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«Mi interessava l'infelicità abietta di suo marito, come l'ha definita lei, che deve essere stata anche l'infelicità di Gumersinda al momento della sua morte. Volevo sapere che cosa aveva potuto causare una tale devastazione.»

«I poliziotti sono tutti come lei?»

«Siamo persone… ognuno di noi è diverso dall'altro», rispose Falcón.

«Ha trovato ciò che cercava?»

Ascoltando il resoconto della sua conversazione con José Manuel, Consuelo Jiménez perse la sua baldanzosa sensualità. La ciabattina, che era stata così vicina al ginocchio di Falcón, fu ritirata e andò a raggiungere la sua compagna sul pavimento di marmo del patio. Quando Javier ebbe finito, soltanto le spalline della giacca nera avevano conservato una forma precisa. Falcón versò altro whisky.

«Los niños de la calle», ripeté.

«Stavo pensando la stessa cosa», disse la signora Jiménez.

«La sua ossessione per la sicurezza.»

«Avrei dovuto scoprire ciò che Raúl aveva fatto, non avrei dovuto rinunciare. Avrei dovuto sapere tutto questo per capirlo, per capire i suoi… moventi.»

«E se avesse dovuto dedicare tutta la vita a questa impresa?»

La signora Jiménez si accese un'altra sigaretta.

«Crede che abbia qualcosa a che vedere con l'omicidio?»

«Ho chiesto al figlio di Raúl se, secondo lui, Arturo potesse essere ancora vivo», disse Falcón.

«E tornato per vendicarsi? È assurdo. Sono certa che quel povero bambino è stato ammazzato.»

«Perché? Io sono altrettanto certo che potrebbero averlo utilizzato… per annodare tappeti o qualcosa del genere.»

«Come uno schiavo? E se fosse fuggito?»

«È mai stata in un posto come Fez?» le domandò Falcón. «Immagini Siviglia senza i suoi edifici più importanti, senza le piazze e il verde, e comprima tutto quanto in modo che le vie divengano più strette, le case quasi si tocchino in alto e poi metta la città a rosolare in modo che ogni cosa si sgretoli, moltiplichi questo per cento, sottragga mille anni dalla data di oggi e questa è Fez. Si può entrare nella medina da bambini e uscirne vecchi senza averne percorso tutte le strade. Se mai fosse riuscito a fuggire senza essere ripreso, dove avrebbe potuto andare? Chi è? Dove sono i suoi documenti? Non appartiene a nessun luogo e a nessuno.»

Consuelo rabbrividì di fronte a quel pensiero terribile.

«Così è questo che sta cercando?»

«I poliziotti di alto grado, intendo dire i capi che amministrano i fondi per mandare avanti la polizia, hanno una vera avversione per la fantasia. Mi occorrerebbe ben più di una registrazione del colloquio con José Manuel per convincerli a dare il via a una caccia all'uomo», rispose Falcón. «Dobbiamo essere più terra terra, con meno immaginazione, perché tutto ciò che facciamo finisce davanti al magistrato e i magistrati detestano le storie fantasiose nei loro tribunali.»

«E allora che cosa farà?»

«Indagherò sulla vita di suo marito per vedere se salta fuori qualcosa. Lei potrebbe essermi di aiuto.»

«Questo mi depennerebbe dalla lista dei sospettati?»

«No, finché non avremo trovato l'assassino. Ma potrebbe farmi risparmiare molto tempo, dato che devo orientarmi in quasi settantotto anni di vita.»

«Posso aiutarla soltanto per gli ultimi dieci.»

«Be', questo comprende un periodo in cui era un uomo in vista… l'Expo '92.»

«La commissione per gli appalti», disse la signora Jiménez.

«C'è anche il fenomeno interessante delle pesetas 'sporche' che vogliono diventare euro 'puliti'.»

«Sono sicura che saprà già tutto sul settore della ristorazione.»

«Le frodi fiscali non mi interessano, Doña Consuelo. Quello non è il mio campo, io devo occuparmi di possibilità più drammatiche. Di cose, per esempio, che abbiano richiesto una grande fiducia e dove forse questa fiducia sia stata tradita e siano state perse delle fortune, siano state rovinate delle vite umane, lasciando gravi motivazioni per desiderare una vendetta.»

«Per questo lei si occupa di omicidi?» domandò Consuelo Jiménez, alzandosi.

Senza rispondere Falcón l'accompagnò alla porta, cercando di non ascoltare i tacchetti di lei battere in Morse la parola S-E-S-S-O sul pavimento di marmo.

«Chi l'ha presentata a mio padre?» domandò. Tattica diversiva.

«Raúl aveva ricevuto un invito e ha mandato me. Io avevo lavorato in una galleria d'arte, così ha pensato che me ne intendessi.»

«È lì che ha conosciuto Ramón Salgado?»

Il ticchettio si interruppe per un istante.

«Era stata la sua galleria a mandare l'invito, era stato Ramón ad accogliere gli invitati e a fare le presentazioni.»

«Le ha parlato lui della sua straordinaria somiglianza con Gumersinda?»

La donna batté le palpebre, come se avesse dimenticato la confidenza che le era sfuggita. Falcón aprì la porta sul corto vialetto d'accesso acciottolato e fiancheggiato da aranci, che immetteva sulla calle Bailén.

«Sì, è stato lui», rispose Consuelo. «Venire qui stasera mi ha fatto ricordare ogni cosa. Avevo suonato, ma Salgado stava parlando con qualcuno che aveva appena fatto entrare, perciò non si era girato verso la porta nell'aprirla, ma quando i nostri sguardi si sono incontrati io ho capito che era assolutamente allibito. Credo perfino che mi abbia chiamato Gumersinda, ma forse questa è un'esagerazione della memoria. Comunque sia, ricordo che al momento dei drink me l'aveva già detto, con il risultato di farmi bere troppo, tanto che ho parlato e parlato come un'idiota con Falcón che desideravo conoscere da una vita.»

«E così Ramón e suo marito si conoscevano dal tempo di Tangeri?»

Un'altra cosa che lei non ricordava di aver detto.

«Non ne sono sicura.»

Si strinsero la mano. Falcón seguì con lo sguardo le sue gambe che si allontanavano verso calle Bailén. Richiuse il portone e andò dritto nello studio.

ESTRATTI DAI DIARI DI FRANCISCO FALCÓN

20 marzo 1932, Dar Riffen, Marocco

Oscar (non so se sia il suo vero nome, ma si fa chiamare così) non solo è il mio superiore, ma anche il mio maestro. Nella «vita reale», come dice lui, era un insegnante. È tutto ciò che so di Oscar. Los brutos (i miei camerati) mi dicono che si trova qui perché è un molestatore di bambini. Non lo sanno per certo dato che, secondo le regole della Legione, non si è tenuti a rivelare il proprio passato. Los brutos naturalmente godono moltissimo nel rivelare il loro passato a me, per la maggior parte sono assassini, qualcuno è colpevole di stupro e di omicidio insieme. Oscar dice che sono soltanto carne, sangue e ossa tenuti su da qualche cordone interno che permette loro di camminare eretti, di comunicare, di defecare e di ammazzare la gente. Los brutos diffidano di Oscar solo perché provano paura e sfiducia nei confronti sia pure di un barlume di intelligenza. (Io per scrivere mi nascondo, oppure Oscar mi lascia usare la sua stanza.) Ma los brutos lo rispettano, ognuno di loro le ha buscate da lui una volta o l'altra.

Oscar mi ha preso come suo discepolo dopo che mi ha scoperto a disegnare nella caserma. Mi ha fatto immobilizzare da un paio di brutos e mi ha strappato il foglio dalle mani, per ritrovarsi davanti la sua immagine in tutta la sua brutale intelligenza. Ero paralizzato dalla paura. Mi ha afferrato per il colletto e mi ha trasportato di peso nella sua stanza, inseguito dalle grida dei brutos che lo incitavano. Una volta lì mi ha scaraventato contro il muro e io sono finito per terra. Ha osservato di nuovo il disegno, si è seduto sui talloni e mi ha guardato dritto in faccia con i suoi occhi celesti d'acciaio. «Chi sei?» mi ha domandato, il che era strano. Ma io ho avuto abbastanza buonsenso per non rispondergli dando il mio nome e sono rimasto zitto. Mi ha detto che il disegno era buono e che lui sarebbe stato il mio maestro, ma che aveva una reputazione da difendere. Perciò le ho buscate lo stesso.