«Abbiamo già parlato di questa sua creatività», riprese Falcón. «Sta facendo quello che ogni artista cerca di fare. Entrare nella testa delle persone e far loro vedere le cose in modo diverso; o meglio, far vedere cose che già sanno, ma in un'altra luce. E deve avere inventiva, perché la gente non conserva le tracce dei propri orrori, non è vero?»
«Le seppellisce», disse Calderón.
«Forse questa è la natura del male», suggerì Falcón, «il genio del male.»
«Perché dice così?»
«Perché è al di là della nostra immaginazione.»
Calderón si girò sulla sedia verso i quattro nudi Falcón sulla parete.
«Fortunatamente ci sono altri tipi di genio», disse. «Per riequilibrare le cose.»
«Nel caso di mio padre, credo che desiderasse di non averlo mai posseduto.»
«Perché?»
«Perché l'aveva perduto», rispose Falcón. «Se non lo avesse mai posseduto… non avrebbe mai passato il resto della vita con quel senso di perdita.»
Falcón si riavvicinò alla finestra, ora che gli argomenti personali si erano affacciati di nuovo nella conversazione. Si domandò se si potesse ancora salvare qualcosa dal naufragio: se riusciva a parlare così di suo padre, non poteva farlo anche di Inés? Perché non porgere il collo nudo a quell'uomo? Si sentì bussare alla porta, Fernández si affacciò.
«L'Inspector Ramírez ha trovato un baule in mansarda», disse. «Il lucchetto è stato segato e la polvere sulla superficie è stata smossa. Felipe sta cercando le impronte.»
Fecero trasportare il baule sul pianerottolo dopo che Felipe ebbe dichiarato che era pulito. Un baule pesante. Lo aprirono e sollevarono la carta marrone che copriva il contenuto: libri e vecchi cataloghi, copie di una rivista che si chiamava Tangier-Riviera, buste piene zeppe di foto, infilate ai lati del baule quattro bobine di nastro magnetico del tipo usato nei vecchi registratori. C'era anche la pizza di un film, ma non una cinepresa, né un proiettore. Un diario iniziava con la data del 2 aprile 1966 e finiva dopo una ventina di pagine, il 3 luglio 1968.
Quando ebbe constatato che il baule non offriva soluzioni immediate, Calderón li lasciò per andare a una riunione. Si accordarono per vedersi il lunedì seguente a mezzogiorno. Uscendo dalla casa, il magistrato si trovò davanti quattro giornalisti troppo ben informati per poter essere ignorati. Tenne una conferenza stampa improvvisata durante la quale un giornalista sostenne che i media avevano soprannominato l'assassino El Ciego de Sevilla; al che egli rispose automaticamente che non era logico chiamare l'assassino «il cieco» quando, in effetti, era vero il contrario.
«Allora lei conferma che asporta le palpebre alle vittime?» domandò il giornalista, e la conferenza stampa finì prematuramente.
Falcón e Ramírez si divisero il carico di lavoro, Ramírez ben contento di occuparsi della galleria in calle Zaragoza quando ebbe saputo che Salgado aveva una segretaria, una certa Greta, bionda e con gli occhi azzurri. Baena e Serrano continuarono la perquisizione della casa con Felipe e Jorge mentre il baule veniva trasportato nello studio e il contenuto deposto sulla scrivania. Un'ulteriore ricerca in mansarda non servì a trovare una cinepresa o l'attrezzatura per la proiezione di film, ma un vecchio registratore a bobine che Felipe riuscì a far funzionare.
Il diario sembrava la cosa giusta con cui cominciare, ma era scarsamente aggiornato. L'inizio lasciava intendere come mai Salgado avesse deciso di scriverlo: era felice, stava per sposarsi con una certa Carmen Blásquez. Falcón non aveva mai saputo che Salgado avesse avuto una moglie. Sbuffò mentre leggeva: a trentatré anni Salgado era già pieno di sé, pomposo e untuoso. «Francisco Falcón mi ha fatto il grande onore di accettare di essere mio testigo alle nozze. Il suo genio renderà l'occasione un evento di cui parlerà tutto il bel mondo di Siviglia.» Non faceva meraviglia che avesse smesso di scrivere il diario, quell'uomo non aveva niente da dire. Dava qualche emozione solo quando parlava di sua moglie. In quelle righe ogni artificio spariva e Salgado scriveva in una prosa semplice: «Amo Carmen ogni giorno di più. È una persona buona. Questo potrebbe farla sembrare noiosa, ma è proprio la sua bontà che colpisce tutti non appena la conoscono. Come dice Francisco: 'Mi fa dimenticare la bruttezza della mia vita. Quando sono in sua compagnia mi sento come se fossi stato sempre un uomo buono'».
Falcón cercò di immaginare suo padre che diceva quelle parole e decise che se le era inventate Salgado. Aprì la busta delle fotografie e ne trovò una di Carmen, datata giugno 1965, quando la donna sembrava avere poco meno di trent'anni. Niente nel suo viso colpiva l'attenzione, tranne le sopracciglia che erano corte, scure e assolutamente orizzontali, niente affatto arcuate. Le conferivano uno sguardo intenso, premuroso, facevano pensare che avrebbe saputo prendersi cura del marito.
Alla data del 25 dicembre 1967 si leggeva: «Ieri sera prima di cena sono stato riportato all'infanzia. I miei genitori ci concedevano sempre un regalo alla vigilia di Natale e Carmen mi ha fatto il più bel dono della mia vita. È incinta. Siamo felici alla follia e io mi ubriaco di champagne».
Il diario registrava poi i progressi regolari della gravidanza di Carmen intervallati da stupefacenti dettagli dei successi delle mostre e dei prezzi di vendita delle opere. Salgado faceva anche menzione dell'acquisto del registratore, sul quale avrebbe voluto incidere la voce di Carmen che cantava, cosa che non era riuscito a fare perché Carmen non sapeva essere naturale davanti al microfono. Salgado era anche affascinato dal ventre della moglie, un ventre enorme. Le aveva perfino chiesto se sarebbe stata disposta a farsi ritrarre da Falcón, ma Carmen era rimasta allibita all'idea. Il diario terminava così: «Il dottore ha acconsentito a lasciarmi registrare il primo vagito del mio bambino al suo ingresso nel mondo. La mia richiesta ha sconcertato tutti, sembra che gli uomini non assistano mai al parto. Domando a Francisco dove fosse lui quando erano nati i suoi figli e mi ha detto che non lo ricorda. Gli chiedo se fosse stato al capezzale di Pilar e lui rimane stupefatto all'idea. Sono dunque l'unico uomo di tutta la Spagna a essere affascinato da un'occasione così straordinaria? E avrei creduto che Francisco, un artista di tale genio, avrebbe trovato la nascita di un bambino irresistibile, come l'ispirazione».
Una strana osservazione con cui finire. Falcón contò i mesi e calcolò che il bambino sarebbe dovuto nascere in luglio, visto che Carmen aveva annunciato a dicembre di essere incinta. Esaminò gli altri oggetti contenuti nel baule per vedere se vi fosse una prova della nascita del bambino. In una cartellina blu tutta macchiata trovò la risposta: il certificato di morte di Carmen Blásquez datato 5 luglio 1968. Il referto medico registrava un parto catastrofico determinato da alta pressione, ritenzione di liquidi, setticemia e infine decesso della madre e del bambino.
Il pensiero del baule chiuso con il lucchetto nella soffitta di Salgado causò una terribile amarezza in Falcón. La solitudine di quell'uomo, l'uomo dalle cene solitarie, il derelitto frequentatore di negozi, il desolato perditempo che aveva dedicato tutta la vita al genio di Francisco Falcón, l'uomo che vagava per le strade, con la sua unica occasione di felicità chiusa in una cassa in un luogo asciutto e polveroso.
Rivolse l'attenzione a un'altra fotografia: sotto le sopracciglia orizzontali della mite Carmen Blásquez c'era una foto di nozze in cui Ramón e Carmen si tenevano per mano. Tutta la loro felicità era lì. Era incredibile per Falcón vedere un Salgado così giovane: i successivi trentacinque anni lo avevano imbruttito terribilmente, l'infelicità era stata un peso che portava sul volto. Le registrazioni sui nastri reclamavano l'attenzione di Falcón, che, tuttavia, continuò a frugare tra le fotografie finché non ne ebbe trovata una di suo padre seduto in un giardino con Carmen; ridevano entrambi. Era vero che suo padre aveva sempre provato attrazione per le donne buone. Sua madre, Mercedes… perfino la stravagante Encarnación veniva tollerata perché era «una donna buona». Continuando l'esame delle foto, si rese conto che lì erano state riunite tutte quelle di Carmen, foto di diversi formati, scattate con macchine fotografiche diverse e che Salgado doveva aver staccato dalle cornici e dagli album dove erano raccolte le immagini della sua vita.