Si era trattato del massimo incentivo all'emigrazione: il servo androide era la carota, la pioggia radioattiva il bastone. L'ONU aveva incoraggiato l'emigrazione e reso difficile, se non impossibile, il rimanere. Attardarsi sulla Terra significava correre il rischio di trovarsi classificati come biologicamente inaccettabili, una minaccia per la purezza del retaggio genetico della razza. Una volta etichettato come speciale, un cittadino, anche se accettava la sterilizzazione, era espulso dalla storia. Cessava, in effetti, di far parte del genere umano. Eppure, c'era ancora, qui e la, chi si rifiutava di emigrare; e questa decisione rappresentava un atto di un'irrazionalita sconcertante perfino agli occhi delle persone coinvolte in prima persona. Da un punto di vista logico, ogni regolare sarebbe gia dovuto emigrare. Forse, per quanto devastata, la Terra rimaneva un posto familiare a cui restare attaccati. Oppure, puo darsi che il non-emigrante immaginasse che la coltre di polvere si sarebbe a un certo punto esaurita. Ad ogni modo, migliaia di individui erano rimasti sulla Terra, per lo piu disseminati in aree urbane dove erano fisicamente in grado di vedersi, rincuorarsi con la loro reciproca presenza. Queste persone sembravano essere quelle relativamente a posto di cervello. Oltre a loro, c'era anche un altro residuo di umanita un po' dubbia: alcuni strani esseri vagavano ancora nelle periferie praticamente abbandonate.
John Isidore, martellato dai suoni gracchianti provenienti dal televisore acceso in salotto mentre si radeva nel bagno, era uno di quelli.
Era arrivato li mentre vagava senza meta, subito dopo la guerra. In realta, in quel periodo cosi brutto nessuno sapeva piu cosa stesse mai facendo. Intere popolazioni, sfibrate dalla guerra, avevano preso a vagare sbandate, e si erano insediate prima in una regione e poi in un'altra. A quell'epoca la pioggia radioattiva era sporadica e assai variabile; alcune regioni ne erano stati quasi del tutto risparmiati, altri ne erano saturi. Le masse di profughi si spostavano con lo spostarsi della polvere. La penisola a sud di San Francisco dapprima era stata risparmiata dalla polvere, e una gran massa di persone aveva deciso di sistemarsi in quella zona. Quando la polvere arrivo, alcuni erano morti, altri se n'erano andati. J. R. Isidore era rimasto.
Il televisore strillava: «...vi riportera ai bei tempi degli Stati del Sud prima della Guerra Civile! Sia esso collaboratore domestico o instancabile bracciante, un robot umanoide personalizzato - progettato apposta PER VOI E SOLO PER VOI, per soddisfare qualsiasi esigenza particolare - vi sara consegnato al vostro arrivo completamente gratis, accessoriato secondo quanto da voi richiesto prima della partenza dalla Terra; questo fedele compagno nella piu grande, piu audace avventura concepita dall'uomo nei tempi moderni, senza darvi alcun problema vi fornira...» Andava avanti cosi per ore, praticamente senza fermarsi mai.
Chissa se faro tardi al lavoro, si chiese Isidore mentre si radeva. Non aveva un orologio che funzionasse; in genere si affidava al segnale orario della TV, ma oggi, evidentemente, era la Giornata degli Orizzonti Interspaziali. Ad ogni buon conto la TV sosteneva trattarsi del quinto (o sesto?) anniversario della fondazione della Nuova America, il maggiore insediamento degli USA su Marte. E il suo televisore, malfunzionante, riceveva solo il canale che era stato nazionalizzato durante la guerra e che tale era rimasto. Il governo di Washington, e il suo programma di colonizzazione spaziale, era l'unico sponsor che Isidore si ritrovava ad ascoltare per forza.
«Sentiamo la signora Maggie Klugman», suggeri l'annunciatore TV a Isidore, cui interessava solo sapere l'ora. «Da poco immigrata su Marte, ecco che cosa ci ha detto la signora Klugman in un'intervista registrata dal vivo a Nuova Nuova York. Signora Klugman, ci puo fare un paragone tra la sua vita sulla Terra contaminata e la sua nuova vita in questo mondo ricco di ogni immaginabile opportunita?» Una pausa, e poi la voce, stanca, secca, di una donna di mezza eta: «Secondo me, la cosa che ha colpito piu me e la mia famiglia e la dignita». «La dignita?» chiese l'annunciatore. «Si», rispose la signora Klugman, ora cittadina di Nuova Nuova York, su Marte. «E difficile da spiegare. Avere un servo su cui contare, in questi tempi difficili... lo trovo rassicurante».
«In passato, sulla Terra, signora Klugman, ai vecchi tempi, era anche preoccupata di trovarsi classificata, ehm... ehm, come speciale?»
«Oh, io e mio marito avevamo una paura folle. Naturalmente, una volta emigrati, la preoccupazione - per fortuna -e svanita per sempre».
Tra se e se John Isidore penso acido: Quella e svanita anche per me, senza dover emigrare. Era uno speciale da piu di un anno, e non solo per quanto riguardava i geni deformi che portava in se. Piu grave ancora era il fatto che non avesse superato l'esame per il livello minimo consentito delle facolta mentali, il che lo rendeva - secondo il gergo popolare - un cervello di gallina. Su di lui era calato il disprezzo di tre pianeti. Comunque, nonostante tutto, sopravviveva. Aveva un lavoro - guidava il furgone che raccoglieva e consegnava gli animali finti per un'officina che li riparava: la Clinica per Animali Van Ness. Il suo principale - Hannibal Sloat, perennemente corrucciato, cupo - lo trattava come un essere umano, cosa per cui gli era molto grato. Mors certa, vita incerta, declamava di tanto in tanto il signor Sloat. Isidore, per quanto avesse sentito la citazione svariate volte, aveva solo una vaga idea di cosa significasse. Dopotutto, se un cervello di gallina avesse capito il latino non sarebbe piu stato un cervello di gallina. Quando la cosa gli venne fatta notare, il signor Sloat ne riconobbe l'intrinseca verita. E poi esistevano dei cervelli di gallina infinitamente piu stupidi di Isidore, che non erano in grado di svolgere alcun lavoro e rimanevano segregati in istituzioni pittorescamente denominate "Istituti Americani per le Attivita Professionali Speciali". Come al solito, la parola "speciale" doveva in qualche modo entrarci per forza.
«...Suo marito non si sentiva in alcun modo protetto», stava dicendo l'annunciatore TV, «dal possedere e dall'indossare sempre una costosa e goffa braghetta di piombo per ripararsi dalle radiazioni, signora Klugman?»
«Mio marito...» comincio la signora Klugman, ma a quel punto, avendo finito di radersi, Isidore entro in salotto e spense la TV.
Silenzio. Riverberava come un bagliore dalle pareti e dai pannelli di legno; lo percuoteva con una tremenda energia assoluta, come venisse generato da un'immensa turbina. Saliva dal pavimento, dalla consunta moquette grigia. Si sprigionava dagli elettrodomestici rotti o semiguasti della cucina, macchine morte che non avevano mai funzionato da quando Isidore era andato ad abitare in quella casa. Stillava dall'inutile lampadario in salotto e andava a mischiarsi a se stesso, ad altro silenzio che calava dal soffitto macchiato di mosche. Riusciva in effetti a emergere da qualsiasi oggetto vi fosse nel campo visivo di Isidore, come se il silenzio volesse sostituirsi a ogni cosa tangibile. Quindi assaliva non solo le orecchie, ma anche gli occhi; in piedi davanti al televisore inerte, Isidore percepi il silenzio visibile e, a modo suo, vivo. Vivo! Ne aveva spesso avvertito l'austero avvicinarsi in precedenza; quando arrivava gli esplodeva in casa senza alcun rispetto, evidentemente incapace di attendere. Il silenzio del mondo non riusciva a tenere a freno la propria avidita. Non poteva aspettare ancora. Non quando aveva gia virtualmente vinto.