Ramírez, alzando gli occhi dal panda, osservò il suo capo come se stesse vedendo un essere patetico, sperduto, sminuito e scollegato.
«Ne ho vinto uno per mia figlia l'anno scorso alla Feria», disse poi, accennando con il capo all'ospite silenzioso. «Ne va matta.»
«Strano come i pupazzi di peluche suscitino quell'istinto», osservò Falcón.
Ramírez indietreggiò davanti a una possibile intimità.
«Non aveva poi una vista così perfetta», disse indicando un paio di lenti a contatto sul comodino.
«Lo conosceva già», affermò Falcón. «Ne sono sicuro. Pensi a tutte le riprese che ha fatto per girare La Familia Jiménez. Deve aver visto Raúl insieme con quella ragazza ben più di una volta e certamente ha voluto sapere perché cercasse proprio lei.»
«Probabilmente faceva i migliori pompini della città», suggerì Ramírez brutalmente.
«Deve esserci un motivo.»
«Sembrava molto giovane, forse a lui piaceva per questo», disse Ramírez.
«Il figlio ha detto che si era innamorato della prima moglie quando lei aveva tredici anni.»
«Comunque sia, ispettore capo, queste sono solo congetture.»
«Di cos'altro disponiamo per supportare le nostre idee? Non abbiamo bisogno di altri indizi con le tracce che si sta lasciando dietro.»
«Secondo il Juez Calderón una principale indiziata esiste ancora», fece notare Ramírez.
«Non l'ho dimenticata, Inspector», disse Falcón.
«Ammesso che abbia assoldato qualcuno e che abbia capito di aver scatenato un pazzo, forse sta pensando di non essere proprio al sicuro lei stessa», osservò Ramírez. «Continuo a credere che dovremmo torchiarla.»
Le ragazze del gruppo di Eloisa sfilarono davanti alla porta dirette alla stanza dell'amica grassa. Ramírez trovò la rubrica del telefono di Eloisa e i due poliziotti percorsero il corridoio per raggiungere le ragazze, stravaccate in un locale fumoso.
Mentre Falcón le metteva al corrente di quanto era successo gli unici rumori nella stanza erano lo scatto degli accendini di poco prezzo e il sibilo delle boccate di fumo aspirate. Alla domanda se Eloisa vedesse qualcuno al di fuori del suo lavoro si levò qualche risatina di derisione. Dovevano riflettere bene, le invitò Falcón, ma le ragazze risposero che non ce n'era bisogno: Eloisa non aveva nessuno tranne la sorella a Cadice. Falcón scrutò attentamente i loro volti, facce da profughe, in fuga dalla vita, bloccate al confine della civiltà, lontane da ogni conforto. Le congedò, rimase soltanto la ragazza grassa.
«Qualcuno c'era», disse quest'ultima quando tutte le altre furono uscite. «Non un cliente regolare, ma l'aveva visto più di una volta. Diceva che era diverso dagli altri.»
«Perché non ce lo hai detto subito?» le domandò Falcón.
«Perché pensavo che fosse riuscita ad andarsene, aveva detto che se ne sarebbe andata.»
«Comincia dal principio», suggerì Falcón.
«Ha detto che lui non voleva fare sesso, voleva soltanto parlare.»
«Un altro», borbottò Ramírez e Falcón lo zittì con un'occhiataccia.
«Le aveva detto che era uno scrittore, che stava facendo non so che cosa per un film.»
«Di che cosa parlavano?»
«Lui le chiedeva tutto sulla sua vita, si interessava anche dei minimi particolari, e specialmente si interessava a quello che chiamava 'varcare la frontiera'.»
«Sai che cosa intendesse dire con questo?» le domandò Falcón.
«La prima volta che aveva fatto sesso. La prima volta che lo aveva fatto per soldi. La prima volta che si era lasciata fare certe cose. La prima volta che era rimasta incinta. Il primo aborto. Le prime botte che aveva preso. La prima volta che un uomo l'aveva minacciata con un coltello. La prima volta con una pistola… la prima volta che un uomo l'aveva ferita. Queste frontiere.»
«E parlavano soltanto?»
«La pagava come se facessero sesso, ma parlavano soltanto.»
«Ha mai detto che aspetto avesse?» domandò Falcón. «Di dove era? In che modo parlava? Aveva un nome?»
«Lei lo chiamava Sergio.»
«Era andata da lui venerdì sera?»
La ragazza si strinse nelle spalle.
«Lo hai mai visto?»
Cenno di diniego.
«La tua amica deve avertelo descritto.»
«Stiamo sempre attente a quello che ci diciamo… potrebbe ritorcersi contro di noi. Mi ha detto soltanto che era guapo. Forse ha detto di più a sua sorella.»
«Tu credi che provasse qualcosa per quell'uomo, visto che aveva pensato di andarsene con lui?»
«Diceva che nessuno le aveva mai parlato così.»
«E lui le aveva rivelato qualcosa di sé?»
«Se l'ha fatto, lei non me lo ha detto.»
«Che cosa sai di Sergio… a parte questo nome?»
«So che ha fatto qualcosa di molto pericoloso», affermò la ragazza. «Ha dato a Eloisa una speranza.»
«Speranza?» ripeté Ramírez, come se la cosa contasse ben poco per lui.
«Si guardi in giro», lo invitò la ragazza grassa. «Provi a immaginare che cosa può fare la speranza a chi vive come noi.»
Alle otto di sera, dopo aver perquisito e sigillato la stanza di Eloisa, Falcón e Ramírez erano di ritorno alla Jefatura. Non avevano trovato nulla, nessun riferiménto a nessun Sergio sulla rubrica della ragazza. Lasciato Ramírez alle scartoffie, Falcón andò a Tabladilla per l'appuntamento con lo psicologo. Parcheggiò sull'altro lato della strada e per un po' passeggiò avanti e indietro per la lunghezza della vettura, dando un'occhiata alle targhe a fianco dei portoni, riluttante a fare il primo passo.
Gli venne alla mente un ricordo del padre che costringeva i meccanici ad armeggiare con il motore della Jaguar anche quando l'automobile funzionava alla perfezione; era solito dire: «Giusto in caso qualcosa stia per guastarsi». Maniaco. Il punto era che lui, al contrario, aveva davvero bisogno di essere «aggiustato». Ma che cosa gli sarebbe successo? Quale terribile filo nero sarebbe stato dipanato da quel gomitolo aggrovigliato che era il suo cervello? Si sarebbe disfatta tutta la trama? Vide se stesso, la mente annebbiata e la mandibola rilasciata, fissare i due infermieri dal camice bianco che lo preparavano per l'intervento chirurgico: vedrà, solo un taglietto e si libererà per sempre dal passato. Evidentemente era già fuori di sé, se ne rendeva conto, visto che stava pensando a un'operazione di neurochirurgia, quando tutto ciò che stava per affrontare era una chiacchierata. Si asciugò il palmo sudato stringendo il fazzoletto tra le mani e attraversò la strada.
Le scale erano interminabili, o così sembrò a lui, e fu costretto a compiere uno sforzo per passare la porta in cima alla rampa. Dietro la scrivania era seduta una giovane donna.
«Salve, signor Falcón», lo salutò cordiale, abituata a trattare con le menti a pezzi. «È la prima volta, vero?»
Aveva i capelli biondi e le labbra tumide. Gli porse un formulario da riempire, ma Falcón non lo prese. Sulla parete alle spalle della ragazza era appeso uno dei quadri di suo padre, il portale della chiesa Omnium Sanctorum. Guardandosi intorno ne scoprì un altro, uno dei paesaggi astratti di minor successo.
«Signor Falcón…» disse la ragazza, in piedi ora, l'orlo della gonna allo stesso livello del piano della scrivania.
Falcón capì che non sarebbe riuscito a resistere, non sarebbe stato capace di restare seduto di fronte a qualcuno a parlare della vita e delle opere di suo padre e a farsi frugare nella testa allo scopo di cercare e di stirare le pieghe e le grinze del tessuto dei suoi pensieri. Uscì senza dire una parola, la cosa più facile che avesse fatto da anni: prendere e uscire.
Non appena fu in macchina, avvertì in petto un'agitazione agghiacciante, che tuttavia scomparve mentre guidava verso casa, con i finestrini abbassati. Si recò a piedi al British Institute e, seduto in fondo all'aula, ascoltò a metà una lezione sul condizionale. Se fossi andato dallo strizzacervelli, disse a se stesso, se non mi fossero crollati i nervi, a quest'ora starei cinguettando sulla mia follia disteso sul divano dell'analista. Mi aiuterebbe parlare con qualcuno.