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«In entrambi i casi esistono aspetti possibili e aspetti improbabili», osservò Falcón.

«Siete tutti e due convinti che la signora Jiménez sia seriamente una candidata attendibile come colpevole dell'omicidio del marito?» domandò Calderón.

Ramírez rispose di sì, Falcón di no.

«In che modo lei intende condurre il caso, Inspector Jefe?»

Falcón fece scrocchiare le dita l'una dopo l'altra. Calderón reagì con un moto di fastidio. L'ispettore non voleva ancora rivelare ciò che gli suggeriva l'istinto, aveva bisogno di tempo per riflettere. In quel caso c'erano già abbastanza elementi straordinari senza proporre di esaminare la vita di Jiménez verso la fine degli anni '60. Ma era lui il capo e quindi lui doveva avere le idee.

«Dovremmo lavorare su entrambe le ipotesi e sull'elenco di indirizzi di Raúl Jiménez», disse. «Credo che dobbiamo mantenere una presenza dentro e intorno all'Edificio Presidente per tentare di trovare un testimone che confermi una delle teorie sul modo in cui è entrato l'assassino e possibilmente ce ne fornisca una descrizione. Dobbiamo interrogare gli addetti della ditta di traslochi e dobbiamo mantenere sotto pressione sia Consuelo Jiménez sia Eloisa Gómez.»

Nessuna replica da parte di Calderón.

Stavano tornando alla Jefatura sulla Blas Infante. Ramírez era alla guida e, mentre attraversavano il fiume in direzione di plaza de Cuba, la pubblicità della birra Cruzcampo gli provocò l'impressione di avere la gola asciutta. Non gli sarebbe dispiaciuto farsi una birretta, pensò, ma non con Falcón. Voleva bere in compagnia di qualcuno più socievole di lui.

«Che cosa pensa veramente, Inspector Jefe?» domandò, strappando Falcón alle sue riflessioni sulle difficoltà del suo primo incontro con il giovane magistrato.

«Penso più o meno quello che ho detto al Juez Calderón.»

«No, no, non ci credo», ribatté Ramírez, battendo la mano sul volante. «Io la conosco, Inspector Jefe.»

L'osservazione costrinse Falcón a volgersi sul sedile: l'idea che Ramírez avesse una sia pur minima idea di ciò che gli passava per la mente era quanto meno risibile.

«Mi dica, Inspector.»

«Lei gli ha riferito alcune cose, ma ne pensava altre», affermò Ramírez. «Voglio dire, lei sa bene che controllare quell'elenco di indirizzi è solo una perdita di tempo, come lo è, ammettiamolo, interrogare i dipendenti licenziati dalla signora Jiménez.»

«Questo non lo so», disse Falcón. «E lei sarà consapevole che anche i passi basilari vanno comunque compiuti. Dobbiamo dimostrare di saper lavorare bene.»

«Ma non crede che ci sia un collegamento, vero?»

«Rimango aperto a tutte le ipotesi.»

«Questa è opera di uno psicopatico e lei lo sa, Inspector Jefe.»

«Se io fossi uno psicopatico e mi piacesse ammazzare la gente, non sceglierei un appartamento al sesto piano dell'Edificio Presidente, con tutte le complicazioni che ciò comporta.»

«Gli piace mettersi in mostra.»

«Ha studiato quelle persone, ha voluto sapere tutto del suo bersaglio, è stato accurato», obiettò Falcón. «Deve averli visti visitare la loro nuova casa, deve aver spiato gli addetti ai traslochi salire nell'appartamento…»

«Dobbiamo interrogarli domattina come prima cosa», disse Ramírez. «Una tuta dimenticata, cose del genere.»

«Domani è Viernes Santo», precisò Falcón.

Ramírez entrò nel parcheggio dietro la Jefatura.

«Il movente», soggiunse scendendo dall'auto. «Perché sta eliminando dal quadro la vipera?»

«La vipera?»

«Quei ragazzi con i quali ho parlato, quelli che erano contenti di essere sfuggiti alle grinfie di Consuelo Jiménez, non hanno avuto una sola parola gentile su di lei come persona, però dal punto di vista professionale hanno detto che era bravissima.»

«E a Siviglia questa è una cosa insolita?» domandò Falcón.

«Lo è per quel tipo di donna, la moglie di un uomo ricco. Normalmente alle donne di quel genere non piace sporcarsi le mani e trattano solo con il Marqués e la Marquesa de No Sé Que. Ma a quanto pare la signora Jiménez faceva tutto.»

«Per esempio?»

«Lavava l'insalata, tagliava la verdura, cucinava i revueltos, serviva a tavola, andava al mercato, pagava gli stipendi e teneva la contabilità, senza trascurare di accogliere e intrattenere i clienti.»

«E che cosa ne conclude?»

«Le piaceva quel lavoro, lo aveva fatto diventare il suo lavoro. Quel nuovo locale che avevano aperto a La Macarena è stato un'idea sua. Si è occupata lei del progetto, della supervisione dei lavori, dell'arredamento, ha assunto il personale giusto, insomma ha fatto tutto lei. L'unica cosa che non ha toccato è stato il menu, perché sa che la gente ci va per quello. Piatti sivigliani semplici e cucinati alla perfezione.»

«Conosce il locale?»

«Il miglior salmorejo di Siviglia, il miglior pan de casa di Siviglia. Il miglior jamón, i migliori revueltos, le migliori chuletillas… tutto il meglio. E a prezzi ragionevoli, anche. Neppure esclusivo, anche se tengono sempre un tavolo per i toreros e altri idioti del genere.»

Ramírez spinse con la spalla la porta sul retro della Jefatura, la tenne aperta per Falcón e lo seguì su per le scale.

«Che cosa mi vuole dire con questo?» domandò Falcón.

«Come crede che avrebbe reagito, diciamo, se il marito avesse deciso di vendere tutto?» disse Ramírez, facendo arrestare Falcón sul gradino. «Non l'ho tirato fuori davanti a Calderón, perché ho solo la parola di quei ragazzi a questo proposito.»

«Be', sono contento che sia stato lei a interrogarli», commentò Falcón. «Che cosa ho appena detto sulle cose basilari?»

«Non riuscirà lo stesso a farmi lavorare su quegli indirizzi», replicò Ramírez.

«E così, quelli hanno sentito Raúl Jiménez parlare con qualcuno?»

«Conosce una catena di ristoranti che si chiama Cinco Bellotas, gestita da un certo Joaquín López? È giovane, dinamico e molto solido sotto il profilo economico. È uno dei pochi a Siviglia che potrebbe comprare e mandare avanti i locali di Jiménez anche domani.»

«Nessun collegamento tra lui e la signora Jiménez?»

«Non lo so.»

«Il piano di questo delitto è molto elaborato. Elaborato e raccapricciante», disse Falcón, riprendendo a salire le scale. Aprì con il piede la porta del suo ufficio. «Si faccia questa domanda, Inspector: la signora Jiménez chi potrebbe aver trovato, e quanto avrebbe dovuto pagarlo, per fare tutte quelle riprese preliminari con la telecamera, entrare nell'appartamento in quel modo e torturare un vecchio fino a farlo morire?»

«Dipende da quanto intensamente lo voleva», ribatté Ramírez. «Non c'è nessuna innocenza in lei, se vuole il mio parere.»

I due uomini guardarono dalla finestra dell'ufficio di Falcón le file di macchine, meno numerose ora che il buio stava calando.

«E c'è dell'altro», riprese Falcón, «qualsiasi cosa l'assassino abbia mostrato a Raúl Jiménez era vera. Lui non voleva vederla e per questo l'altro ha dovuto…»

Ramírez annuì, ogni sforzo cerebrale terminato per quel giorno. Accese una sigaretta, senza pensare o ricordare che Falcón detestava che si fumasse nel suo ufficio.

«E allora qual è la sua ipotesi, Inspector Jefe?»

Falcón scoprì che stava mettendo a fuoco un'immagine più vicina: non stava più guardando il parcheggio vuoto, ma il suo riflesso nel vetro. Un volto dagli occhi incavati, assenti, che non vedevano, un volto perfino sinistro.