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6 agosto 1936, Siviglia

La mia prima volta sul suolo spagnolo. Il nostro è stato uno dei primi distaccamenti ad attraversare lo stretto. Lo attraversiamo via mare e siamo delusi per non essere stati trasportati in aereo. Ci fanno salire sugli autocarri e ci dirigiamo verso Siviglia. Le strade sono completamente deserte. I nostri ordini sono di puntare a nord al comando del colonnello Yagüe, verso Mérida. Ci hanno detto che chiunque opponga resistenza è un comunista e, in quanto tale, nemico della Spagna, e che deve essere trattato con il massimo rigore, senza nessuna pietà. Si dice che l'opposizione se la stia facendo addosso al pensiero dell'Armata d'Africa. Dopo la rivolta dei minatori delle Asturie la nostra fama ci precede. L'effetto di questi ordini, con la loro carica di sete di sangue, è come una corrente elettrica tra i ranghi. Eravamo già infiammati e ora siamo invincibili e nel giusto, per soprammercato.

10 agosto 1936, vicino a Mérida

L'avanzata è stata implacabile (300 km in quattro giorni) e abbiamo saputo presto che le notizie del terrore che ispiriamo viaggiano alla velocità del suono. Noi lo chiamiamo «castigo». Dopo aver soffocato ogni resistenza, percorriamo paesi e città armati di coltelli e di machete. È l'acciaio freddo a terrorizzare, non è impersonale come le pallottole.

A El Real de la Jara la popolazione è scappata sui monti solo per poi essere circondata dai Mori dei Regulares, i quali hanno fatto cose così terribili che non abbiamo più incontrato nemmeno una minima resistenza fino a Almendralejo. Arrivati là siamo come impazziti e abbiamo ammazzato tutta la gente rimasta in città, centinaia di cadaveri, uomini e donne, ammassati nelle strade; con il caldo il fetore era tale che ben presto è diventato insopportabile e abbiamo abbandonato le case stordite, senza vita, sotto la coltre di fumo dei tetti incendiati. Oscar insiste perché io «scriva tutto» ma sono troppo esausto, per qualcosa di più delle incombenze del giorno.

11 agosto 1936, Mérida

Gli ufficiali dicono scherzando che stiamo dando ai contadini «la riforma agraria».

Uno dei Mori dei Regulares ci mostra la sua raccolta di puzzolenti testicoli umani ricoperti di uova di mosche. Castrano le vittime in un rito di guerra. Questo è troppo per Oscar, che fa rapporto al nostro capitano, e la pratica viene proibita.

15 agosto 1936, Badajoz

La 4a Bandera ha preso d'assalto la Puerta de la Trinidad. Sono entrati cantando e si sono presi in faccia un fuoco accanito di mitragliatrici, che li ha costretti a ritirarsi per un momento. Hanno sfondato al secondo tentativo e noi siamo entrati dietro di loro, calpestando i cadaveri. Una volta dentro è stato un combattimento strada per strada fino al centro. Nel pomeriggio chiunque fosse sospettato di resistenza è stato radunato nell'arena vicino alla cattedrale. C'è stato un gran piangere e lamentarsi, ma noi eravamo infuriati dopo le perdite subite nell'attacco iniziale. I colpi di pistola sono risuonati fino a notte. I Regulares hanno perlustrato la città, frugando in ogni casa, cercando chiunque avesse un'arma o perfino il segno del rinculo sulla spalla. Dopo l'indisciplina delle Asturie, Oscar è deciso a non permettere che perdiamo il controllo e ci lasciamo andare a un'orgia di saccheggi e stupri come le altre compagnie nella Bandera o nei Regulares. Gli uomini brontolano finché Oscar porta qualche cassa di bottiglie rubate in un bar. Versiamo aguardiente, anisetta e vino rosso nello stesso bicchiere e questo miscuglio diventa famoso, lo chiamiamo Terremoto.

22 settembre 1936, Maqueda

Ora so che cosa vuol dire essere induriti dalle battaglie. Prima erano solo parole che riguardavano i veterani. Adesso mi rendo conto che si tratta di una condizione mentale che perdura. Viene dal dover prendere una quantità di decisioni sotto una pressione estrema, dalla completa soppressione della paura, dal vedere gli uomini morire intorno a te quotidianamente, dal resistere allo sfinimento, dall'accettazione dell'inevitabilità della battaglia.

29 settembre 1936, Toledo

L'attacco è stato sferrato a mezzogiorno del 27 settembre. Prima dell'assalto abbiamo marciato davanti ai cadaveri mutilati di due nazionalisti giustiziati, un paio di chilometri fuori dalla città. I colonnelli hanno dato l'ordine: «Sapete quello che dovete fare». Il combattimento è stato durissimo e all'inizio dell'attacco i Regulares hanno preso una batosta, tanto che ci aspettavamo di doverci ritirare per raggrupparci, ma a un certo punto i comunisti hanno ceduto e sono scappati. C'è stato qualche scontro per le strade. I Mori sono stati particolarmente selvaggi quel pomeriggio, hanno fatto a pezzi i prigionieri con il machete finché sull'acciottolato delle strade ripide scorreva letteralmente il sangue. Sono state lanciate granate nell'ospedale di San Juan e, mentre i Regulares si avvicinavano a un seminario dove si era nascosto un gruppo di anarchici, l'edificio è saltato in aria.

30 settembre 1936, Toledo

Oscar ha scoperto che i repubblicani hanno lasciato gli El Greco in città e grazie al nostro capitano ha ottenuto il permesso di vederli. Abbiamo visto sette dei suoi quadri degli Apostoli, ma non il famoso «Entierro del conde de Orgaz». Sono ipnotizzato e non riesco assolutamente a scoprire la sua tecnica, come faccia a ottenere una luce interiore che brilla attraverso la carne e il sangue, perfino attraverso le vesti degli apostoli. Dopo il fragore della battaglia, le mutilazioni, le strade imbrattate di sangue, ritroviamo la pace davanti a questi dipinti e ora so che voglio fare il pittore.

20 novembre 1936, Ciudad Universitaria de Madrid

La guerra ha raggiunto un nuovo stadio. Abbiamo bombardato la nostra stessa capitale con esplosivi e bombe incendiarie per più di una settimana. Eravamo accampati lungo i binari della ferrovia sul lato occidentale del Manzanarre e ogni nostro tentativo di attraversarlo era prontamente respinto. Poi, all'improvviso ci siamo trovati sull'altra sponda a correre verso l'università, senza trovare resistenza e stupefatti. Non riuscivamo a capire che cosa fosse successo, forse un altro cedimento dei nervi nel momento cruciale oppure il solito fiasco repubblicano di un'unità che si ritira prima che sia arrivata quella che deve sostituirla, come ha indicato la battaglia successiva. Abbiamo preso la scuola di Architettura, ma siamo stati scacciati dalla facoltà di Lettere e Filosofia. Stiamo combattendo contro le Brigate internazionali di tedeschi, francesi, italiani e belgi. Gli edifici risuonano dei canti comunisti tedeschi e dell'Internazionale. Oscar dice che queste brigate sono formate tutte da scrittori, poeti, compositori e artisti. Danno perfino alle loro brigate il nome di eroi della letteratura. Gli chiedo perché gli artisti stiano solo dalla parte della sinistra e lui mi dà una delle sue risposte enigmatiche: «È nella loro natura». E io, come sempre, devo domandargli che cosa vuol dire. Il nostro rapporto allievo-maestro non è mai cambiato.

«Sono creativi», dice. «Vogliono cambiare le cose. Non amano il vecchio ordine della monarchia, la chiesa, l'esercito e i proprietari terrieri. Credono nel potere dell'uomo comune e nel suo diritto all'uguaglianza. Per arrivare a questo devono distruggere tutte le vecchie istituzioni.»

«E sostituirle con che cosa?» domando.

«Appunto», dice Oscar. «Le sostituiranno con un ordine diverso… uno che a loro piace, senza re, né preti, senza uomini d'affari o proprietari terrieri. Dovresti riflettere su questo, Francisco, se vuoi fare il pittore. La grande arte cambia il nostro modo di vedere le cose. Pensa all'impressionismo. Ridevano della visione confusa di Monet. Pensa al cubismo. Pensavano che Braque fosse impazzito dopo essere stato ferito alla testa e aver subito una trapanazione al cranio. Pensa a 'Les Demoiselles d'Avignon' di Picasso: sono donne quelle? E che cosa credi che appenda nel suo salotto il generale Yagüe? O il generale Varela?»