Jiménez guardò le foto di famiglia come se la loro preziosità fosse stata sciupata dal veleno della memoria, il labbro inferiore tremante, il pomo di Adamo che andava su e giù.
«La polizia non scoprì niente?» domandò Falcón.
«No», rispose Jiménez. La parola gli uscì di bocca come il respiro di uno spettro.
«Normalmente, quando sparisce un bambino…»
«Non trovarono niente, Inspector Jefe, per la semplice ragione che non era stata data loro nessuna informazione.»
«Non capisco.»
Jiménez si sporse verso di lui appoggiandosi alla scrivania che cigolò: sembrava che gli occhi volessero sfuggirgli dalla testa.
«Mio padre denunciò il rapimento, disse alla polizia che era un mistero e ventiquattr'ore dopo avevamo già lasciato Almería», disse Jiménez. «Non so se lo abbia fatto perché era terrorizzato all'idea che quella gente volesse colpire ancora o se volesse evitare domande da parte delle autorità o per entrambe le ragioni. Ma lasciammo Almería. Passammo due settimane in un albergo di Malaga, io dormivo con Marta, che si era ritratta in se stessa e non parlava più. Mia madre e mio padre erano nella stanza accanto e le urla… i pianti… Mio Dio, è stato terribile. Poi ci portò tutti a Siviglia. Affittammo un appartamento a Triana e qualche mese dopo ci trasferimmo a plaza de Cuba. Mio padre dovette tornare qualche volta ad Almería per sistemare i suoi affari e per comparire davanti alle autorità, e quella fu la fine di Arturo.»
«Ma che cosa disse a voi, alla sua famiglia? Come spiegò quella reazione bizzarra?»
«Non la spiegò. Usò semplicemente la sua rabbia vulcanica per farci capire che dovevamo tutti quanti dimenticarci di Arturo… che Arturo non esisteva.»
«E i rapitori… sta dicendo che non erano arrivate richieste di…?»
«Lei non ha capito, Inspector Jefe», lo interruppe Jiménez, protendendo le mani con un gesto supplichevole sulla scrivania, «non arrivò nessuna richiesta. Era quello il loro prezzo, il loro prezzo era Arturo.»
«Ha ragione. Non capisco. Non capisco niente di tutto questo.»
«Benvenuto nel club: mia madre morta, mia sorella pazza, io. E adesso lei. Nel trasferimento tra Almería e Siviglia perdemmo ogni traccia di Arturo, non portammo con noi nessuna prova della sua esistenza: tutto sparito, fotografie, giocattoli, perfino il suo letto. Mio padre riscrisse la storia di famiglia e lasciò fuori Arturo. Al momento di traslocare nell'appartamento di plaza de Cuba eravamo come morti viventi. Mia madre guardava la strada dalla finestra tutto il giorno, accostandosi di colpo al vetro ogni volta che vedeva passare un bambino; mia sorella rimase muta e dovette essere tolta dalla scuola che aveva appena cominciato a frequentare. Io cercavo di stare lontano di lì il più possibile. Di perdermi, grazie ai miei nuovi amici che non sapevano che avessi avuto un fratello minore.»
«Perdersi?»
«Credo che mi sia successo proprio questo. Mi venne una strana incapacità di ricordare qualsiasi cosa fosse accaduta prima dei quindici anni. I ricordi di molta gente risalgono ai tre, quattro anni, per qualcuno anche al tempo in cui era in culla. Io non ricordavo nulla distintamente, avevo solo vaghe immagini, semplici ombre di ciò che ero stato… Fino a qualche anno fa.»
Falcón cercò di pensare al suo ricordo più lontano e non riuscì a trovare quasi nulla che fosse precedente alla colazione del giorno prima.
«E non ha nessuna idea del perché suo padre avesse preso quella decisione devastante?»
«Presumo che si sia trattato di qualcosa di criminale. Un'indagine seria sul rapimento di Arturo avrebbe necessariamente comportato rivelazioni importanti che con ogni probabilità avrebbero rovinato mio padre… forse sarebbe finito in prigione. Ovviamente doveva avere a che fare con qualche sporca faccenda di Tangeri e forse c'era anche un aspetto morale di non so quale tipo. Comunque sia, mio padre deve aver ragionato nel suo modo particolare, concludendo che, a poche ore dal suo rapimento, Arturo doveva essere già in Nordafrica o certamente su una nave diretta là. Nella sua mente mostruosa deve aver calcolato che la polizia non avrebbe avuto nessuna possibilità, che lui non avrebbe avuto nessuna possibilità.
«Il messaggio dei rapitori era chiaro: questo è il prezzo per ciò che hai fatto. E ora questa è la tua scelta. Lo cerchi e ti rovini o accetti di pagare lo scotto e vai avanti. Non crede che la perfezione di questa scelta terribile partecipi della natura del male assoluto? Gli stavano dicendo: vuoi scegliere il bene o il male? Se scegli il bene, tenterai di ritrovare tuo figlio, farai tutto quanto è in tuo potere e ti rovinerai completamente. Finirai la tua vita in esilio o in prigione, la tua famiglia sarà distrutta. E… qui sta l'orrore della cosa, Inspector Jefe, non riavrai Arturo. Sì, era così, è così che è andata. Lo hanno costretto a scegliere il male e, avendolo fatto, ha dovuto ricorrere a mezzi diabolici per sopravvivere. Si è convinto, e ha convinto noi, che Arturo non era mai esistito, lo ha cancellato e noi con lui. Ci ha costretti a superare la perdita nel suo modo e ha distrutto tutto. Sua moglie e la sua famiglia. E questo deve essere stato il suo ragionamento conclusivo: dato che Arturo è morto, che la mia famiglia sarà distrutta qualsiasi cosa io faccia, che cosa conviene a me?»
Jiménez alzò una mano, col palmo all'insù come se soppesasse qualcosa, la sollevò in alto: «La leggerezza di piuma del bene morale?»
Alzò l'altra e la lasciò ricadere con un tonfo sulla scrivania: «O il peso dorato del potere, della posizione e della ricchezza?»
Muti, i due uomini contemplarono la disparità tra i due piatti della bilancia.
«Pensavo», disse Falcón nel silenzio rilegato in pelle tra le pareti coperte di libri, «pensavo che avessimo superato il tempo della tragedia, che vivessimo in un'era in cui le figure tragiche non potessero più esistere. Non abbiamo più re o grandi guerrieri che possano cadere da tali altezze a tali profondità. Oggi noi ammiriamo attori del cinema, sportivi e uomini d'affari, personaggi privi, in certo modo, della stoffa di cui è fatta la tragedia, eppure… suo padre. Suo padre mi colpisce come una bestia rara, la figura tragica moderna.»
«Vorrei soltanto che la tragedia rappresentata non fosse quella della mia vita», osservò Jiménez.
Falcón si alzò per accomiatarsi e vide il suo caffè freddo e intatto sul bordo della scrivania. Strinse la mano di Jiménez a lungo, per dimostrargli la sua gratitudine.
«Per questo le ho chiesto di richiamarmi», disse Jiménez, «dovevo parlare con il mio analista.»
«Per chiedergli il permesso?»
«Per vedere se mi giudicasse pronto. Mi è sembrato ritenesse una buona idea che l'unica altra persona ad apprendere da me la storia della mia famiglia fosse un poliziotto.»
«Per agire di conseguenza, vuol dire?»
«Perché un poliziotto sarebbe stato legato al segreto professionale», rispose serio il legale.
«Preferisce che non dica nulla di tutto questo a Consuelo?»
«Servirebbe a qualcosa, se non a spaventarla a morte?»
«Ha avuto tre figli da suo padre.»
«Non riuscivo a crederci quando l'ho saputo.»
«Come l'ha saputo?»
«Mio padre mi ha mandato due righe a ogni nascita.»
«È stata lei a obbligarlo, era una condizione per il matrimonio.»
«È comprensibile.»
«Mi ha anche detto che suo padre aveva l'ossessione della sicurezza, aveva installato nell'appartamento una porta superblindata e si accertava personalmente che fosse chiusa ogni sera.»
Jiménez contemplò la superficie della scrivania.
«Mi ha detto anche un'altra cosa che dovrebbe rivestire un certo interesse per lei…»