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«Non era mai in casa quando lui passava?» domandò Ramírez.

«Qualche volta, ma non andavo ad aprire. Salgado non mi era simpatico, mi annoiava e cercavo di evitarlo il più possibile.»

Calderón fece ripartire il filmato. Comparve Salgado fermo a un incrocio, al di sopra della sua testa una freccia che indicava l'Hotel de Paris, e Falcón capì che il gallerista era nella calle Bailén e guardava verso la sua casa. Salgado si mosse, la videocamera lo tallonò mentre percorreva le vie affollate come se stesse seguendo qualcuno. Soltanto quando sbucò in calle Marqués de Paradas si notò che stava seguendo lui, Falcón. Lo guardarono entrare nel Café San Bernardo, che aveva un ingresso anche in calle Julio César. Salgado entrò dalla porta su calle Marqués de Paradas e il risultato fu un incontro «casuale». La videocamera entrò addirittura nel locale e si abbassò: l'operatore, evidentemente seduto, li riprese mentre parlavano al banco. Il barman posò un café solo davanti a Falcón e una tazza più grande e una zuccheriera davanti a Salgado, ritornando poi con un bricco di latte caldo. Falcón si ritrasse bruscamente mentre il latte veniva versato nella tazza di Salgado.

«Come mai?» domandò Ramírez. «Le aveva detto qualcosa?»

«Sempre la stessa: 'Posso dare un'occhiata allo studio di tuo padre, solo un'occhiata?'»

«Ma perché lei si è ritratto come se…?»

«Niente, è che il latte mi provoca quel genere di reazione, è una specie di allergia o qualcosa del genere.»

«Ora siamo al cimitero», li interruppe Calderón.

«È il funerale di Jiménez!» esclamò Ramírez. «Quello accanto al cipresso sono io che riprendo la gente.»

Dopo aver mostrato Falcón che parlava con Salgado, il film si interrompeva di colpo. Calderón si lasciò andare contro lo schienale della sedia.

«A quanto pare Sergio crede che lei sia l'unica famiglia di Salgado, Inspector Jefe», suggerì.

«Salgado aveva una sorella», disse Falcón, «l'aveva appena sistemata in una casa di riposo a Madrid.»

«È accaduto qualcosa di diverso in quell'ultimo incontro dopo il funerale?» domandò Calderón.

«Mi ha offerto informazioni su Raúl Jiménez in cambio di una visita allo studio. Ha detto anche di non voler prendere niente nello studio, ma solo passarvi un po' di tempo. Avevo sempre pensato che desiderasse organizzare un'ultima mostra di Francisco Falcón, ma lui ha insistito che non si trattava di quello. Ho avuto l'impressione che fosse motivato dalla nostalgia.»

«Che specie di informazioni le avrebbe dato?»

«Conosceva Raúl Jiménez e la moglie. Mi ha fatto capire che sapeva chi fossero i nemici di Jiménez, sosteneva di avere accesso a informazioni privilegiate grazie ai ricchi clienti che frequentavano la sua galleria. Mi avrebbe messo sulla pista giusta, così avevo dedotto, indirizzandomi verso le persone che si erano fidate di Raúl Jiménez e si consideravano tradite da lui. Abbiamo anche parlato di argomenti come il riciclaggio del denaro sporco prima dell'arrivo dell'euro, del fatto che nel settore della ristorazione si creavano fondi neri da incanalare nelle proprietà immobiliari e nell'arte. Faceva sembrare la cosa molto promettente, ma io conosco Ramón Salgado…»

«E non ha idea di che cosa cercasse nello studio di suo padre?» domandò Calderón.

«Forse c'è uno scheletro sepolto tra tutte quelle carte», rispose Falcón, «ma dubito che riuscirò mai a trovarlo.»

«Salgado conosceva bene Consuelo Jiménez?»

«So per certo che l'aveva presentata a mio padre e che lei aveva comprato dei quadri in tre occasioni. Sono anche convinto che Consuelo Jiménez avesse conosciuto Ramón Salgado nell'ambiente dell'arte a Madrid. È perfino possibile che sia stato lui a presentarla a Raúl Jiménez durante la Feria de Abril del 1989. Non è mai stata chiara sul suo rapporto con Salgado. Può darsi che lo abbia fatto per difendere la sua vita privata, si capisce benissimo che non gradisce le nostre intrusioni; oppure Salgado sapeva davvero qualcosa su Raúl Jiménez e la signora voleva che stessimo lontani da lui. Ha parlato di 'un amico di suo marito dei tempi di Tangeri', e sono certo che alludesse a Salgado. Significa che quei due si conoscevano da più di quarant'anni.»

«Può esserci un movente qui, non è vero?» disse Calderón.

«Ha fatto uccidere lei anche Salgado», affermò Ramírez. «Ne sono sicuro.»

«Non saltiamo alle conclusioni per ora, Inspector», disse Calderón. «È solo un punto su cui vale la pena di indagare, tutto qui. Dovremmo pensare alla lezione di vista, ora.»

Ramírez estrasse il cartoncino dal sacchetto di plastica delle prove. Due nomi erano scritti sul retro: Francisco Falcón e H. Bosch.

«Il cartoncino era sotto la tastiera del computer, potrebbero essere codici di accesso a documenti», suggerì Falcón.

Calderón cliccò due volte sull'icona del disco e comparve una finestra con la richiesta del codice di accesso. Digitò «Francisco Falcón». Il disco fisso si aprì per rivelare venti cartelle dai nomi niente affatto insoliti: Lettere, Clienti, Contabilità, Spese… Le aprirono tutte, ma quella contrassegnata «Disegni» richiese un ulteriore codice. Digitarono «H. Bosch» e si aprì un'altra serie di documenti. Calderón ne consultò uno a caso. Conteneva centinaia di fotografie, ognuna siglata e datata.

«Spero che non dovremo guardarci tutta la collezione di Salgado per scoprire che cosa vuole farci trovare Sergio», disse Calderón.

Falcón fece scorrere l'elenco fino alla fine.

«Gli ultimi cinque sono film», osservò Calderón.

«Forse quelle fotografie non sono poi tanto innocenti», disse Ramírez.

«Potrebbero essere state scattate per l'assicurazione», suggerì Falcón.

Ramírez afferrò il mouse e cliccò sull'icona di un film. I tre uomini trasalirono davanti all'immagine iniziale apparsa nella cornice. Un ragazzo era legato a faccia in giù su un vecchio cavalletto di cuoio da ginnastica. Il viso, sebbene rilasciato e inespressivo per effetto della droga, mostrava ancora una traccia di paura.

«Non serve vedere altro», disse Falcón.

«Controlliamo una cartella di fotografie», propose Calderón. «Potrebbero essere tutte camuffate.»

Ramírez ne aprì una e tutti sussultarono, disgustati. Non avevano bisogno di ulteriori conferme e spensero il computer.

«Sarà bene mostrarle alla buoncostume», osservò Falcón.

«E dove ci porta tutto questo?» domandò Calderón. «Perché Sergio ha voluto attirare la nostra attenzione su queste immagini?»

«È stata una lezione di vista», disse Falcón. «Ci ha solo voluto rivelare la vera natura della vittima. Se prima pensavate che Ramón Salgado fosse un anziano rispettabile direttore di una prestigiosa galleria d'arte di Siviglia, un uomo solo, ricco, ben introdotto, degno di stima, ora il vostro giudizio è diverso.»

«Credo che sia un vicolo cieco», ribatté Ramírez, «è solo un altro modo per depistarci, non è una coincidenza che la signora Jiménez conoscesse intimamente entrambe le vittime.»

«C'è anche una terza vittima», precisò Falcón.

«Lei mi ha capito, Inspector Jefe», disse Ramírez. «La puta è stata un incidente di percorso e un ulteriore modo per confondere le indagini, nonché per farci perdere tempo. Consuelo Jiménez aveva tutto quanto le serviva per inscenare la morte del marito e, a quel che sembra, anche di Salgado. Continuo a credere che dovremmo portarla alla Jefatura e torchiarla sul serio.»

«Prima di pensare a un suo interrogatorio alla Jefatura, suggerirei di perquisire questa casa da cima a fondo e di mandare una squadra alla galleria in calle Zaragoza», disse Falcón. «Per inchiodarla, avremo bisogno di munizioni.»

«E che cosa cerchiamo, Inspector Jefe?» domandò Ramírez.

«Siamo alla ricerca di un collegamento pericoloso tra Consuelo Jiménez e Ramón Salgado», disse Falcón. «Perciò lasci che Fernández si occupi di parlare con i vicini, porti con sé Serrano e Baena nella mansarda e cominci da lì, con Felipe e Jorge.»