tutto muscoli color mogano.

«Dovremo fare qualcosa per quel maricón di Lucena che ci ha fatto perdere un sacco di tempo», disse Ramírez brutalmente, «o faremo la figura degli incompetenti.»

Falcón lasciò vagare lo sguardo per la stanza dalle pareti ricoperte di libri. Ramírez si accomodò meglio sulla sedia.

«Secondo me chi scopa sia le donne sia gli uomini in fondo è un maricón.»

«Anche se si tratta di un'esperienza isolata?»

«Non è una cosa con cui fare esperimenti, Inspector Jefe, è nei geni. Se uno anche solo pensa di poterlo fare, è un maricón», ribatté Ramírez.

«Non parliamo di questo con Calderón.»

Il giovane magistrato arrivò alle sei meno un quarto, sedette alla scrivania ed entrò subito in argomento. Era nel ruolo di Juez de Instrucción ora, il che significava che era lui ad avere la responsabilità della direzione del caso e di presentare con successo le prove d'accusa in tribunale.

«Che cosa abbiamo in mano?» domandò.

Ramírez sbadigliò. Calderón accese una sigaretta e porse il pacchetto a Ramírez che ne prese una. I due fumarono mentre Falcón si domandava il perché di tanta confidenza… finché non gli venne in mente il calcio. Il Betis che perdeva quattro a zero il giorno in cui l'assassino aveva ripreso con la telecamera Raúl e i suoi figli. Ma come mai quella disinvoltura di modi? Cercò di ricordare se lui l'avesse mai posseduta. Doveva averla perduta da giovane, quando il lavoro aveva cominciato a diventare una cosa troppo seria, o forse quando lui era diventato troppo serio a proposito del suo incarico, chissà.

«Chi comincia?» domandò Calderón.

«Partiamo dal cadavere», disse Falcón, e fece un resoconto dei risultati dell'autopsia.

«In che modo sarebbero state asportate le palpebre?» chiese Calderón.

«Un'incisione iniziale con il bisturi e poi il taglio con le forbici. Il medico legale ha detto che è stato un lavoro pulito.»

«E noi pensiamo che la mutilazione sia stata inflitta per costringerlo a vedere qualcosa alla televisione?»

«La gravità delle lesioni che si è procurato indica che l'uomo era inorridito da ciò che gli era stato fatto e anche da ciò che volevano obbligarlo a guardare», rispose Falcón.

«Occorre approfondire», disse Calderón, toccandosi inconsciamente le palpebre. «Nessuna idea su ciò che l'assassino gli aveva mostrato?»

Ramírez scosse il capo: non c'era posto per quel genere di congetture nella sua testa dura.

«Credo che si possano conoscere soltanto i propri incubi, non quelli degli altri», osservò Falcón, cercando di non assumere un tono troppo condiscendente.

«Sì, io ho paura dei topi, per esempio», disse Calderón allegramente.