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«Non so, non ne ha mai parlato. Glielo avevo chiesto, ma lui non aveva risposto.»

«Va bene», riprese Falcón, tornando in argomento, «mi parli del presente nei rapporti tra Ramón e suo marito.»

«Quali rapporti?»

«È stato Ramón a presentarle Raúl, non è così?»

«Se dodici anni fa per lei è il presente, quando comincia il passato?»

«Che cosa mi dice dell'Expo '92? I nomi che le ho fatto erano collegati da…»

«Siamo solo a nove anni fa, stiamo facendo progressi, Inspector Jefe.»

«Se uno subisce violenze sessuali da piccolo, per quanto tempo crede che questo fatto segni la persona?»

Un silenzio, così profondo e prolungato che Falcón cominciò a chiedersi se Consuelo Jiménez fosse ancora all'apparecchio.

«Di che nomi stiamo parlando e che cosa hanno a che fare con le violenze ai bambini?» domandò la donna. In quel momento nella sua voce era evidente una sfumatura di rabbia.

«Questo è coperto dal segreto istruttorio», rispose Falcón, «ma un nome lo conosce… Eduardo Carvajal.»

«Se mi sta dicendo che mio marito o Ramón avevano qualcosa a che fare con un giro di pedofili dovrà risponderne a me e ai miei avvocati.»

«Continui a leggere i giornali», le disse Falcón e la signora Jiménez interruppe la comunicazione.

Pochi secondi dopo il suo cellulare squillava. Falcón non si era ancora staccato dal telefono da quando era tornato dal bancomat: il mondo intero stava convergendo su di lui.

«Dov'è?» gli domandò il Comisario Lobo.

«Non ho ancora avuto la possibilità di uscire di casa», spiegò Falcón, «ho risposto a una telefonata dopo l'altra.»

«Meglio così», disse Lobo. «Sarò in uno dei caffè della Plaza de Armas, dalla parte di avenida del Cristo de la Expiración. Tra un quarto d'ora.»

Lobo non gli aveva mai dato un appuntamento fuori dall'ufficio; e che posto per incontrarsi, poi! Poteva significare soltanto che l'argomento di cui voleva parlargli era troppo delicato per le mura piene di orecchie della Jefatura.

Falcón era nel patio quando il telefono fisso ricominciò a squillare. Tornò indietro, afferrò la cornetta. Silenzio.

«Diga.»

«Che ne pensi ora di Ramón Salgado, tío Javier?»

«Hola, Sergio», disse, la sola cosa che gli era uscita nel turbine dell'adrenalina.

«Non chiamarmi così!»

«Allora non chiamarmi zio», ribatté Javier.

«Non hai risposto alla mia domanda sulla collezione di Hieronymus Bosch del tuo vecchio amico… un luogo perfetto per custodirla, no?»

«Immagini oscene, ma, sai, in Spagna abbiamo leggi contro la violenza all'infanzia e punizioni adeguate e severe per i criminali. Non è necessario che tu…»

«Capisco dove vuoi arrivare, Inspector Jefe. A Raúl piacevano le bambine e a Ramón i ragazzini torturati… molto interessante.»

«Ed Eduardo Carvajal?»

Silenzio.

«Basta uccidere, Sergio. Non hai più bisogno di farlo.»

«Non ho ucciso nessuno. Non è stato necessario.»

«Come sta il pollice?» domandò Falcón e la comunicazione si interruppe.

Strinse furiosamente il ricevitore. Lo aveva perduto. Tutte le domande da fare e le strategie da applicare gli si erano presentate alla mente qualche secondo troppo tardi. Sbatté giù la cornetta e uscì per incontrare Lobo.

Mentre percorreva calle Pedro del Toro ripensò alla natura del silenzio che aveva seguito il nome di Eduardo Carvajal. Era stato il silenzio di chi non aveva mai sentito quel nome e Falcón comprese di aver imboccato un altro vicolo cieco.

La Plaza de Armas, un tempo la principale stazione ferroviaria di Siviglia, ospitava ora una galleria di negozi, caffè e fast-food frequentati da perdigiorno. Lobo, che indossava una giacca troppo pesante per quella giornata mite, era seduto da solo a un tavolino accanto all'antico ingresso della stazione, con davanti due tazze di caffè.

«Ha l'aria sfinita, Inspector Jefe», esordì Lobo.

«Ho appena parlato con il nostro assassino.»

«Si sta ancora divertendo?»

«Non ero pronto a una conversazione con lui dopo tutte le telefonate che ho ricevuto stamani», spiegò Falcón. «Mi ha confuso chiamandomi 'zio' e non ho avuto nemmeno la presenza di spirito di domandargli come abbia trovato il mio numero.»

«Quale numero?»

«Il vecchio numero di telefono di mio padre… non lo dava a nessuno.»

«Forse l'ha trovato in casa di Ramón Salgado.»

«Forse.»

Mentre Falcón lo metteva al corrente delle telefonate, Lobo tamburellava con le dita sul bordo del tavolo.

«Era sorpreso dal collegamento che lei ha fatto», osservò Lobo.

«Lo ammetto, mi ha scosso.»

«E dalla signora Jiménez nessuna notizia sui rapporti tra suo marito e Carvajal, se non la sua rabbia all'idea che potesse esistere un collegamento», disse Lobo. «Che cosa intende fare ora, Inspector Jefe?»

«Credo che manderò comunque il computer alla buoncostume; potremmo trovare un collegamento con Carvajal tramite quel materiale.»

«La ragione per cui siamo qui potrebbe avere a che fare con questo», dichiarò Lobo. «Il nome della MCA Consultores mi è arrivato da un'altra fonte. C'è stata una fuga di notizie. Lei ne ha parlato con qualcuno?»

«Ho nominato alcuni dei titolari alla signora Jiménez, ma non ho fatto il nome della società», rispose Falcón. «E dopo aver visto il materiale sul computer di Salgado ho deciso di informare il Juez Calderón sulla mia nuova ipotesi, il che ha comportato un riferimento alla MCA Consultores.»

«Allora la fuga è avvenuta qui», affermò Lobo. «Ecco come la notizia è arrivata al Comisario León. Molto interessante.»

«Pensa che il Juez Calderón ne abbia parlato con il dottor Spinola o con il Fiscal Jefe Bellido?»

«Come crede che abbia avuto quel posto prima ancora di compiere trentasei anni?» domandò Lobo.

«Sembra molto capace.»

«Lo è, ma suo padre è anche il marito della sorella minore del dottor Spinola. Sono parenti.»

«In che modo le è arrivato il nome della MCA?» domandò Falcón.

«Siamo tutti alla mercé delle nostre segretarie.»

«E questo come influenzerà le indagini?»

«Qualsiasi cosa succeda, ci darà un'indicazione sul grado di colpevolezza.»

XXVI

Sabato 21 aprile 2001, galleria di Ramón Salgado,

calle Zaragoza, Siviglia

La galleria era aperta ma vuota. Al piano superiore Ramírez e Greta, seduti uno accanto all'altra, stavano scorrendo gli elenchi degli artisti rappresentati. La donna, a capo chino, guardava la lista e parlava, l'uomo ammirava i suoi capelli. Si scostarono bruscamente quando l'Inspector Jefe arrivò in cima alla rampa di scale. Falcón ebbe la certezza di aver colto il principio di un'intesa sessuale tra i due. Pregò Greta di lasciarli soli per qualche momento.

«Abbiamo trovato il sangue», esordì, suscitando subito l'interesse di Ramírez.

«Nella casa di Salgado?»

«Sul pavimento e in bocca.»

«In bocca?»

«Quando Sergio gli ha infilato i calzini in bocca per la seconda volta, Salgado lo ha morso.»

Ramírez si allungò sulla sedia e sorrise, allargando le braccia. «Ora dobbiamo soltanto trovarlo», disse. «Ma perlomeno il Juez Calderón sarà contento di sapere che, quando lo avremo trovato, avrà qualcosa di concreto in mano.»

«Lavori con Greta…»

«Con piacere.»

«… metta insieme una lista di tutti gli artisti che usino filmati o video nelle loro opere e abbiano un recapito di Siviglia o di Madrid.»

«Madrid?»

«Ci ha spedito qualcosa da Madrid; potrebbe avere ancora un'abitazione là.»