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27 agosto 1941, da qualche parte in Polonia

La nostra reputazione presso le donne ci precede. Ci è stato proibito di avere a che fare con femmine ebree, ben riconoscibili dalla stella gialla che devono portare addosso, o con le ragazze polacche (panienka). Abbiamo saputo che la Decima compagnia della 262a per protesta ha marciato con preservativi gonfiati legati ai fucili.

2 settembre 1941, Grodno

Primi segni di combattimenti durante la marcia verso Grodno… la periferia della città è stata rasa al suolo. Il centro è pieno di macerie che gli ebrei sono stati messi a sgomberare. Sembrano esausti e le loro razioni sono misere. L'atteggiamento di Pablito verso i tedeschi si sta facendo più ostile di giorno in giorno. Ora li trova sinistri. Ci fanno marciare verso il fronte per renderci più duri e resistenti. Pablito si è preso una cotta per una panienka bionda con gli occhi verdi che si chiama Anna.

12 settembre 1941, Ozmiana

La Studebaker del colonnello Esperanza è stata maltrattata su queste strade, tra non molto il colonnello dovrà marciare come tutti quanti noi. L'altro giorno una Mercedes nera si è fermata lungo la colonna e ne è sceso il generale Muños Grandes che ha mangiato con noi. Pablito e i guripas lo hanno acclamato come matti. Quell'uomo sa ispirarci ed è uno dei pochi comandanti che capiscono che cosa voglia dire essere un semplice legionario.

16 settembre 1941, Minsk

Pablito dice che esiste un recinto fuori città dove sono rinchiusi i prigionieri russi. Non ricevono cibo, la gente del posto lancia loro quello che può al di sopra della recinzione a rischio di essere ammazzata per questo. Pablito è felice: la sua panienka è comparsa a Minsk. Io sono felice perché ieri sono arrivati i ceci e l'olio di oliva. Già freddo. Gelo autunnale nell'aria.

9 ottobre 1941, Novo Sokol'niki

Siamo bloccati davanti a Velikje Luki: i binari della ferrovia sono stati fatti saltare dai partigiani. Ci foraggiamo in città e finiamo per arrostire i cavalli morti sulla carbonella nello scalo ferroviario, cantando e bevendo vodka di patate. Pablito, innamorato di Anna, canta molto bene. Flamenco nella steppa.

10 ottobre 1941, Dno

Scaricati qui su due diversi treni a scartamento ridotto. Una vecchia impiccata a un lampione. Partigiana. Guripas impressionati. «Ma che guerra è questa?» chiede uno di loro, come se non sapesse ciò che è accaduto nella sua stessa patria solo tre anni fa. Prossima fermata Novgorod e il fronte. Da ora in poi paga di prima linea. I rossi dominano i cieli. Rifornimenti scarsi. Partigiani. Scomparso Pablito. Non si è presentato alla messa di stasera.

11 ottobre 1941, Dno

Siamo in territorio occupato e vigono misure speciali, tanto che ho dovuto accompagnare la pattuglia tedesca in una perquisizione casa per casa alla ricerca di Pablito. Non riusciamo a trovarlo. In un'abitazione sono stupito di trovare Anna, la sua panienka, che sta lavorando con alcune civili russe. Non riesco a immaginare come sia potuta arrivare fin qui. In strada lo dico all'ufficiale tedesco e due soldati rientrano e la trascinano fuori. Le altre donne si mettono a urlare e i tedeschi le colpiscono con il calcio dei fucili. Costringono Anna a inginocchiarsi in mezzo alla strada e le chiedono di Pablito. Nega tutto, ma si capisce che sa perché è stata scelta tra le altre. Il sergente, un bruto colossale, si toglie i guanti e la schiaffeggia, quattro violenti ceffoni che la lasciano con la testa ciondoloni come una bambola rotta. I soldati la portano in un edificio semidiroccato sull'altro lato della strada. La sciarpa di Anna cade a terra e i capelli biondi le ricadono sulle spalle. Mormorio tra gli uomini. Il sergente ha una faccia che sembra la corazza di un carro armato. Il pomeriggio grigio diventa ancora più tetro, la temperatura si abbassa. Altre domande, altre risposte negative. La spogliano completamente, sotto è di un bianco azzurrino, singhiozza, tremando per il freddo e per la paura. Le torcono le braccia dietro la schiena e la sollevano da terra. Anna si mette a urlare. Il sergente chiede una baionetta e con la lama le tocca i capezzoli. È l'atto decisivo: terrore dell'acciaio gelido. La ragazza dice che è stata costretta a condurre Pablito in una trappola tesa dai partigiani. Le permettono di rivestirsi, poi la pattuglia porta via tutte le donne e io vado a fare rapporto al Mayor Pérez Pérez.

12 ottobre 1941, Dno

Stamani il tenente Martínez mi ordina di mettere insieme un plotone di esecuzione di undici uomini. Due partigiani comunisti e la panienka di Pablito ci sono stati consegnati per essere fucilati. Li mettiamo contro il muro nel cortile dei carri merci, la ragazza non riesce a stare in piedi e non c'è un palo al quale legarla. Il tenente Martínez dice ai due partigiani di sostenerla e sembra che i tre siano in posa per una foto di famiglia. Il tenente Martínez torna verso la nostra linea e grida: «Carguen! Apunten!» e alla parola «Fuego!» la ragazza rialza la testa. Le sparo in bocca. Qualche ora dopo una pattuglia trova Pablito impiccato a un albero. È stato spogliato completamente, gli hanno strappato gli occhi e reciso i genitali. C'è stata una messa funebre per lui, il nostro primo caduto. Pablito, l'anticomunista, morto senza aver sparato un solo colpo.

13 ottobre 1941, Podberez'e

Abbiamo abbandonato il treno sotto un pesante fuoco di artiglieria e ci siamo dispiegati a sud della città lungo il fiume Volkhov. La fitta foresta dietro di noi è piena di partigiani. Al di là del Volkhov l'esercito russo. Fango spesso tutto intorno, lo chiamano «rasputitsa». Di notte gela.

30 ottobre 1941, Sitno

Ci hanno fatto ritirare dopo una settimana durissima e perdite pesanti. Ogni momento che passa questa guerra diventa meno comprensibile. L'altro giorno abbiamo attaccato Dubrovka, credevamo di aggirare le difese russe e di assalirli alle spalle, ma non appena ci siamo riallineati a sud della città siamo stati colpiti dall'artiglieria e, uscendo dal settore, siamo finiti in un campo minato. Che ci stava a fare lì un campo minato? Corpi dappertutto. García con la gamba sinistra tranciata di netto si premeva le mani sull'inguine e gridava: «A mí la Legión!» Abbiamo serrato i ranghi e siamo andati all'attacco. Una volta raggiunto il nemico siamo come impazziti e avremmo fatto a pezzi tutti quanti, se non fossimo stati così esausti. Il tenente Martínez ci ha detto che le unità russe hanno tutte al seguito commissari politici con il compito di mantenere la disciplina. I russi minano i campi alle spalle della loro prima linea, per impedire ai soldati di ritirarsi. Contro chi stiamo combattendo qui? Non certo contro la gente del posto: non appena presa prigioniera ci aiuta come se fosse dalla nostra parte.

1o novembre 1941, Sitno

Il caldo lo conosco. Il caldo lo capisco. Ho visto che cosa può fare agli uomini, ne ho visti morire per aver bevuto acqua quando erano accaldati. Ma il freddo, quello non lo conosco. Il paesaggio intorno a noi si è fatto più aspro, gli alberi sono coperti di cristalli di ghiaccio, il terreno al di sotto della neve farinosa è come ferro, le suole degli stivali producono un rumore metallico calpestandolo. Il piccone non serve a niente, dobbiamo usare gli esplosivi per scavare. La mia urina diventa ghiaccio non appena tocca terra. E i nostri prigionieri russi ci dicono che questo non è ancora il vero freddo.