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Camminò sotto i platani alti di plaza de la Alfalfa e si rattristò al pensiero dell'incontro che lo aspettava: pena e imbarazzo nel bel mezzo di una giornata di intensa attività. La segretaria lo introdusse nell'ufficio dove Consuelo Jiménez era seduta alla scrivania, la schiena dritta, le mani appoggiate sul riquadro di pelle, l'imbottitura delle spalle pronta alla battaglia. Falcón si lasciò cadere sulla sedia, lo stomaco ancora fremente di gaiezza. Ah, le pillole! Quasi fosse un ragazzo intento ad ascoltare negli auricolari la sua musica preferita, dovette trattenersi per non gridare di felicità.

Porse alla vedova la videocassetta ancora avvolta nel sacchetto di plastica degli elementi di prova. Lei la rigirò tra le mani e sussultò quando lesse il titolo. Falcón le disse di averla ricevuta per posta quella mattina e le parlò anche del biglietto con la scritta: «Lezione di vista».

«È uno dei fumetti pornografici di mio marito, vero?» «Suo marito lo stava guardando mentre era con la prostituta nel suo studio. Il cartoncino ci avvertiva di osservare attentamente le parti quattro e sei.»

«Molto bene, Inspector Jefe. E allora?»

«Non ha idea del contenuto della cassetta?»

«Non sono interessata alla pornografia. Anzi, mi fa schifo.»

«Dai vestiti degli attori e delle attrici sembra che il film sia stato girato vent'anni fa.»

«Vestiti in un film porno? Molto originale.»

«Solo all'inizio.»

«Andiamo, Inspector Jefe, se c'è stato uno sviluppo nelle indagini, allora fuori tutto e parliamone.»

«Le due parti che il cartoncino ci chiedeva di guardare con attenzione presentavano lei come interprete, signora Jiménez, lei da ragazza.»

Silenzio. Lungo a sufficienza per la formazione di una nuova era glaciale.

«Perché crede che…» cominciò Falcón.

«Di che cosa sta parlando, Inspector Jefe?»

Il tono tagliente della voce fece a pezzi la sicurezza di Falcón e nella sua mente si affacciò minacciosa l'idea che forse avevano sbagliato tutto, che Ramírez aveva visto male, che non si trattava di lei; ebbe l'impressione che i mobili dell'ufficio gli si avventassero contro mentre precipitava a capofitto nel momento più imbarazzante di tutta la sua carriera.

«Mi chiedevo», ripeté, riprendendosi, «come mai qualcuno abbia voluto mandare a noi questo film.»

«Perché crede di avere il diritto di venire nel mio ufficio con questa cosa disgustosa?»

«Ha un videoregistratore?»

«Venga con me», disse la donna afferrando la borsetta.

Uscirono dall'ufficio e percorsero il corridoio fino a una piccola stanza con due divanetti, una sedia e un televisore. Falcón infilò a fatica le mani, sudate in quel momento, nei guanti di plastica. La cassetta era predisposta per cominciare dalla scena numero quattro e Falcón decise di evitare il massimo dell'imbarazzo facendo scorrere soltanto i primi momenti in cui le quattro persone entravano nell'appartamento, fermando l'immagine non appena la ragazza in questione sarebbe comparsa sulla soglia. La signora Jiménez gli riservò uno sguardo carico di derisione, mostrandogli una ciocca dei suoi capelli biondi. Falcón premette play e le immagini ripresero a scorrere sullo schermo fino al primo piano inequivocabile del viso di Consuelo. L'ispettore tentò di bloccare la cassetta che, tuttavia, non volle ubbidire e proseguì mostrando la giovane Consuelo che abbassava la lampo dei pantaloni di un uomo frugandovi per tirare fuori il pene; a quel punto Consuelo Jiménez, terrea in viso, spinse da parte con violenza Falcón, arrestò il nastro e lo strappò dal registratore.

«Quello è un elemento di prova!» esclamò Falcón.

La donna scaraventò la cassetta sul pavimento e la impalò con il tacco della scarpa, rompendo il rivestimento di plastica, cercò di sfilarla dal tacco, ma l'elemento di prova era più tenace di una cacca di cane. Allora lei si tolse la scarpa, afferrò la cassetta e la lanciò contro la parete, dove si ruppe definitivamente e ricadde a pezzi. Falcón si precipitò a raccoglierli e a infilarli nel sacchetto mentre la donna lo colpiva con i pugni sulla testa e sulla schiena, livida, urlando parolacce mai sentite nemmeno nei covi dei drogati al Poligono San Pablo. L'uomo si girò, l'afferrò per le spalle, le gridò in faccia e la donna crollò, nascondendo il viso sul suo petto e inondandogli di lacrime la giacca.

L'ispettore la fece sedere sul divano. Consuelo si nascose il viso con un braccio. Falcón si sentiva combattuto: recita o verità? Alla fine Consuelo Jiménez rialzò lentamente il volto, distrutto. L'ispettore prese posto sulla sedia, mantenendo una certa distanza.

«Sì», ammise lei. «Ero io.»

«È stato difficile?»

«Un momento bruttissimo», rispose Consuelo Jiménez, riducendo a un fuggevole secondo quelle che certamente erano state lunghe ore.

«Problemi di soldi?»

«Problemi di tutto», rispose la donna fissando l'abisso dell'inevitabile intrusione. «Le ho rivelato spontaneamente i particolari del secondo aborto, pagato dal mio amante. Questo era il preludio del primo, finanziato da me. Volo andata e ritorno per Londra, albergo e ospedale. Un mucchio di soldi da trovare in due mesi, senza nessun aiuto.»

Rabbrividì, coprendosi la bocca con la mano come se stesse per vomitare.

«Nessuno vorrebbe mai dover ricordare certe cose», riprese, «rammentare che una donna incinta ha dovuto fare quello per guadagnarsi il denaro necessario per eliminare un feto. È un pensiero assolutamente disgustoso per me.»

Una grande lezione, questa «Lezione di vista numero uno». Forse sarebbe stato un bene che Ramírez avesse assistito alla scena, perché tutto corrispondeva al profilo dell'assassino. Quell'individuo sa, pensò Falcón, stana la vergogna o l'orrore nel passato degli altri e li costringe a guardarlo, a riviverlo.

«Come hanno potuto scoprirlo?» le domandò. «Qualcuno ne era a conoscenza?»

«L'avevo già cancellato dalla mia vita, non riesco a ricordare nulla. Ho fatto una cosa che allora andava fatta e non appena finito l'ho cacciata nel più profondo degli abissi. A malapena saprei dire chi frequentassi a quel tempo. Tornai da Londra e ripartii da zero.»

«Il padre?»

«Vuol dire piuttosto l'uomo che non è diventato padre. Era un meccanico del garage che dirigeva mio padre. Quando glielo dissi, scappò. Non l'ho mai più rivisto.»

«Come hanno potuto scoprirlo?» ripeté Falcón.

«Nessuno poteva saperlo. È stata la prima volta nella mia vita che ho sperimentato la vera solitudine. Feci tutto da sola, non lo dissi nemmeno a mia sorella.»

«Come trovò la clinica di Londra?» domandò Falcón, affrontando l'inevitabile, sordido controllo dei fatti.

«Il mio medico mi fornì l'indirizzo di una donna di Madrid che conosceva tutti i particolari.»

«E la somma necessaria… come riuscì a entrare in quell'ambiente?»

«C'era qualcun altro che conosceva quell'indirizzo», disse. «Non fu una coincidenza incontrare in un caffè quello stesso pomeriggio una ragazza che mi fece una proposta che corrispondeva esattamente alla cifra di cui avevo bisogno.»