«Si, che l'intero edificio e infestato di androidi».
Resch riflette a voce alta: «Il che complichera la nostra fuga. Nominalmente, e chiaro, io ho l'autorizzazione a uscire da qui quando voglio. E anche di portare con me un prigioniero». Si mise in ascolto; dall'esterno dell'ufficio non giungeva alcun suono. «Immagino non abbiano sentito niente. E chiaro che non hanno microspie qui dentro, per controllare tutto... come dovrebbero fare». Con cautela, tocco il cadavere dell'androide con la punta del piede. «Certo che e notevole l'abilita psionica che si sviluppa in questo mestiere; prima ancora di aprire la porta dell'ufficio sapevo gia che avrebbe provato a spararmi. A esser franchi, sono sorpreso che non t'abbia fatto fuori mentre ero di sopra».
«Be', l'ha quasi fatto», disse Rick. «Per un po' mi ha puntato addosso una grossa torcia laser. Ci stava pensando. Ma era di te che si preoccupava, non di me».
«Quando il cacciatore lo bracca», osservo Resch senza un filo d'ironia, «l'androide scappa. Spero ti renda conto che dovrai tornare al teatro dell'Opera per beccare Luba Luft prima che qualcuno riesca ad avvertire la ragazza di come e andata a finire qui. Dovrei dire: avvertire la cosa. Anche tu li consideri cose?»
«Una volta si», rispose Rick. «Quando ogni tanto mi rimordeva la coscienza per il lavoro che dovevo fare; mi proteggevo considerandoli cose, ma non lo ritengo piu necessario. D'accordo, andro subito al teatro dell'Opera. Sempre che tu riesca a farmi uscire di qui».
«E se rimettessimo Garland seduto al suo tavolo?» propose Resch; isso il cadavere dell'androide sulla sedia, sistemandogli gambe e braccia in modo che la sua posizione sembrasse abbastanza naturale - se non si guardava troppo da vicino, cioe se nessuno entrava nell'ufficio. Premette un tasto sull'interfono e disse: «L'ispettore Garland ha chiesto che non gli si passino telefonate per la prossima mezz'ora. E impegnato in un compito che non puo essere interrotto».
«Si, signor Resch».
Dopo aver rilasciato il tasto, Phil Resch disse a Rick: «Finche resteremo nell'edificio dovro ammanettarti. Una volta che saremo in aria, naturalmente ti libero». Tiro fuori un paio di manette, ne fece scattare una attorno al polso di Rick e l'altra attorno al proprio. «Andiamo; cerchiamo di risolvere questa cosa». Raddrizzo le spalle, tiro un gran respiro e spalanco la porta dell'ufficio.
Da ogni parte c'erano agenti in uniforme, seduti o in piedi, che portavano avanti i loro compiti quotidiani; nessuno alzo lo sguardo ne presto loro attenzione mentre Phil Resch guidava Rick attraverso l'atrio fino all'ascensore.
«Quel che mi preoccupa», disse Resch mentre aspettavano l'ascensore, «e che quel Garland avesse tra i suoi componenti un allarme automatico di morte. Comunque,» alzo le spalle, «sarebbe gia scattato, ormai; altrimenti, non serve a un granche».
Arrivo l'ascensore; diversi uomini e donne dall'aspetto generico di poliziotti sbarcarono dalla cabina e si avviarono ticchettando nell'atrio verso i propri incarichi. Nessuno fece caso a Rick o a Phil Resch.
«Secondo te, il tuo dipartimento sarebbe disposto ad assumermi?» s'informo Resch appena le porte della cabina si richiusero su di loro. Spinse il pulsante della terrazza e l'ascensore prese a salire silenzioso. «Dopo tutto, da questo in momento in poi, sono disoccupato. Per non dire altro».
Con cautela, Rick disse, «non vedo... perche no. L'unico problema e che di cacciatori di taglie ne abbiamo gia due». Devo dirglielo, penso Rick. Eimmorale e crudele non dirglielo. Signor Resch, lei e un androide, disse tra se e se. Mi ha tirato fuori da questo posto ed ecco la sua ricompensa: lei e tutto quello che entrambi odiamo. L'essenza di quello che siamo impegnati a distruggere.
«Non riesco a capacitarmene», disse Phil Resch. «Non mi sembra possibile. Per tre anni ho lavorato al servizio di androidi. Perche non ho mai sospettato... voglio dire, abbastanza per fare qualcosa?»
«Forse non e stato cosi sin dal principio. Magari si sono infiltrati in questo edificio solo da poco».
«No. Sono sempre stati qui. Garland e stato il mio superiore sin dall'inizio, in tutti i miei tre anni di servizio».
«Secondo quel che mi ha detto il coso», gli spiego Rick, «il loro gruppo e arrivato sulla Terra tutto insieme. E questo non e certo successo tre anni fa; sono qui solo da pochi mesi».
«Allora vuoi dire che una volta esisteva un Garland vero», concluse Resch. «E che a un certo punto l'hanno sostituito». Il suo viso scarno, vagamente somigliante a uno squalo, si contorse in una smorfia mentre si sforzava di capire. «Oppure, mi hanno impregnato con un sistema di memoria fasullo. Magari solo io mi ricordo di Garland per l'intero periodo. Pero...». I suoi lineamenti, pervasi da un crescente tormento, continuavano a contorcersi in modo spasmodico. «Solo gli androidi vanno in giro con sistemi di memoria fasulli; si e visto che negli umani non funzionano».
L'ascensore smise di salire; le porte scorrevoli si aprirono e davanti a loro si presento l'ampia terrazza di volo della stazione di polizia, deserta a parte i veicoli parcheggiati vuoti.
«Ecco la mia macchina», disse Resch, aprendo la porta di un'aereomobile li vicina e facendo segno a Rick di sbrigarsi a entrare; poi sali anche lui, si mise al volante e accese il motore. Dopo un attimo erano gia in aria e virarono verso nord, diretti di nuovo verso il Teatro dell'Opera costruito in ricordo della guerra. Preoccupato com'era, Phil Resch guidava automaticamente; il corso dei suoi pensieri, che si faceva via via sempre piu cupo, assorbiva tutta la sua attenzione.
«Senti una cosa, Deckard», disse a un tratto. «Dopo aver ritirato Luba Luft, voglio che tu...» La voce, rauca e tormentata, s'interruppe. «Be', sai, voglio che tu mi sottoponga al test di Bonelli o a quella scala di empatia che hai tu. Per controllarmi».
«A questo ci possiamo pensare dopo», rispose evasivamente Rick.
«Non vuoi che faccia l'esame, vero?» Phil Resch gli lancio un'occhiata piena di comprensione. «Immagino tu gia sappia quale sara il risultato; Garland deve averti detto qualcosa. Dati che io ignoro».
Rick disse, «sara gia difficile per tutti e due incastrare Luba Luft; e un tipo tosto, piu di quanto io sia riuscito a gestire, in ogni caso. Cerchiamo di concentrarci su questo compito».
«Non e solo questione di strutture di memoria fasulle», riprese Phil Resch. «A casa ho un animale; mica uno falso, uno autentico. Uno scoiattolo. Io adoro quello scoiattolo, Deckard; tutte le mattine gli do da mangiare e gli cambio il giornale - sai che cosa intendo, gli pulisco la gabbia - e poi la sera, quando stacco da lavoro lo lascio libero nel mio appartamento e lui scorrazza dappertutto. Ha anche una ruota, nella gabbia: hai mai visto uno scoiattolo che corre dentro la sua ruota? Corre e corre e fa girare la ruota, ma lo scoiattolo rimane sempre allo stesso punto. Pero a Buffy sembra piacergli un sacco».
«Mi sa che gli scoiattoli non sono poi tanto intelligenti», commento Rick.
Poi continuarono a volare in silenzio.
CAPITOLO DODICESIMO
Al teatro dell'Opera Rick Deckard e Phil Resch furono informati che le prove erano finite e che la signorina Luft se n'era andata.
«Ha detto mica dove era diretta?» chiese Phil Resch a un macchinista, mostrandogli il tesserino di poliziotto.
«Al museo qui vicino». Il macchinista esamino il documento d'identita. «Ha detto che voleva vedere la mostra di Edvard Munch che si tiene li. Domani finisce».
Invece Luba Luft, penso tra se e se Rick, finisce oggi.
Mentre camminavano fianco a fianco sul marciapiede, diretti al museo, Phil Resch disse: «Quanto ci scommetti? Secondo me, ha gia preso il volo; non la troveremo di certo al museo».
«Forse», rispose Rick.
Arrivarono al museo, controllarono a che piano era la mostra di Munch e salirono. Ben presto si trovarono a vagare tra quadri e incisioni. Molta gente era venuta a vedere la mostra, compresa una scolaresca; la voce acuta dell'insegnante attraversava tutte le stanze dedicate alla mostra e Rick penso: Ecco come ci si aspetta che un droide abbia la voce - e forse anche l'aspetto. Non come Rachael Rosen e Luba Luft. E non come il tizio che gli stava a fianco. O forse doveva dire il coso che gli stava a fianco.