Qualcuno busso alla porta dell'appartamento. Iran poso il manuale del Penfield e salto su dalla sedia, pensando: Non ho piu bisogno di selezionare, ora; se e Rick, ho gia l'umore giusto. Corse alla porta d'ingresso e la spalanco.
«Ciao», disse lui. Eccolo li, un taglio sulla guancia, i vestiti sgualciti e grigi, perfino i capelli saturi di polvere. Anche le mani, la faccia - la polvere gli si era attaccata dappertutto tranne che sugli occhi, che brillavano spalancati dallo stupore, come gli occhi di un ragazzino; ha l'aspetto di un bambino che e stato fuori a giocare e adesso e ora di smettere e di tornare a casa. Per riposare e lavarsi e raccontare le meraviglie della sua giornata.
«E bello rivederti», gli disse Iran. «Ho una sorpresa». Teneva davanti a se, con entrambe le mani, una scatola di cartone; entro in casa ma non la poso. Come se, penso la moglie, contenesse qualcosa di troppo fragile e troppo prezioso da lasciare andare; come se volesse tenerlo per sempre tra le mani.
«Ti preparo una bella tazza di caffe», gli disse. Ando in cucina e premette il pulsante per il caffe; dopo un attimo depose una gran tazza fumante sul tavolo, al posto dove di solito sedeva lui. Sempre tenendo la scatola con ogni precauzione, lui si sedette, gli occhi ancora pieni di quello stupore infantile. In tutti gli anni che avevano passato insieme non gliela aveva mai vista questa espressione. Gli era successo qualcosa dall'ultima volta che l'aveva visto; da quando, la sera prima, se n'era andato all'improvviso in macchina. Ora era tornato e si era portato dietro questa scatola: dentro ci doveva essere tutto quello che gli era accaduto nel frattempo.
«Io me ne vado a dormire», annuncio lui. «Tutta la giornata. Ho chiamato l'ufficio e ho parlato con Harry Bryant; mi ha detto di prendermi la giornata libera e di riposare. Ed e esattamente quello che ho intenzione di fare». Con estrema cautela poso la scatola sul tavolo e prese la tazza di caffe; obbediente, la scolo perche lei voleva che prendesse il caffe.
Iran si sedette di fronte a lui e gli chiese: «Che cosa hai in quella scatola, Rick?»
«Un rospo».
«Posso vederlo?» Lo guardo mentre scioglieva lo spago e toglieva il coperchio. «Oh!» esclamo Iran appena vide il rospo; chissa perche quella bestia la spaventava. «Morde?» gli chiese.
«Prendilo pure. Non morde mica; i rospi non hanno denti». Rick tiro fuori il rospo e glielo porse. Superando l'avversione che provava, lei lo accetto. «Credevo che i rospi fossero estinti», disse, mentre se lo rigirava tra le mani, curiosa di vedergli le zampe; sembravano quasi appendici superflue. «Sanno saltare come le rane? Voglio dire, puo saltarmi all'improvviso dalle mani?»
«I rospi hanno le zampe deboli», spiego Rick. «E la principale differenza tra loro e le rane, oltre al fatto che non vivono in acqua. Una rana deve stare vicino all'acqua, ma un rospo puo vivere anche in un deserto. Infatti questo l'ho trovato in un luogo deserto, vicino al confine con l'Oregon. Dove tutto il resto e morto». Allungo le mani per riprendere la bestiola. Ma lei aveva scoperto una cosa; sempre tenendolo rovesciato, gli tasto la pancia e poi, con un'unghia scopri il piccolo pannello di controllo e ne apri con uno scatto il coperchio.
«Oh!» La delusione s'impossesso pian piano della sua faccia. «Ah, be', adesso capisco; hai ragione tu». Avvilito, scruto in silenzio l'animale finto; lo tolse dalle mani di lei e
giocherello perplesso con le zampe - sembrava non capire bene quel che era successo. Poi lo ripose con cura nella scatola. «Chissa come e andato a finire in quella parte desolata della California. Qualcuno deve avercelo per forza portato. Non c'e modo di sapere come o perche».
«Forse non avrei dovuto dirtelo - che era artificiale». Iran allungo una mano e gli tocco il braccio; si sentiva un po' in colpa, vedendo l'effetto, il cambiamento, che la rivelazione aveva avuto su di lui.
«No», rispose Rick. «E meglio che lo so. O piuttosto...» Tacque per un attimo. «Insomma, preferisco saperlo».
«Vuoi usare un po' il modulatore d'umori? Cosi, magari, ti senti meglio? Hai sempre saputo sfruttarlo al massimo, piu di quanto sappia fare io».
«Non fa niente, adesso mi passa». Scosse la testa, come se, ancora sbigottito, cercasse di chiarirsi le idee. «Il ragno che Mercer ha dato a Isidore, il cervello di gallina - probabilmente era anche quello artificiale. Ma non importa. Anche questi cosi elettrici hanno una loro vita. Anche se non hanno poi un gran valore».
«Sembra che tu abbia camminato per cento miglia», gli disse Iran.
«E stata una giornata lunga», annui lui.
«Mettiti a letto e dormi un po'».
Lui allora la fisso, come perplesso. «E finita, vero?» Sembro affidarsi completamente a lei, come se si aspettasse che lei fosse in grado di dirglielo, come se lei lo sapesse. Come se detta da lui la cosa non avesse significato niente; dubitava delle sue stesse parole; non sarebbero diventate reali, finche lei non fosse stata d'accordo.
«E finita» disse lei.
«Dio, che missione mi hanno affidato, peggio di una maratona», disse Rick. «Una volta cominciata non c'e stato verso di interromperla; ha continuato a trascinarmisi dietro finche non sono arrivato ai Baty e poi, d'un tratto, non avevo piu niente da fare. E alla fine, quella...» Esito, evidentemente stupito da quello che stava per dire. «Quella e stata la parte peggiore», disse infine, «dopo aver finito. Non potevo fermarmi perche dopo essermi fermato non ci sarebbe stato piu niente. Avevi ragione tu, ieri mattina, quando mi hai detto che non ero altro che un rozzo sbirro con rozze mani da sbirro».
«Non ho piu quell'impressione», disse lei. «Sono solo contenta, accidenti, di averti di nuovo in casa dove dovresti essere». Lo bacio e la cosa sembro fargli piacere; il volto gli s'illumino, quasi quanto prima - prima di rivelargli che il rospo era artificiale. «Secondo te ho sbagliato?» chiese lui. «Cioe, a fare quel che ho fatto?» «No».
«Mercer ha detto che era sbagliato, ma che dovevo farlo lo stesso. Pero e strano. A volte meglio fare la cosa sbagliata piuttosto che quella giusta».
«E la maledizione che incombe su di noi», spiego Iran. «Quella di cui parla sempre Mercer».
«Vuoi dire la polvere?» chiese lui.
«No, gli assassini che l'hanno trovato quando lui aveva solo sedici anni, quando gli dissero che non poteva far tornare indietro il tempo e riportare in vita le cose. Percio ora non puo fare altro che lasciarsi trascinare dalla vita, e andare dove lo porta, cioe verso la morte. E gli assassini gli tirano le pietre; sono loro che gliele tirano. Lo inseguono ancora. In realta, inseguono anche tutti noi. E stato uno di loro a farti quel taglio sulla guancia, vero?»
«Si», rispose lui con un fil di voce.
«Ti metti a letto, adesso? Se vuoi, ti regolo il modulatore sul 670». «Che effetto ha?» chiese Rick. «Tranquillita a lungo cercata», rispose Iran.
Lui si alzo e rimase in piedi a fatica, la faccia assonnata e confusa, come se una miriade di battaglie fossero montate e avanzate sulla sua pelle nel corso di molti anni. Poi, pian piano, riusci a farsi strada verso la camera da letto. «Va bene», disse. «Vada per la tranquillita a lungo cercata». Si sdraio sul letto, con la polvere che dai vestiti gli cadeva sulle lenzuola immacolate.
Non c'e neanche bisogno di mettere in funzione il modulatore di umori, si rese conto Iran appena spinse il pulsante che oscurava le finestre. La luce grigiastra del giorno scomparve.
Dopo un attimo, Rick s'era gia assopito.
Iran rimase con lui per un attimo, tenendolo d'occhio per controllare che non si svegliasse e non si tirasse di scatto su a sedere come a volte gli capitava di notte. Poi, dopo un po' ritorno in cucina e si risedette al tavolo.
Accanto a lei il rospo elettrico si agitava e frusciava dentro la scatola; Iran si chiese cosa "mangiasse" e quanto sarebbe costato farlo riparare. Decise che doveva nutrirsi di mosche artificiali.