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Isidore rientro in cucina e tiro giu piatti, scodelle e bicchieri polverosi, da lungo inutilizzati; comincio a lavarli, lasciando scorrere l'acqua calda rugginosa finche non torno limpida. Ben presto arrivo anche Pris e si sedette al tavolo di cucina. Lui stappo la bottiglia di Chablis e divise le pesche, il formaggio e il tofu.

«Che cos'e quella roba bianca vicino al formaggio?» chiese lei, indicandola.

«E ricavata dal siero di soia. Vorrei tanto averne un po'...» s'interruppe e arrossi. «Una volta si mangiava mischiata alla salsa d'arrosto».

«Un androide», mormoro Pris. «Questo e un tipico lapsus da androide. Ecco come ci si tradisce». Gli si avvicino, rimase in piedi accanto a lui, poi, lasciandolo di stucco, gli cinse la vita con un braccio e per un istante si strinse a lui. «Assaggero una fetta di pesca», disse e con estrema cautela prese tra le lunghe dita una fettina rosa-arancio, liscia e vellutata. Poi, mentre la mangiava, si mise a piangere. Lacrime fredde le colarono sulle guance e andarono a infrangersi sul davanti del vestito. «Accidenti!» esclamo, furiosa. «Be'...» Si stacco da lui e comincio a camminare avanti e indietro nella stanza con passi lenti e misurati. «...Vede, noi vivevamo su Marte. Ecco perche m'intendo di androidi». La voce le tremava, ma riusci a continuare: evidentemente, avere qualcuno con cui parlare voleva dire molto per lei.

«E le uniche persone che conosce sulla Terra», intervenne Isidore, «sono i suoi amici ex emigranti?»

«Ci conoscevamo anche prima del viaggio. Una colonia vicina a Nuova NuovaYork. Roy Baty e Irmgard avevano una farmacia: lui faceva il farmacista e lei si occupava dei cosmetici, le creme e gli unguenti; su Marte si usano un sacco di prodotti dermatologici. Io...» esito, «io mi facevo dare diversi farmaci da Roy... Ne avevo bisogno, all'inizio perche... be', insomma, quel posto e tremendo. Tutto questo...» con un gesto violento indico la stanza, l'appartamento, «questo e niente, al confronto. Lei crede che io soffra perche mi sento sola. Diavolo! Su tutto Marte ci si sente soli. E molto peggio di qui».

«Ma gli androidi non vi tengono compagnia? Ho sentito la pubblicita che diceva...» Isidore si sedette e comincio a mangiare. Dopo qualche istante anche lei prese il bicchiere del vino. Lo sorseggio senza cambiare espressione. «Credevo che gli androidi fossero un po' d'aiuto».

«Gli androidi», disse lei, «soffrono la solitudine anche loro». «Le piace il vino?»

Lei poso il bicchiere sul tavolo. «Buono».

«E l'unica bottiglia che ho visto negli ultimi tre anni».

«Siamo tornati», riprese Pris, «perche nessuno dovrebbe esser costretto a vivere tassu. Non e un posto concepito per viverci, almeno non nell'ultimo paio di miliardi d'anni. E un pianeta cosi vecchio. La si avverte persino nelle pietre, la tremenda vecchiaia di quel posto. Comunque, all'inizio prendevo farmaci da Roy; vivevo per prendere quel nuovo analgesico di sintesi, la silenizina. Poi ho conosciuto Horst Hartman, che all'epoca aveva un negozio di francobolli, francobolli rari; si ha tanto di quel tempo libero a diposizione che bisogna per forza avere un hobby, qualcosa a cui dedicarsi a lungo. E Horst mi ha fatto interessare alla narrativa pre-coloniale».

«Vuoi dire libri antichi?»

«Storie scritte prima dei viaggi spaziali ma che parlano di viaggi spaziali». «Ma come e possibile che ci fossero storie sui viaggi spaziali prima che...» «Quegli scrittori», rispose Pris, «se le inventavano». «E su cosa si basavano?»

«Sull'immaginazione. Spesso s'e scoperto che si sbagliavano. Per esempio, avevano descritto Venere come una giungla del paradiso, popolata da mostri enormi e da donne vestite di corazze lucenti». Gli lancio un'occhiata. «Le interessa? Donnoni con lunghe trecce bionde e corazze scintillanti grosse come meloni».

«No», rispose lui.

«Irmgard e bionda», disse Pris. «Pero lei e piccolina. Ad ogni modo, si puo guadagnare una fortuna a contrabbandare su Marte la narrativa pre-coloniale, le vecchie riviste, i libri, I film. Non c'e niente di piu emozionante. Leggere di citta e di vaste imprese industriali, di colonizzazioni ben riuscite e organizzate. Si puo immaginare come avrebbe potuto essere. Come sarebbe dovuta essere l a vita su Marte. I canali...»

«I canali?» Ricordava vagamente di aver letto qualcosa in proposito; nell'antichita la gente credeva che ci fossero dei canali su Marte.

«Si, s'intersecavano in tutto il pianeta», preciso Pris. «E poi c'erano creature da altre stelle. Piene d'infinita saggezza. E storie sulla Terra ambientate nella nostra epoca e perfino nel futuro. Senza la polvere radioattiva».

«Secondo me, storie del genere, pero, alla fine fanno star peggio».

«Neanche per sogno», taglio corto Pris.

«Si e mica portata dietro qualcuno di questi libri pre-coloniali?» Gli era passato per la mente il pensiero che magari avrebbe dovuto leggerne qualcuno.

«Qui non valgono niente, perche qui, sulla Terra, la moda non ha mai veramente attecchito. E comunque qui ce ne sono quanti ne vuole, nelle biblioteche; e da li che ce li procuriamo noi - li rubiamo dalle biblioteche terrestri e li spariamo su Marte a bordo di razzi automatici. Di notte si vaga nei vasti spazi deserti e all'improvviso si vede una fiammata ed ecco li il razzo, spaccato a meta e le riviste di narrativa pre-coloniale sono sparse tutt'intorno. Valgono una fortuna. Ma naturalmente, prima di venderle, ce le leggiamo tutte». Cominciava a entusiasmarsi su questo argomento. «Di tutte...»

Si senti bussare alla porta d'ingresso.

Pallidissima, Pris mormoro: «Non posso andare ad aprire. Non faccia rumore. Rimanga seduto». Si mise in ascolto, sforzandosi di cogliere il minimo fruscio. «Chissa se ho chiuso a chiave la porta», disse in modo quasi impercettibile. «Oddio, speriamo di si!» Lo sguardo, possente e agitato, si fisso supplichevole su di lui, come per pregarlo di far avverare le sue speranze.

Dal corridoio giunse una voce lontana: «Pris, sei li dentro?» Era una voce maschile. «Siamo noi, Roy e Irmgard. Abbiamo avuto il tuo biglietto». Pris si alzo e ando in camera da letto, da cui fece ritorno con una penna e un pezzo di carta; si rimise a sedere e scarabocchio in fretta un messaggio: VADA ALLA PORTA.

Isidore, innervosito, le tolse la penna di mano e scrisse: E CHE GLI DICO? Infuriata, Priss scarabocchio: CONTROLLI SE SONO VERAMENTE LORO.

Isidore si alzo e a malincuore s'avvio nel soggiorno. Come faccio a sapere se sono veramente loro? si chiese. Apri la porta.

Nella penombra del corridoio c'erano due persone: una donna minuta, d'una bellezza simile a quella di Greta Garbo, dagli occhi azzurri e i capelli biondo-chiari; l'uomo, invece, era robusto, dallo sguardo intelligente ma dai lineamenti piatti, quasi mongoli, che gli conferivano un'aria brutale. La donna era vestita alla moda, stivali alti e lucenti e pantaloni attillati; l'uomo aveva una camicia stazzonata e pantaloni macchiati che davano l'impressione di una volgarita ricercata. Lancio un sorriso a Isidore, ma i suoi occhi piccoli e lucenti rimanevano sfuggenti.

«Stiamo cercando...» comincio a dire la biondina, ma poi guardo alle spalle di Isidore; un'espressione estasiata le illumino il volto e s'insinuo di corsa nell'appartamento gridando: «Pris! Come stai?» Isidore si volto. Le due donne erano abbracciate. Si tiro da parte e Roy Baty, cupo e massiccio, fece il suo ingresso con sulle labbra ancora quel sorriso sghembo e stonato.

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

«Possiamo parlare?» chiese Roy, indicando Isidore.

Pris, vibrante di gioia, rispose: «Va bene, ma solo fino a un certo punto». Poi, rivolta a Isidore, aggiunse: «Ci scusi». Quindi trasse i due da una parte e comincio a confabulare sottovoce; alla fine, tutti e tre tornarono ad affrontare Isidore, che cominciava a sentirsi a disagio e di troppo. «Vi presento il signor Isidore», disse Pris. «Si sta prendendo cura di me». Le sue parole sembravano ombrate da un sarcasmo quasi malevolo; Isidore sbatte le palpebre. «Vedete? Mi ha perfino portato roba da mangiare naturale».