«Mia moglie non sopporta i ragni… nemmeno alla televisione», affermò Ramírez.
I due risero.
«Qui siamo di fronte a qualcosa di peggio di una fobia», riprese Falcón, inchiodato al ruolo del maestro di scuola. «E per il momento le congetture non ci aiutano, dobbiamo piuttosto concentrarci sul movente.»
«Il movente», ripeté Calderón annuendo, come se ripassasse una lezione. «Ha parlato con la signora Jiménez?»
«Mi ha fornito da sola il suo movente per uccidere o far uccidere il marito», rispose Falcón. «Il loro matrimonio andava male, la signora aveva un amante e lei e i figli avrebbero ereditato tutto.»
«L'amante», insistette Calderón. «Lo ha interrogato?»
«Sì, perché le telecamere lo avevano ripreso mentre entrava nell'Edificio Presidente una mezz'ora circa prima che Raúl Jiménez fosse assassinato. Inoltre è assistente alla facoltà di biochimica.»
«Opportunità e capacità», commentò Calderón.
«Oltre all'accesso al cloroformio e agli strumenti di laboratorio», disse Ramírez e il magistrato lo guardò storto, incerto se pensare che avesse voluto fare lo spiritoso o che fosse stupido.
«E allora?» domandò poi, allargando le braccia, in attesa della risposta ovvia.
Falcón gli riferì la brutta notizia che Lucena era salito all'ottavo piano, nell'appartamento di Marciano Ruiz.
«Conosco questo nome», disse Calderón. «Non è un regista teatrale?»
«E una nota mariquita», terminò Ramírez.
«Non capisco.»
«Lucena se li faceva tutti e due», spiegò Ramírez. «Ha detto che scopava lei perché gli ricordava sua madre.»
«Che cos'è questa storia?»
«Lucena stava cercando di offendere l'Inspector Ramírez», spiegò Falcón.
«Ma non lei», osservò blando Calderón. «Intende arrestarlo?»
«Prima di tutto non credo che l'assassino sia il genere di persona tanto stupida da farsi riprendere da una telecamera…»
«A meno che agisca al contrario in modo molto intelligente e sottile», obiettò Calderón. «Per esempio, non si vede mai l'amante nel film La Familia Jiménez, non è così? Si vede solo il suo indirizzo.»
«Sta dimenticando la prostituta, Eloisa Gómez», obiettò Falcón. «Se Lucena fosse l'assassino, sarebbe stato nell'appartamento per filmare lei e Raúl Jiménez come abbiamo visto nella cassetta. La ragazza è stata ripresa mentre usciva dal palazzo all'una e tre minuti ed era di nuovo sull'Alameda all'una e mezzo. Basilio Lucena a quell'ora si trovava ancora all'hotel Colón con la signora Jiménez. Ho calcolato i tempi per vedere se è comunque possibile e lo è, ma è anche decisamente improbabile.»
«Be', una cosa quasi emozionante, no?», disse Calderón. «A che ora Lucena ha lasciato l'edificio?»
«Non c'è nessuna registrazione», rispose Falcón. «Dice di essere uscito la mattina dopo con Marciano Ruiz.»
«Come mai non c'è nessuna registrazione?»
«I cavi della telecamera del garage erano stati tagliati», rispose Ramírez e la notizia giunse nuova a Falcón. «Secondo la Policía Científica sono stati recisi con le pinze.»
«Allora sarebbe entrato da lì?» domandò Calderón, sperando di veder emergere scoperte più interessanti.
«Di sicuro è uscito da lì», disse Falcón. «Il problema, però, non era soltanto entrare nel palazzo senza essere visto, ma anche entrare nell'appartamento. Raúl Jiménez era attentissimo alla sicurezza e chiudeva sempre a chiave la porta con cinque giri di chiave, lo ha confermato la prostituta che lo ha sentito chiudere mentre aspettava l'ascensore.»
«Allora come ha fatto a entrare l'assassino?»
Falcón gli spiegò la teoria dell'autoscala delle Mudanzas Triana. Calderón si rigirò l'idea nella testa.
«E così entra nell'appartamento, che è vuoto, ma vi rimane nascosto per dodici ore e si porta dietro anche la telecamera per registrare Raúl Jiménez con una prostituta? Non mi sembra che…»
«Pur ammettendo che le cose siano andate in questo modo, non credo che quella parte fosse programmata», lo interruppe Falcón. «Credo che abbia agito spinto dalla sua stessa arroganza. Voleva dimostrarci che era sempre stato lì. Se non li avesse filmati, noi sapremmo molto meno, probabilmente staremmo ancora a perdere tempo con Basilio Lucena. Perciò dobbiamo ringraziare l'assassino di questa piccola svista, nonché dello straccio imbevuto di cloroformio che ha dimenticato, perché con ognuno di questi errori ci rivela qualcosa di sé.»
«Cioè che si tratta di un dilettante», disse Calderón.
«Ma di un dilettante con i nervi saldi», replicò Falcón. «Sa rischiare e gli piace prendersi gioco degli altri.»
«Uno psicopatico?»
«Motivato e disposto a scherzare. E senza molto da perdere.»
«E con una certa esperienza chirurgica», aggiunse Ramírez.
Falcón illustrò la seconda ipotesi: Eloisa Gómez che lasciava entrare il suo amante o un amico del suo ambiente per uccidere Raúl Jiménez.
«Non è stato rubato niente», spiegò Ramírez. «L'appartamento era praticamente vuoto, perciò l'unico motivo per volerci entrare era uccidere Raúl Jiménez.»
«La ragazza come ha retto l'interrogatorio?»
«È una dura», rispose Ramírez.
«Ci riproverete comunque, no?» raccomandò Calderón.
Nella calma che seguì i loro cenni di assenso, Falcón fece al magistrato un breve resoconto sul suo colloquio con Lobo a proposito del livello di corruzione al tempo dell'Expo '92 e del coinvolgimento di Raúl Jiménez. Accennò anche all'avvertimento che gli aveva dato il Comisario.
«Se questo delitto ha a che fare con casi di corruzione, io devo essere libero di parlarne», affermò Calderón, uno scintillio negli occhi, all'improvviso il magistrato combattente.
«Certamente», lo rassicurò Falcón. «Ma vi sono aspetti abbastanza delicati, con il coinvolgimento di personaggi importanti che, anche se sono puliti, potrebbero non gradire l'associazione. Dell'ambiente della magistratura, ricorda chi compariva nelle fotografie? Bellido e Spinola, tanto per nominarne due.»
«Si tratta di cose di dieci anni fa, comunque», disse Calderón, il suo attacco di idealismo rapidamente smorzato.
«Non è un tempo poi tanto lungo per coltivare un rancore», osservò Falcón, e gli altri due lo guardarono come se l'Inspector Jefe di rancori ne coltivasse parecchi simultaneamente.
Dopo aver riferito la sua conversazione con Consuelo Jiménez, Falcón porse al giudice la stampata del vecchio elenco di indirizzi, ricordando che l'assassino si era appropriato del telefono cellulare di Raúl Jiménez. Calderón scorse l'elenco. Ramírez sbadigliò e si accese un'altra sigaretta.
«E così mi state dicendo», concluse Calderón, «che nonostante la scena orripilante che l'assassino ha lasciato nell'appartamento, malgrado tutti gli interrogatori e le deposizioni raccolte fino a questo momento… in effetti non abbiamo nessuna pista concreta?»
«Abbiamo sempre la signora Jiménez come principale indiziata. È l'unica ad avere avuto un movente preciso e la possibilità di mettere in esecuzione il suo piano. Eloisa Gómez è invece una possibile complice di un assassino che ha agito di propria iniziativa.»
«Oppure no», obiettò Calderón. «L'assassino potrebbe anche in questo caso essere stato pagato dalla signora Jiménez e, se così fosse, sono certo che la signora non avrebbe voluto attirare l'attenzione su di sé fornendo la chiave al sicario. Gli avrebbe detto di trovare da solo il modo di entrare nell'appartamento.»
«E l'assassino si sarebbe servito della prostituta oppure dell'autoscala?» domandò Ramírez. «Io so quello che avrei fatto.»
«Se si fosse servito della ragazza per entrare, perché filmarla?» si chiese Calderón. «Non sembra logico. Sembra più sensata l'altra ipotesi, cioè che l'abbia fatto per farci vedere quanto sia bravo.»