«Va bene, va bene», taglio corto Rick e riappese.
Anche nell'aria c'era qualcosa che gli dava la nausea; rialzo il finestrino. Dave e fuori gioco, riflette. Chissa come mai a me non mi hanno beccato. Perche mi sono mosso in fretta, decise. Tutto in una giornata; non potevano aspettarselo. Harry Bryant aveva ragione.
Ormai faceva troppo freddo in macchina, cosi spalanco la portiera e scese. Un vento fastidioso e inaspettato gli si insinuo sotto i vestiti e allora comincio a camminale e a fregarsi le mani.
Sarebbe stato bello parlare con Dave, penso. Dave avrebbe approvato quel che ho fatto. Ma lui avrebbe capito anche l'attra parte, quella che secondo me neanche Mercer ha capito. Per Mercer e tutto facile, penso, perche lui accetta tutto. Nulla gli e alieno. Ma quello che ho fatto io. riflette, ormai e alieno anche a me stesso. Anzi, tutto quello che mi riguarda e diventato innaturale; sono diventato io stesso un essere innaturale.
S'inerpico su per la collina e a ogni passo il peso che l'opprimeva aumentava. Sono troppo stanco, penso, per arrampicarmi quassu. Si fermo e si asciugo il sudore che gli bruciava gli occhi, lacrime salate prodotte dalla sua pelle, da tutto il suo corpo indolenzito. Poi ebbe un moto di rabbia verso se stesso e sputo - sputo sul terreno spoglio per rabbia e per disprezzo verso se stesso, con odio genuino. Poi riprese ad avanzare a passi pesanti su per il pendio, in quel posto solitario e strano, lontano da qualsiasi cosa; dove non c'era niente di vivo, a parte lui.
Il calore. Ora faceva caldo; evidentemente era passato del tempo. E poi aveva fame. Non aveva mangiato chissa da quanto tempo. La sensazione combinata di calore e fame gli fece venire in bocca un sapore velenoso che somigliava alla sconfitta. Si, penso, ecco di che si tratta: in qualche misterioso modo sono stato sconfftto. Eper aver ucciso gli androidi? O perche Rachael mi ha ammazzato la capra? Non lo sapeva, ma man mano che arrancava una coltre indistinta e quasi allucinatoria gli annebbio pian piano la vista; a un certo punto, senza sapere come, si ritrovo a un passo dal precipitare in un burrone che quasi certamente gli sarebbe stato fatale - Una caduta cosi umiliante e inevitable, penso; una caduta senza fine e senza testimoni. Qui non c'era nessuno che potesse registrare la degradazione, sua o di chiunque altro, e anche qualsiasi reazione di coraggio o di orgoglio si fosse manifestata alla fine non sarebbe stata notata: le pietre morte, l'erbacce che la polvere aveva appassito e prosciugato non percepivano niente, non ricordavano niente, ne di lui ne di se stesse.
Fu allora che la prima pietra - e non era certo una morbida pietra di gommapiuma - lo colpi vicino l'inguine. E il dolore, la prima nozione della sofferenza e dell'isolamento assoluto, gli si propago in tutto il corpo nella sua forma concreta e senza maschera.
Si fermo. Ma poi, pungolato - da un pungolo invisibile, ma reale e irresistibile - riprese la sua ascesa. Sto rotolando in salita, penso, come le pietre; faccio quel che fanno le pietre, rotolo senza l'intervento della volonta. E senza alcun senso.
«Mercer!» grido, ansante; si fermo, resto immobile: davanti a se scorgeva una sagoma indistinta, immobile. «Wilbur Mercer, sei tu?» Dio mio, si rese a un tratto conto, e la mia ombra. Devo andarmene di qui, devo scendere da questa montagna!
Comincio a scendere a precipizio. A un certo punto cadde; nuvole di polvere oscurarono tutto e lui scappo da quella polvere - correndo sempre piu veloce, scivolando, inciampando nelle pietre smosse. Davanti a se vide la propria macchina. Sono tornato al punto di partenza, si disse. Sono sceso dal pendio. Apri la portiera e s'infilo nell'abitacolo. Ma chi e che me l'ha tirata la pietra?si chiese. Nessuno. Ma allora perche la cosa mi da tanto fastidio? M'e gia successo una volta, durante la fusione. Mentre usavo la mia scatola empatica, come fanno tutti. Non e certo un 'esperienza nuova. Pero, questa lo era. Perche, penso, l'ho avuta da solo.
Con mani tremanti tiro fuori dal cassetto del cruscotto una scatoletta nuova di miscela da fiuto. Tolse il nastro di protezione e ne annuso un pizzico abbondante; si riposo un attimo, seduto per meta nella macchina e meta fuori, con i piedi che ancora toccavano il suolo arido e polveroso. Questo era l'ultimo posto in cui dovevo venire, si rese conto. Non avrei dovuto volare fin qui. E ora era troppo stanco per intraprendere il viaggio di ritorno.
Se solo potessi fare quattro chiacchiere con Dave, penso, andrebbe tutto a posto; potrei andarmene da qui, tornare a casa e mettermi a letto. Dopo tutto ho ancora la mia pecora elettrica e ho ancora il mio lavoro. Ci saranno altri droidi da ritirare; la mia carriera non e certo finita; non ho mica ritirato l'ultimo droide che c'era. Forse il problema e tutto qui, penso, forse ho paura che non ce ne siano piu.
Guardo l'orologio. Le nove e mezza. Prese il ricevitore e fece il numero del palazzo di giustizia di Lombard Street. «Mi faccia parlare con l'ispettore Bryant», disse alla signorina Wild, la centralinista della polizia.
«L'ispettore Bryant non e nel suo ufficio, signor Deckard, e fuori in macchina, ma non riesco a contattarlo li. Deve essere uscito un momento dalla vettura».
«Le ha detto dove sarebbe andato, per caso?»
«Qualcosa che aveva a che fare con gli androidi che lei ha ritirato la notte scorsa». «Mi faccia parlare con la mia segretaria, allora».
Un attimo dopo il volto triangolare e color arancio di Ann Marsten apparve sullo schermo. «Oh, signor Deckard -l'ispettore Bryant ha cercato di mettersi in contatto con lei. Credo che proporra il suo nome all'ispettore-capo Cutter per farle dare una citazione. Per via dei sei...»
«So benissimo quel che ho fatto», l'interruppe lui.
«E una cosa mai successa prima. Ah, un'altra cosa, signor Deckard; ha chiamato anche sua moglie. Vuole sapere se lei sta bene. Sta bene?» Rick non rispose.
«Ad ogni modo», prosegui la signorina Marsten, «forse dovrebbe chiamarla e dirglielo. Ha lasciato detto che sarebbe rimasta in casa, in attesa di sue notizie». «Ha sentito cos'e successo alla mia capra?» «No, non sapevo neanche che lei avesse una capra». «Be', me l'hanno fatta fuori».
«Chi e stato, signor Deckard? Ladri di animali? Abbiamo appena ricevuto un rapporto su una nuova grande banda, probabilmente composta di adolescenti, che agisce in...» «No, ladri di vite...» disse lui.
«Non la capisco, signor Deckard». Ann Marsten lo scruto attentamente nello schermo. «Ma lei ha un aspetto terribile, signor Deckard. Sembra stanchissimo. Oddio, ha pure del sangue sulla guancia».
Si porto una mano al viso e senti il sangue. Doveva essere stata un'altra pietra. Evidentemente era stato colpito da piu di una.
«Ha una faccia...» riprese la signorina Marsten, «sembra Wilbur Mercer».
«E vero», rispose lui. «Io sono Wilbur Mercer; mi sono fuso con lui per sempre. Non riesco piu staccarmi da lui. Sono qui che aspetto di staccarmi, seduto da qualche parte vicino al confine dell'Oregon».
«Vuole che mandiamo qualcuno? Una macchina di servizio che venga a prenderla?»
«No», disse lui. «Io non sono piu in servizio».
«E chiaro che lei ieri ha lavorato troppo, signor Deckard», disse la segretaria in tono di rimprovero. «Quello di cui ha bisogno ora e un po' di riposo a letto. Signor Deckard, lei e il nostro miglior cacciatore di taglie, il piu bravo che abbiamo mai avuto. Lo diro all'ispettore Bryant quando torna; intanto lei vada subito a casa e s'infili a letto. Chiami sua moglie, signor Deckard, perche e tanto, tanto in pensiero per lei. L'ho capito subito, appena l'ho vista. Siete entrambi ridotti maluccio».
«E per via della capra», disse lui. «Non sono mica gli androidi; Rachael si sbagliava non ho fatto nessuna fatica a ritirarli. E anche lo speciale si sbagliava sul fatto che non mi sarei potuto fondere piu con Mercer. L'unico che non si e sbagliato e proprio Mercer».
«Fara meglio a tornarsene quaggiu, signor Deckard. Dove c'e gente. Lassu vicino all'Oregon ormai non c'e piu niente di vivo; non e cosi? E solo, non e vero?»